Un lettore ci scrive: «Da notizie raccolte in Lomellina, vengo a sapere che la legge consente di aggiungere fino al 30% di risi stranieri ai nostri senza dichiararne la provenienza. Se questo corrisponde al vero, faccio due considerazioni: 1) come mai si consente di nascondere l’ origine? 2) come mai le grandi marche hanno così poco rispetto per il consumatore? Se le mie domande non fossero di Vs/ pertinenza, vi sarei grato se vorrete indicarmi a chi rivolgerle…» Abbiamo fatto di più: le abbiamo rivolte noi all’Associazione delle industrie risiere italiane che ci ha risposto così: «Queste sue informazioni non sono corrette. La legge per il commercio del riso in Italia (L325 del 1958 e D.M. 30/09/2016) non consente miscele varietali non solo con risi esteri ma nemmeno tra diverse varietà italiane, anche se identiche, tollerando solo un 5% di impurità varietali, che possono essere già presenti nella coltivazione. Per quanto riguarda l’indicazione dell’origine in etichetta, questa è obbligatoria solo per alcuni prodotti alimentari la cui mancata indicazione può non consentire una scelta consapevole da parte del consumatore. L’obbligo di indicazione dell’origine non è oggi prevista per il riso. Peraltro tale obbligo non potrebbe essere inserito da una legge italiana ma dovrebbe essere inserito con regolamento comunitario. Quando in passato il nostro Parlamento varò una legge sull’origine per alcuni prodotti, non il riso, la Commissione avviò una procedura di infrazione per una possibile distorsione di concorrenza nel mercato unico che costrinse l’Italia a non applicare il provvedimento. La Commissione Ue ha allo studio un regolamento che, se promulgato, prevederà l’indicazione dell’origine su base volontaria per i prodotti mono-ingrediente, come il riso. Peraltro, l’indicazione dell’origine del riso in Italia non fornirebbe indicazioni particolarmente utili poiché, ad eccezione di piccole nicchie di mercato di risi “esotici”, le varietà tradizionalmente italiane (da risotto) commercializzate oggi in Italia hanno origine italiana. Quelle che non hanno origine italiana sono chiaramente contraddistinte da immagini e nomi esotici, come Thaibonnet (talora comunque italiano), Fragrant, Basmati, e quindi il consumatore ricerca proprio un riso che non abbia origine italiana. L’obbligo di indicare l’origine per il riso in tutta l’Unione Europea non necessariamente può consentire un vantaggio commerciale per il nostro riso che per due terzi della produzione viene venduto al di fuori dell’Italia».
SEMENTI CONTRO IL PAZZO CLIMA
Ecco perché Caravaggio, Cammeo, Isabela e Augusto stanno avendo successo