Questo 2019 si prospetta un anno in cui la scarsa disponibilità di neve sulle montagne, che costituiscono il nostro serbatoio naturale, ci porta a dover riflettere profondamente su come operare in un futuro ormai prossimo. Bisognerà utilizzare al meglio la poca risorsa disponibile. Come? Tornando all’irrigazione tradizionale almeno per questo 2019, attuando la tecnica della “pesta” nei terreni bibuli, mettendo da parte la tecnica della semina a file interrate e operando tutte quelle pratiche agricole che consentano la sommersione già nel mese di aprile e non posticipandola a periodi in cui la disponibilità di acqua sarà minore.
Il rischio
Il rischio che si corre è la possibilità davvero elevata, che al mese di luglio, non ci sia acqua sufficiente per consentire al riso di completare il suo ciclo produttivo, accorgendosi di non poter arrivare a raccolto dopo aver sopportato tutti quei costi che consentono alla pianta di esprimere al massimo il proprio potenziale produttivo. E’ quindi indispensabile comprendere bene le modalità con cui si attua l’ irrigazione nei comprensori che abbiano in preponderanza la coltura del riso.
Lo scenario
La pianura vercellese, novarese e lomellina è un contesto unico al mondo caratterizzato da una attività antropica secolare, che ha dato luogo a una rete di canali così fitta e tecnicamente virtuosa da essere sempre più considerata patrimonio ambientale. Poniamo l’attenzione sulle quantità di acqua prelevata dai fiumi, che è pari a circa 280 metri cubi al secondo. Va osservato che nel pieno della stagione irrigua, una volta completata la sommersione delle risaie, la portata effettivamente distribuita ammonta in realtà a oltre 390 metri cubi al secondo su una superficie consortile di 250.000 ettari. Questo fenomeno di “aumento” della disponibilità idrica è dovuto al fatto che la rete dei canali, con la naturale pendenza dei terreni e l’ interconnessione tra acque superficiali e sotterranee, consente il riutilizzo per più volte delle stesse acque con l’ulteriore effetto di accumulare nella falda freatica enormi volumi di acqua, che in lento movimento durante l’estate, raggiungono i fiumi dai quali è stata prelevata, svolgendo una funzione di “riserva” fondamentale anche per tutte le altre utenze della pianura padana. Un altro apporto idrico da considerare è il Lago Maggiore. Nonostante gli accenni di precipitazioni di questi giorni la situazione del lago resta ancora critica, con soli 16 cm sopra lo zero idrometrico di Sesto Calende pari a meno del 20 % della capacità di invaso.
La tecnica sotto accusa
La semina a file interrate agevola l’attività degli agricoltori nel seguire le prime fasi di vita del riso, le più delicate, ma richiede un grande quantitativo d’acqua da distribuire agli stessi utenti, verso la fine del mese di maggio, quasi simultaneamente alla prima bagnatura del mais che richiede anch’essa ingenti quantitativi d’acqua. La diffusione di questa nuova tecnica non garantisce la fase di “accumulo,” la risorsa potrebbe quindi non essere sufficiente per consentire la copertura irrigua di tutto il comprensorio.
La responsabilità
Non è compito di un consorzio irriguo dire ai propri agricoltori come coltivare, ma è suo dovere evidenziare la criticità e governare i cambiamenti in atto. Con semina interrata si rischia, di alterare la complessità e la particolarità di un sistema unico, che necessita anche di tutela e di strumenti speciali da parte delle istituzioni, per garantire un servizio pubblico essenziale. L’innovazione continua del settore risicolo dovrà trovare un suo punto di equilibrio tra le nuove tecniche di coltivazione, le disponibilità idriche e le esigenze ambientali. Autori: Bussandri Luca (Associazione Irrigazione Ovest Sesia), Fossati Mario (Associazione Irrigazione Est Sesia), Alessandro Iacopino (Consorzio di Bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese)