La tradizione stata rispettata – risotto alla milanese – ma lo zafferano non era quello giusto. Ci riferiamo alla cena di gala che ha coronato la prima della Scala. Come ogni anno, stato servito risotto alla milanese, ma questa volta, su richiesta della comunit di San Patrignano, che molto vicina al sindaco di Milano Letizia Moratti, lo zafferano arrivato dall’Afghanistan, da Herat per la precisione. Motivo della scelta: aiutare le cooperative che hanno deciso di dedicarsi alle colture alternative all’oppio. Scelta apparentemente lodevole, perch radicata nello spirito umanitario, se non fosse che per fare esibizione di solidariet internazionale – ed da dimostrare che gli agricoltori afghani possano trarre realmente un beneficio da questa "comparsata" – si persa una bella occasione di promuovere sul proscenio internazionale della Scala lo zafferano coltivato con passione dagli agricoltori di Navelli e dell’Abruzzo, dei loro colleghi sardi, umbri e toscani. Pochi lo sanno, sicuramente non certi tromboni che frequentano la Scala solo il giorno della prima, ma l’Italia produce dell’ottimo zafferano, sicuramente competitivo con quello iraniano (leader nel mondo), soprattutto oggi che i prezzi della spezia sono saliti sensibilmente e produrre – e soprattutto vendere – zafferano diventato un bel business. Si dir che i nostri agricoltori non vivono nelle stesse condizioni degli afghani. Vero. Ma in periodi di crisi come questo, prima di escludere il made in Italy dal palco pi importante della lirica mondiale bisognerebbe pensarci due volte. E non ci vengano a dire che a promuovere il made in Italy basta la passerella offerta al brut Bellavista o la "sfilata" del sindaco "griffata" per l’occasione da Armani…
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