Prendi 72 risicoltori, agronomi, industriali risieri e marketing manager e falli discutere, accapigliarsi, condividere idee, opinioni, scelte imprenditoriali e di vita: il riso come coltura, certo, ma anche come cultura è stato il tema scelto dall’Accademia del Riso, insieme a Dow AgroSciences e alla Società italiana di tossicologia, per aprire il confronto scientifico sul riso all’Expo. E’ avvenuto martedì mattina, nell’ambito di un workshop organizzato da wwLab di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con l’Università di Modena, seguendo uno schema di lavoro molto “americano”, fatto di cluster, sfide e timing…
Ma ecco cos’è emerso dai gruppi di lavoro, che hanno lavorato per tre ore dopo i saluti del presidente dell’Accademia del Riso, il vercellese Giuseppe Viazzo (foto piccola) e Matteo Vignoli (Food Innovation Program, Università di Modena e Reggio Emilia).
Biodiversità e risicoltura: articolato sull’esperienza del Parco del Ticino il dibattito ha portato all’indicazione di promuovere la diversità del prodotto territorialmente caratterizzato. In concreto, si è ipotizzato un intervento didascalico, una sorta di biodiversità-watching sul modello del bird-watching, e uno più partecipativo chiamato “adotta una risaia” che dovrebbe sensibilizzare la popolazione per consentire di vivere davvero la risicoltura, facendo partecipare i consumatori alle operazioni colturali.
Biodiversità e redditività: la sensibilità ambientale è forte ma la formazione del policy maker e del cittadino diventa dirimente. Qualcuno ha detto: ci servono dei politici-agronomi… L’Accademia propone dunque di fornire supporti alla decisione politica e lo stesso supporto conoscitivo, in questo momento di grandi cambiamenti, servirebbe anche – è stato detto – all’agricoltore per “educarlo” a lavorare in modo più preciso ed ecosostenibile.
Sicurezza alimentare: per valorizzare il prodotto la qualità è la prima condizione, è stato detto. Il gruppo ha però affrontato anche il tema delle nicchie, esprimendo la convinzione che serva lavorare sulle differenze di mercati delle differenti tipologie di riso: se abbiamo prezzi da 20 euro dell’indica ai 100 delle varietà di mercato interno significa che il mercato del riso è vocato alla suddivisione in nicchie. Secondo il gruppo di lavoro occorre lavorare anche per una reale integrazione di filiera: oggi la filiera sta cominciando a riflettere sull’export in Cina e, è stato detto, quando si arriva a distanze così importanti e mercati così grandi un’integrazione di filiera è fondamentale.
Par boiled: cioè pare bollito… si è partiti da questo paradosso lessicale nel gruppo marketing per prendere atto della necessità di lavorare a fondo sulla valorizzazione del riso parboiled, praticamente sconosciuto nelle sue caratteristiche. Ipotesi di lavoro: Masterchef e campagna per gli istituti alberghieri.
Filiera corta e promozione: partendo dall’esperienza della famiglia Melotti la riflessione si è sviluppata sul fronte della qualità del prodotto tradizionale italiano, analizzando le capacità di penetrazione sui mercati esteri. Commento finale di Luca Melotti: se vogliamo uscire dalla crisi, da italiani dobbiamo tornare a essere ambasciatori della qualità.
Gestione dell’acqua in risaia: individuate le criticità di questo tema i partecipanti hanno immaginato una risaia “domotica” con droni e pannelli solari utilizzati per gestire le bocchette, in connessione con le associazioni di irrigazione che potrebbero fruire dei dati per gestire meglio il flusso. Ma soprattutto tanta tecnologia per l’agricoltore chiamato a gestire meglio i trattamenti. (30.06.2015)