La fortuna di aver vissuto a lungo consente di riesumare, dalla grande congerie dei ricordi, alcuni fatti che hanno segnato lo scorrere del tempo.
La siccità primaverile a Vercelli è un evento raro ma non insolito, di cui esistono tracce nella lunga serie di dati raccolti nella pregevole pubblicazione “Vercelli e il suo tempo”edita nel 2004 dalla Associazione Vercelli Viva.
Per quanto attiene alla coltivazione del riso possiamo attingete ai dati dell’Ente Nazionale risi che riguardano gli ultimi novanta anni. Sono di particolare interesse le notizie riguardanti la produzione di risone ottenuta in concomitanza con i periodi di siccità.
1965: RESE INFERIORI AI 4 t/ha
L’unico anno in cui la carenza di acqua, nel periodo della semina, ha determinato un calo significativo della produzione è stato il 1965 in cui su 130000 ha coltivati si sono prodotti poco più di 5 milioni di quintali di risone, con una resa di 3,87 t/ha rispetto a medie produttive, del periodo, di poco inferiori alle 5 t/ha.
Questo eccezionale risultato, è stato determinato dal sommarsi di eventi climatici negativi quali il freddo nel periodo della fioritura e una tarda raccolta funestata dalle pioggia dal freddo e dalla neve! Una tempesta perfetta che, fortunatamente, non ha avuto riscontri successivi. In quell’anno anche tutta la sperimentazione di ricerca sul campo venne vanificata.
INTERVENTI INFRASTRUTTURALI POST CRISI
Lo choc provocato dall’evento innescò una serie di provvedimenti ed iniziative delle Associazioni Est e Ovest Sesia che originarono alcune contromisure efficaci che hanno consentito non solo di migliorare la gestione ma anche di estendere di molto la superficie a riso pur mantenendo costanti i prelievi idrici.
Cardine degli interventi furono l’innalzamento della falda freatica superficiale e il riuso delle colature. Vennero impiantati pozzi piezometrici per monitorare l’andamento della falda che, in assenza della irrigazione iemale, a fine marzo si abbassava a 3 m di profondità.
1970: SOMMERSIONI ANTICIPATE
A partire dal 1970 l’innalzamento della falda si ottenne anticipando alla fine di marzo l’immissione dell’acqua nella rete principale, con conseguente attivazione delle risorgive e l’innesco precoce del processo di “riproduzione”. Si tratta di un processo fondamentale che, nel vercellese consente di aumentare di quasi il 50% le dispense idriche (138 mc/sec contro i 93 della dotazione derivata). Ulteriori vantaggi si ottennero dal concentrare le disponibilità idriche nei territori più alti (di prima bocca) evitando il frazionamento delle risorse ripartendo le scarse disponibilità tra tutti i distretti irrigui.
La gestione della falda e il riordino della gestione in collaborazione con i Distretti,sono state le armi vincenti. Soprattutto si è rivelato il fondamentale ruolo che svolge la prima falda nella irrigazione per sommersione per il contenimento della percolazione.
EFFETTI DELLA SEMINA IN ASCIUTTA
Il meccanismo collaudato è stato inattivato dalla introduzione della semina interrata in asciutto, che anticipa la semina ma pospone la sommersione alla emissione della terza foglia della plantula del riso (prima decade di giugno). Si è ricreata una situazione a macchia di leopardo che riportava alla situazione preesistente alla monocoltura. Quando il trapianto, eseguito nel mese di giugno creava ricorrenti crisi di disponibilità idrica.
LA CRISI DEL 1938
Una situazione che, nei miei ricordi risale al 1938 quando, chierichetto, ho partecipato alla processione del Grande Crocifisso ligneo da Balzola a Morano Po, per invocare la pioggia.
Una lunga salmodiante traversata in mezzo alle risaie riarse in attesa del trapianto. Era la metà di giugno, in regime di autarchia con la “battaglia del grano” che mirava alla sicurezza alimentare. Il trapianto del riso in successione al prato era una pratica che interessava oltre il 30% della risicoltura. Poi…piovve. Ripetuti momenti critici si susseguirono nel dopoguerra sempre collegati alla epoca delle semine e del trapianto con ripetute e prolungate riduzioni delle acque erogate.
I distretti reagirono con la istituzione delle “valbe” e della “pesta” dei terreni sabbiosi e più permeabili. Poi tutto si acquietò con l’estendersi della monocoltura e l’abbandono del trapianto. Poi giunse il tragico 1965 a cui segui il 2003 che però interessò solo alcune le aree della Baraggia vercellese irrigate con le acque della Sesia.
LOMELLINA
Diversa la situazione della Lomellina dove la carenza è divenuta cronica poiché, l’abbandono degli allevamenti, e il raddoppio della la superficie a riso, la presenza di terreni bibuli richiedono quantitativi irrigui maggiori. Inoltre, le caratteriste orografiche limitano il riuso delle scarse colature. In questo contesto proprio dal Pavese si affermò la semina interrata in asciutto una pratica che inceppò un congegno delicato operante al limite anche con condizioni climatiche normali.
Negli ultimi anni la pratica si è diffusa anche nel vercellese, agevolata dalla necessità di variare la tecnica di diserbo per il contenimento del riso crodo e dei ceppi di infestanti resistenti ai diserbi di largo impiego. Siamo ricaduti in una situazione similare a quella esistente al 1938, in cui coesistono, nella stessa azienda, aree coltivate con la semina in sommersione con aree in semina interrata su asciutto e sommersione dilazionata a giugno.
SERVE UNA VISIONE COMUNE
Gli uffici tecnici delle Associazioni di irrigazione, sono perfettamente in grado di valutare le ricadute nefaste che la semina interrata provoca sulla gestione irrigua. Ripetuti gridi di allarme , richiami e sollecitazioni sono stati indirizzati agli utenti ma con scarsi risultati pratici. Troppi gli utenti che antepongono le loro scelte tecniche e di coltura ad una visione comune. Una caratteristica molto presente in tutto il modo agricolo che è ,forzatamente, abituato al rischio della lotteria climatica.
PER COLTIVARE RISO…SERVE TANTA ACQUA!
Esistono sperimentazioni, anche locali che hanno delimitato la fattibilità applicativa ed economica di progetti di contenimento dei consumi idrici in risaia. Sperimentazioni che hanno ridimensionato aspettative e promesse rivelatasi pure ipotesi commerciali.
Lo schema irriguo è integrato con i bacini naturali e le dotazioni nevose alpine. La rete di distribuzione è mantenuta in efficienza. Una situazione che conferisce sicurezza e contemporanea fragilità. Si tratta di una perfezione che ha difficoltà a reagire alle novità. Il cambiamento climatico in atto ci obbligherà a programmare utilizzando la “nuvola” dei dati forniti dallo sviluppo del computazione elettronica. La comunicazione svolgerà un ruolo fondamentale solo se sarà diffusa, ripetitiva e costante, con obiettivi determinati dal clima e dalle volatilità economiche. Autore: Antonio Finassi.
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