Il mercato nella settimana appena trascorsa ha visto il consolidarsi delle tendenze già viste in precedenza. Una buona domanda spinge i listini in crescita ma una scarsa offerta mantiene limitato il numero di scambi (leggi l’analisi).
IL PIANO DEL 2004 CHE PREVEDEVA LA SICCITÀ
Ciò sappiamo essere motivato anche dall’incertezza scaturita dal tema siccità. Riguardo ad esso il risicoltore e perito agrario Andrea Vecco ha voluto comunicarci il ritrovamento di un documento datato marzo 2004, nel quale si parlava della creazione di invasi artificiali a scopi multipli. Questo è il Piano di Tutela delle Acque (PTA) della Regione Piemonte, previsto dal D.Lgs. 152/99 e allineato alle Direttive 2000/60/CE (direttiva-quadro sulle acque) e 2001/42/CE (valutazione ambientale di piani e programmi). In esso era prevista la creazione di 5 nuovi invasi artificiali motivati come segue:
“I nuovi invasi artificiali, oltre a migliorare gli stati di idroesigenza presenti, soprattutto in affidabilità della risorsa disponibile e capacità di fronteggiare situazioni di emergenza, avranno lo scopo essenziale di rendere efficaci e praticabili economicamente le politiche di riqualificazione, prime fra tutte l’applicazione delle norme sul deflusso minimo vitale e il miglioramento del bilancio idrico nei corpi idrici di falda.
Gli effetti del cambiamento climatico in corso, attentamente considerati nell’ambito del PTA della Regione Piemonte, rappresentano un ulteriore elemento di forte motivazione strategica, rispetto alla previsione di attivare i nuovi invasi”.
MINIMA SPESA E MASSIMA RESA
Gli invasi in questione avrebbero previsto all’epoca un costo stimato tra 1272 e 1440 milioni di €. «Oggi con quella cifra potremmo al massimo costituire una delle cinque opere – afferma Vecco -. Riguardo alle tempistiche già all’ora si stimavano dieci anni per la realizzazione. Si supponeva dunque di essere operativi dal 2014, ma nel 2023 siamo ancora all’anno 0.
Il documento in ogni caso dimostra la consapevolezza che l’ecosistema risaia avrebbe subito il cambiamento climatico che oggi stiamo affrontando. Purtroppo però queste politiche sono state accantonate, preferendo di dedicare fondi a scelte più e remunerative a livello elettorale, come di consueto. Tale decisione appare sicuramente poco lungimirante oggi, considerando che gli invasi previsti avrebbero avuto una capacità pari ad un valore compreso tra i 220 e i 350 milioni di m^3».
Nel dettaglio, vi proponiamo di seguito le opere previste nel Pta, con la loro portata e la classe di fattibilità (A = massima, B = media, C = scarsa).
- Viù – Combanera: 50.000.000 m^3, classe A;
- Maira – Stroppo: 22.000.000 m^3, classe B+;
- Stura di Demonte – Moiola: 60.000.000-200.000.000 m^3, classe B;
- Mastallone – Cravagliana: 34.000.000 m^3, classe B, in alternativa Sessera – Miste: 7.100.000 m^3, classe B+;
- Orba – Ortiglieto: 18.300.000 m^3, classe B+.
«OGGI DOBBIAMO INSEGUIRE IL PROBLEMA»
«Per tutte queste opere nel documento era previsto un piano di fattibilità, valutazioni di impatto ambientale e stime di costo dettagliate – continua il risicoltore -. Si affermava, inoltre che in 5 anni la vendita di energia elettrica avrebbe permesso di recuperare la spesa. È qualcosa che lascia con l’amaro in bocca sapere che i progetti esistevano, erano definiti e pronti alla messa in atto. I decisori politici non hanno voluto portare avanti allora delle opere che oggi ci avrebbero permesso di affrontare con maggiore serenità il nostro lavoro, già di per sé incerto. La realtà odierna, caratterizzata da una carenza idrica ormai consolidata, ci costringe ad inseguire il problema. Anche per questo motivo credo sia utile la diffusione di questo progetto, che ritengo essere un ottimo punto di partenza». Autore: Ezio Bosso.
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