Continuano a scendere le importazioni dalla Cambogia: lo comunica l’Ente Risi con un dispaccio senza commenti. Non illudiamoci di essere fuori dal tunnel: in parallelo al calo cambogiano l’ente pubblico economico registra infatti l’aumento dell’import birmano. «Da settembre 2014 a marzo 2015 le importazioni di riso semilavorato e lavorato dai PMA si sono attestate a 167.517 tonnellate, in aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo della campagna 2013/2014 – recita la nota ufficiale -. Le importazioni dalla Cambogia coprono il 76% delle importazioni dai PMA ed evidenziano una riduzione del 4% rispetto ad un anno fa, essendo passate da 133.243 a 127.784 tonnellate. Le importazioni dal Myanmar risultano pari a 36.521 tonnellate, in aumento di 21.929 tonnellate (+150%) rispetto alla campagna precedente e rappresentano il 22% delle importazioni dai PMA». Dati che dimostrano come non esista alcuna difesa europea contro le triangolazioni commerciali che sfruttano gli accordi umanitari per importare a dazio zero tonnellate di riso in Europa e come la stessa clausola di salvaguardia, lungamente sbandierata come “l’arma segreta” della risicoltura europea, sia la classica pallottola spuntata. Lo conferma l’esito del negoziato tra la Commissione europea e i cambogiani. Come riporta il sito cambogiano www.crf.org.kh, i Servizi della Commissione europea DG-Trade e DG-Agri, tra il 18 ed il 20 marzo si sono recati in Cambogia per discutere con le autorità locali della questione delle importazioni comunitarie di riso cambogiano lavorato in esenzione dai dazi. Secondo il comunicato stampa, i funzionari della Commissione hanno incontrato sia i rappresentanti del Ministero del Commercio cambogiano sia i rappresentanti del settore risicolo cambogiano (Cambodia Rice Federation) che hanno precisato di voler puntare più sulla qualità che non sulla quantità dell’export. «Secondo gli operatori cambogiani – ha riferito l’Ente Nazionale Risi commentando la notizia – l’export di riso verso l’Unione europea è calato del 30% nei primi due mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, mentre è triplicato verso i mercati asiatici. Tale affermazione è parzialmente smentita dai dati forniti dalla Commissione europea che evidenziano un calo dell’export verso l’UE non così significativo (-10%), il che pone seri dubbi sulla veridicità della seconda parte dell’affermazione. Non deve tranquillizzare, inoltre, il fatto che la Cambodia Rice Federation abbia dichiarato di non voler aumentare ulteriormente l’export verso l’UE, perché il mantenimento dell’attuale trend di esportazione non consente alla filiera italiana e comunitaria di recuperare le quote di mercato perse nella scorsa campagna sul mercato dell’UE. Le affermazioni contenute nel comunicato – ha annotato l’Ente Risi – non fanno altro che aggravare una situazione già preoccupante, atteso che le importazioni di riso dai PMA in esenzione dai dazi risultano in crescita rispetto alla scorsa campagna per effetto del rilevante aumento (+188%) del riso importato dal Myanmar che costituisce un’emergente e ulteriore grave minaccia per la risicoltura italiana ed europea». Quel che l’Ente Risi non dice – diciamo, per carità di patria – è che la delegazione europea non è partita a mani vuote da Bruxelles. Pochi giorni prima, il nostro governo aveva fatto presente ai funzionari europei l’importanza della missione con una lettera al direttore generale della DG Trade Jean Luc Demarty che Risoitaliano.eu ha visionato. Nella lettera si scrive chiaramente che «la situazione del comparto risicolo evidenzia ulteriori peggioramenti in termini economici. Le importazioni di riso lavorato nell’UE da PMA sono passate in 5 anni da 5.000 t a 280.000 t, pari al 50% del totale. La Cambogia è diventato il primo esportatore di riso lavorato nell’UE, che rappresenta la principale area di sbocco del prodotto cambogiano. Nel frattempo anche il Myanmar ha aumentato le esportazioni di riso lavorato indica del 288% rispetto alla campagna precedente. La situazione di cui sopra ha determinato nell’ultimo triennio una riduzione delle superfici di riso indica nell’UE da 156.000 a 96.000 ha (-40%) e in Italia da 71.000 a 30.000 ha in Italia (-60%). Si sta verificando così un aggravamento della situazione per la filiera risicola europea; già oggi le industrie dei Paesi produttori sono costrette a sostenere pesanti oneri finanziari aggiuntivi per evitare ulteriori forti riduzioni delle quote di mercato e, in prospettiva, la cessazione delle attività produttive. Qualora non intervenissero misure tese a riequilibrare la situazione, si determinerebbe una condizione monopolistica degli esportatori verso l’Unione Europea, che già oggi sta determinando effetti sui prezzi e sulla sicurezza di approvvigionamento del riso indica. Nel merito, si ritiene non più rinviabile un’azione della Commissione a tutela di quello che l’Italia considera un settore produttivo strategico. Pertanto, in assenza dell’immediato ripristino dei normali dazi della tariffa doganale comune, si ritiene necessario ed opportuno introdurre un dazio per il riso lavorato dai Paesi EBA di 145 euro alla tonnellata (inferiore al dazio MFN di 175 euro/t) che potrebbe consentire il ripristino di una parziale protezione del riso comunitario, senza pregiudicare per questi Paesi la possibilità di continuare a esportare nell’UE. Siamo consapevoli che la Commissione UE vorrà trovare adeguata soluzione a quanto esposto per evitare l’appesantimento di una situazione non più sostenibile che, altrimenti, ci indurrebbe ad assumere posizioni restrittive nell’ambito dei negoziati per gli Accordi di libero scambio in corso con Paesi orientati all’esportazione di riso, quali il Vietnam e gli Stati Uniti». Come sia andata a finire ce lo hanno spiegato i cambogiani. (10.04.15)
DE MINIMIS: IL NUOVO REGOLAMENTO
La Commissione europea pubblica il 13 dicembre 2024, il nuovo regolamento che alza la soglia “de minimis”, a 50.000euro/agricoltore/triennio.