Dal 2016, l’Ente Nazionale Risi ha lanciato una campagna di monitoraggio della fertilità dei suoli su tutto il territorio risicolo nazionale, pubblicandone i risultati. Lo studio, ad opera di Said-Pullicino (UniTo), Romani e Caleca (Ente Risi), si è basato su 70 suoli dallo strato arato, appartenenti a 34 aziende risicole. Le aziende campione sono state suddivise in tre aree geografiche: un gruppo formato da Pavia, Milano e Lodi (PV) (16 aziende, 32 suoli), uno da Novara (NO) (6 aziende, 12 suoli) e uno da Vercelli, Alessandria e Biella (VC) (13 aziende, 26 suoli. In ogni azienda è stata registrata la tecnica colturale utilizzata.
Nello studio sono state registrate le variazioni riscontrate nei contenuti di sostanza organica del suolo e dei rapporti carbonio/azoto (C/N), riferimenti importanti della qualità di un suolo in quanto, come scrivono gli studiosi nell’articolo: «La sostanza organica nel suolo apporta innumerevoli benefici sia da un punto di vista chimico, aumentando la disponibilità dei nutrienti per le colture, sia da un punto di vista fisico, migliorando la struttura del suolo. Il rapporto C/N rappresenta un utile indicatore della qualità della sostanza organica del suolo (minore è il rapporto, più veloce risulta la degradazione e maggiore il grado di stabilizzazione di essa)».
La sostanza organica nel suolo
I contenuti di sostanza organica sono risultati molto simili tra il 2016 e il 2020, diversa è la situazione relativa alla qualità della stessa, determinata dal rapporto C/N, diminuito in maniera sostanziale a Pavia, in modo più tenue a Vercelli e stabile a Novara.
Rappresentazione del rapporto C/N dei suoli di PV, NO e VC nel 2016 e nel 2020. La X indica la media; la linea centrale al box indica la mediana; il box è delimitato dal valore del 75% degli appezzamenti sopra e del 25% sotto; le barre in alto e in basso indicano i valori massimi e minimi; i cerchi rappresentano valori anomali.
I diversi suoli sono stati anche suddivisi in base alle pratiche agronomiche (definite virtuose) contemplate: la rotazione, l’utilizzo del sovescio, l’interramento dei residui colturali e l’ammendamento con letame, liquame, digestati, fanghi e compost. I ricercatori affermano che, nel complesso, l’adozione di queste tecniche è stata rilevante in tutte le province.
Le conclusioni sulla fertilità dei suoli
Lo studio dell’Ente si chiude con le seguenti conclusioni: «Dall’analisi dei risultati dei primi confronti riguardanti l’incidenza della tecnica colturale sui contenuti e sulla qualità della sostanza organica dei suoli di risaia, emerge una sostanziale stabilità dei contenuti totali, generalmente assicurata dal reintegro dei residui colturali, e un miglioramento dell’indice qualitativo considerato. Nonostante non sia stata sempre registrata una costante correlazione tra tecniche “virtuose” e gli abbassamenti del rapporto C/N, sovescio e ammendamento sono da considerarsi con particolare attenzione per il miglioramento della fertilità dei suoli di risaia. Si è convinti che solo assicurando favorevoli processi a carico della frazione organica, potrà essere migliorata la sostenibilità agroambientale e la redditività dell’attività risicola». Una frase strana per concludere una ricerca scientifica, che sembra dire: “lo studio non afferma questo, ma noi siamo convinti che…”. Una situazione di ambiguità circa la reale efficacia di quelle tecniche, che ricorda quella del romanzo di Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere. Eppure, siamo tutti convinti che quelle tecniche sono utili. Ed è per questo che ne riparleremo… Autore: Ezio Bosso