L’agricoltura conservativa cresce in Lombardia. Lo annuncia la Regione, dati alla mano. «La Pac sta vivendo una svolta e le politiche agroambientali, nelle quali anche l’agricoltura conservativa si inserisce, rappresentano un’opportunità per la difesa del suolo e la salvaguardia dell’ecosistema. La tendenza è in crescita, anche in Lombardia» ha detto nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava: «I dati sono chiari – ha specificato -. Nel Programma di sviluppo rurale 2007-2013 la misura 214 prevedeva incentivi per l’adozione di pratiche di agricoltura conservativa. Le domande sono state 438 per circa 21.600 ettari, con assoluta prevalenza della minima lavorazione rispetto alla semina su sodo».
Nell’attuale programmazione, in corso fino al 2020, le agevolazioni per adottare l’agricoltura conservativa sono comprese nella misura 10, operazione 10.1.04. «Le domande pervenute sono diventate 623, per una superficie di 30.000 ettari e un contributo complessivo di quasi 8 milioni di euro. Si tratta di nuove aree, perché i contributi non sono cumulabili sulle superfici che hanno beneficiato del contributo nel Psr precedente». La preferenza del mondo agricolo si conferma verso la minima lavorazione, con le adesioni più significativa nei territori di Pavia (198 domande, 10.528 ettari, 3.117.594 euro richiesti), Cremona, Mantova e Lodi (188 domande, 7.431 ha, 1.743,383 euro richiesti), Milano (137 domande, 7.767 ha, 2.020.747 euro richiesti) e Brescia (64 domande, 2.618 ha, 611.168 euro richiesti). «Il ruolo di realtà come il Condifesa Lombardia Nord-Est – ha detto fava – deve essere anche quello di informare gli agricoltori su una tipologia diversa di lavorazione dei terreni, particolarmente incentivata dall’Unione europea. Mi rendo conto che non è una missione facile, in particolare quando i dati scientifici evidenziano risultati in chiave di rese per ettaro e di gestione delle infestanti che non corrispondono sempre alle aspettative dell’agricoltore».