La rotazione, è una pratica di vitale importanza per mantenere la fertilità di un terreno: questo è vero soprattutto per le aziende che vogliono limitare l’uso di pesticidi e fertilizzati, oppure per le attività agricole che hanno abbracciato il metodo di agricoltura biologica.
Non c’è solo la precision farming
Al momento, ogni volta che parliamo di agricoltura, pensiamo a quella 4.0 e a tutte le innovazioni tecnologiche che questa ha introdotto: termometri automatici, trattori senza conducente, big data e addirittura una serie di nuovi microfoni e sensori. Nonostante la tecnologia ci spinga verso il futuro, però, ci sono pratiche che resistono al passare del tempo. La variazione strategica delle semine è proprio una di queste.
L’esperienza passata
In passato, la fertilità agronomica del terreno, avveniva facendolo riposare un certo numero di anni attraverso la pratica del maggese, la quale, ha dominato gli ordinamenti colturali italiani fino alla metà del 1800. Con l’introduzione delle colture industriali tali pratiche agronomiche entrarono a far parte dei sistemi colturali aziendali del centro nord d’Italia evolvendosi in una serie di ordinamenti colturali che hanno dominato il panorama agricolo almeno fino al 1960. Il modello iniziale di avvicendamento e rotazione colturale da cui poi sono derivati gli altri, fu quello della rotazione quadriennale di un’azienda di Norfolk in Scozia costituita da 4 piante.
Le prove dell’Ente Risi
Venendo a noi, l’adozione della rotazione colturale nel sistema risicolo è stimolata sia da fattori economici sia da motivazioni agronomiche. Il fattore economico è, molte volte, strettamente legato a quello agronomico: come sostiene l’Ente Risi nella sua Relazione2018, il contenimento delle infestanti ed il problema delle sempre più diffuse resistenze fanno lievitare i costi di produzione, creando margini di guadagno sempre più stretti. La semina di colture alternative al riso consente invece l’utilizzo di meccanismi d’azione diversi e poco impiegati in risicoltura che, unitamente alla diversa gestione dell’acqua, creano le migliori condizioni per il contenimento delle infestanti tipiche delle risaie sommerse; inoltre, la possibilità di coltivare leguminose offre la possibilità di un forte miglioramento del suolo, soprattutto per gli importanti quantitativi di azoto organico residui, che consentono una buona disponibilità per tutto il ciclo delle colture in successione.
La metodologia
Partendo da questi presupposti durante le prove dell’Ente Risi sintetizzate nella Relazione2018, si sono impostati due diversi piani quinquennali di rotazione colturale in due diversi appezzamenti a confronto. In tali appezzamenti sono stati pianificati tutti i rilievi tecnici sui seguenti parametri: flora infestante, con particolare attenzione al livello di controllo ottenuto; dati produttivi e qualitativi (solo granella di riso). Al termine dei 5 anni verrà fatto anche un conto economico del quinquennio, correlato anche ai risultati agronomici ottenuti.
I risultati delle prove
Le produzioni di risone rilevate nei primi due anni di prova sono state buone. Anche la produzione di soia per il 2018 rientra nelle produzioni medio/buone per questa coltura su terreno proveniente da risaia. L’infestazione dei campi prova al termine della coltivazione del 2017 aveva evidenziato una maggiore presenza di giavone e crodo. La preparazione del terreno a ridosso della semina ha svolto la funzione di diserbo meccanico, consentendo alla tecnologia Clearfield® una migliore efficacia. Da sottolineare la difficoltà di controllo di poligono nodoso, tipica delle coltivazioni di soia su terreno di risaia, e di forbicina.
L’esperienza dei risicoltori: Gamalerio
Ma come si comportano i risicoltori quando sono loro a progettare e realizzare i piani di rotazione? «Molti pensano che il terreno “si stanca” – afferma Paolo Gamalerio, conduttore di un’azienda risicola in lomellina – è più corretto dire che si esaurisce, o meglio, esaurisce i metaboliti utili a quella varietà vegetale. Per non parlare poi di tutti i problemi legati alle malattie e ai parassiti. Per ottenere dei buoni risultati, la rotazione del terreno agrario dovrebbe essere attuata per almeno 3-4 anni di fila prima di iniziare, daccapo, il ciclo».
L’esperienza dei risicoltori: Tacconi
Andrea Tacconi, risicoltore del Pavese, ci illustra i principali vantaggi che si possono ricavare dalla rotazione delle colture: «senza dubbio si avrà un terreno più fertile, questo perché tutte le piante necessitano di alcune sostanze piuttosto che altre e viceversa ne rilasciano nel terreno (modificare la loro posizione aiuterà a mantenere il terreno più equilibrato e sano), migliorando di conseguenza il raccolto; meno parassiti, questo perché spostando le coltivazioni eviterai la proliferazione e diffusione di questo in ambienti favorevoli e statici; si risparmierà in concimazioni; viene ridotta la crescita delle malerbe, quindi, verranno utilizzati meno pesticidi aiutando a ridurre l’inquinamento ambientale e miglioreranno anche la qualità e la resa della produzione».
I contributi pubblici
Esistono anche dei contributi pubblici: le aziende aderenti all’operazione produzione integrata PSR misura 10.1.1 in Lombardia devono rispettare una rotazione quinquennale che preveda che ogni particella catastale nei cinque anni d’impegno ospiti almeno tre colture e al massimo un ristoppio per ciascuna di esse. Nel caso del riso é ammessa la monosuccessione per 5 anni. É auspicabile, per migliorare la lotta alle malerbe, introdurre una rotazione con altre colture o alternare semina in asciutta con quella in sommersione.
Reimpianto sconsigliato
Infine, per le colture arboree i disciplinari sconsigliano il reimpianto, che viene ammesso solo se il terreno viene applicato almeno uno dei seguenti interventi: lasciare a riposo il terreno per un congruo periodo durante il quale praticare una coltura estensiva o un sovescio; asportare i residui colturali; effettuare una concimazione organica sulla base delle analisi del terreno; sistemare la piante in posizione diversa da quella occupata dalle precedenti.
Ammesso il sovescio
E’ ammessa la possibilità di coltivare colture da sovescio che non possono essere oggetto di raccolta e la cui produzione va quindi totalmente interrata. Tali colture non hanno influenza sulla successione colturale e gli elementi nutritivi da esse apportati non sono conteggiati ai fini del rispetto dei limiti di concimazione. Tuttavia, le concimazioni eventualmente somministrate alla coltura da sovescio sono da includersi nel conteggio degli apporti alla coltura seguente. Autore: Martina Fasani