La definirono l’inutile strage. Cent’anni fa, la Prima Guerra Mondiale fece sedici milioni di morti, nove sui campi di battaglia e sette tra i civili. Anche la risicoltura versò un pesantissimo tributo di sangue, ma sopravvisse: nel 1914 si estendeva su 146.100 ettari e restarono 138.400 nel 1918. Anni durissimi, nel corso dei quali i risicoltori italiani dimostrarono un’eccezionale reattività: adottarono tecniche colturali innovative, svilupparono alleanze ed esplorarono nuovi sbocchi commerciali, si scontrarono con la politica e pagarono i prezzi che andavano pagati, pur di restare fedeli alla propria storia e alla propria vocazione agricola. La Grande Guerra vista delle nostre risaie: è il contenuto del nuovo libro di Giuseppe Sarasso e Paolo Viana edito da Interlinea (con prefazione di Antonio Finassi) e in questi giorni nelle librerie. L’epopea della Stazione Sperimentale di Risicoltura, la battaglia per la panificazione con farine di riso, la scoperta del trapianto, gli esperimenti per l’aratura elettrica… e poi le pressioni per evitare la coscrizione di operai e acquaioli, ma anche dei buoi e dei cavalli, le origini di una meccanizzazione indotta proprio dall’assenza di braccia e armenti leggere questo libro significa rinnovare il ricordo della Grande Guerra ma anche capire da dove veniamo. Nella foto grande, la trattrice Pavesi-Tolotti sui campi di battaglia. Per informazioni e prenotazioni: direzione@risoitaliano.eu
IL RISO E’ SOST
Presentati i risultati della sperimentazione Risosost