Una richiesta in cinque punti per risollevare le sorti della risicoltura europea e una sesta richiesta che sparisce dal documento finale nel tentativo di tenere unita la filiera. E’ questo il bilancio del primo forum dei Paesi europei produttori di riso che si sono riuniti a Milano lunedì. C’erano i rappresentanti di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria. Hanno condiviso una piattaforma comune che è stata presentata ai Ministeri dell’Agricoltura dei rispettivi Paesi (per l’Italia era presente Felice Assenza, Direttore generale del Ministero delle Politiche Agricole). Obiettivo finale è la apertura di un tavolo con la Commissione europea per la revisione delle norme vigenti sulla importazione di riso dagli Stati extra comunitari, come informa una nota dell’Ente Risi.
Incontrando la stampa, il presidente Paolo Carrà, il rappresentante dell’industria Salvador Loring e il presidente del gruppo riso del Copa-Cogeca Giuseppe Ferraris hanno tratteggiato il crollo delle vendite di riso europeo e il parallelo incremento delle importazioni, chiedendo che la Commissione europea, nell’ambito della revisione di novembre della direttiva Eba, ponga un limite alle esenzioni daziarie ai Pma. Un dato per tutti: il consumo UE di riso è coperto per il 50% da prodotto di importazione che per i 2/3 non paga i dazi di importazione. L’incremento atteso del consumo (+6%) sarà assorbito dal riso dei Pma. Le rappresentanze dei produttori e dei trasformatori di riso chiedono dunque alla Commissione europea: il riconoscimento effettivo della qualifica di “sensibilità” del comparto riso, che consentirebbe di non applicare concessioni alle importazioni di riso da Paesi extra comunitari; la rimozione degli ostacoli, veri o presunti, che impediscono l’effettiva applicazione della “clausola di salvaguardia” nei confronti delle importazioni dai Paesi Meno Avanzati; la fissazione di regole reciproche sia tra gli Stati membri dell’UE sia tra i gli Stati membri dell’UE e i Paesi Terzi, sia in ambito fitosanitario sia in ambito commerciale, per favorire un mercato trasparente nel rispetto dei diritti sociali e dei lavoratori; il mantenimento della qualifica di “specificità” del settore riso nell’ambito della prossima pianificazione della Politica Agricola Comune; l’attuazione di campagne promozionali finanziate con fondi comunitari per incrementare il consumo di riso coltivato nell’Unione europea. Carrà ha chiesto unità alla filiera e alla politica: «in Europa ci si difende solo mettendo da parte le divisioni di partito e tessendo alleanze» ha spiegato.
Anche l’industria si è detta favorevole a difendere «l’equilibrio» della risicoltura europea, mentre ora la superficie Ue coltivata a riso Indica è crollata del 40% e quella coltivata a riso Japonica aumentata del 14%, con un grave squilibrio di mercato per entrambe le tipologie di prodotto, fa notare l’Ente Risi. «Per di più la cosiddetta liberalizzazione dei dazi non ha certo favorito i produttori asiatici bensì le multinazionali asiatiche che sfruttano i Paesi più poveri aprendo in loco stabilimenti di trasformazione. Per l’Italia che fa del riso un suo prodotto importante e del risotto un piatto tipico conosciuto nel mondo è necessario ristabilire le regole del mercato». In realtà, sollecitato dalle domande, Salvador Loring (Uniade e gruppo Ebro) ha fatto tre ammissioni importanti: 1) che l’industria risiera «sta internazionalizzandosi: l’Europa non riesce a produrre tutto il riso che serve e ci sono dei gruppi risieri che realizzano riserie fuori dall’Europa, ed è meglio che lo facciano gli europei e non i thailandesi, ma siamo comunque favorevoli a mantenere un equilibrio»; 2) le regole sui fitofarmaci «debbono essere uguali per tutti» (quindi anche per il prodotto d’importazione); 3) al forum, malgrado l’accordo tra i sindacati, non è stato approvato il punto sull’origine obbligatoria della materia prima in etichetta perché «bisognava prima trovare un accordo con i Paesi del Nord» (nella federazione dell’industria europea Ferm la componente nordeuropea è forte e da sempre contraria alla etichettatura). Un’altra affermazione è destinata a lasciare il segno: secondo l’Ente Risi a fine campagna ci saranno scorte di 600mila tonnellate. Un record negativo che peserà ulteriormente sul mercato dei risoni. Carrà ha ventilato la necessità di un «intervento straordinario».