Il quarto forum del riso europeo, che si è tenuto il 24 giugno a porte chiuse, ha evidenziato alcuni dei punti deboli del settore riso. Tra questi, l’occasione mancata del Covid 19, che è particolarmente grave e che dimostra come la programmazione degli investimenti varietali a livello nazionale, sia inefficiente. «Il mercato del riso dell’UE – recita il documento finale del forum – ha conosciuto un incremento del consumo del prodotto in un periodo fortemente condizionato dalla pandemia. In tale circostanza, una parte rilevante dell’incremento del consumo di riso di tipo Indica è stato, gioco forza, soddisfatto con il riso di importazione, stante la ridotta disponibilità di riso europeo per tale tipologia, determinando un incremento esponenziale dell’import nella campagna 2019/2020 che ha raggiunto il livello record di 1,68 milioni di tonnellate (+220.000 tonnellate circa rispetto alla campagna record 2018/2019).(AVVISO).
È chiaro che durante l’emergenza da Covid-19 il settore del riso dell’Ue ha perso un’opportunità commerciale rilevante di cui hanno beneficiato i Paesi esportatori evidenziando e confermando così la necessità di dover dare alla risicoltura europea la possibilità di allineare la produzione interna al reale fabbisogno dell’Ue, per dover dipendere il meno possibile dalle importazioni. Infatti, se fossero durate più a lungo le restrizioni all’export adottate da alcuni Paesi del Sud Est asiatico nel periodo Covid-19 per non creare difficoltà di approvvigionamento sui loro mercati interni, i consumatori europei avrebbero avuto difficoltà a veder soddisfatta la loro domanda, così come già avvenuto nel 2008». Recenti studi dimostrano che «entro il 2030 aumenteranno ulteriormente le importazioni nell’Ue con conseguente riduzione della produzione del riso europeo (-1,5%) e del suo prezzo (-7%) che porteranno ad un calo del valore della produzione pari a 95 milioni di euro».