L’Ente Nazionale Risi continua a premere perché l’Unione europea ponga un limite alle importazioni a dazio zero dalla Cambogia. Ha formulato dossier, tallona i funzionari europei e pressa il governo: il viceministro Olivero ha ammesso recentemente che difficilmente otterremo l’applicazione della clausola di salvaguardia e ha esortato a «lavorare sulla sicurezza alimentare». Affermazione che si può leggere in due modi. Come l’annuncio che sta partendo l’ennesimo investimento in promozione pubblica – dalla dubbia efficacia – per invogliare gli italiani a mangiare più riso. Oppure come una velata minaccia a quegli importatori che non si premuniscono di controllare bene quello che acquistano. A livello internazionale, del resto, è già scattata, infatti, un’operazione trasparenza: l’Unione europea, come si premura di far sapere l’Ente Risi, «ha chiesto maggiore attenzione da parte della Cambogia sul riso fragrant esportato verso l’UE perché risulta che il prodotto sia stato miscelato con riso convenzionale. Il presidente della Cambodia Rice Federation ha dichiarato che la federazione ha lavorato per settimane per risolvere la questione e ha deciso di avvalersi di ispettori internazionali. Mr. Vanhan, vice direttore generale del ministero dell’agricoltura in Cambogia, ha dichiarato che le segnalazioni dell’UE sono state prese in seria considerazione e che il settore privato deve mostrare la propria volontà e onestà al cliente per non perdere il mercato comunitario». La notizia è tratta da Khmer times e gli stessi cambogiani paiono cauti e gentili nell’approcciare il tema, come se temessero di vedersi sfuggire l’eurogallina dalle uova d’oro: «Stiamo chiedendo all’UE di ricontrollare il riso lavorato in arrivo o di assegnare ad una terza parte il controllo del DNA per determinare se il riso cambogiano è al 100% fragrant oppure si tratta di una miscela: sono le parole di Song Saran, Amministratore delegato di Amru Rice Cambodia, secondo cui “di solito, il riso di buona qualità contiene come minimo riso fragrant tra l’80 e l’85%, mentre si tratta di riso miscelato se ne contiene circa il 55%. Dobbiamo controllare se si tratta di riso miscelato”». Insomma, i cambogiani mettono le mani avanti e sostengono che «una o due aziende che non seguono le regole. “Non possiamo garantire che tutti i membri del CRF siano onesti, ma disponiamo di leggi, politiche, codici di condotta che, se non rispettati, determinano come minimo il ritiro delle licenze di esportazione,” ha dichiarato Saran». (12.05.2016)
IL RISO E’ SOST
Presentati i risultati della sperimentazione Risosost