«L’effetto del cambiamento climatico sul riso è importante e si possono sfruttare le funzioni del suolo soddisfacendo sia la produzione, sia l’ambiente». Lo ha detto Daniele Said Pullicino, docente di chimica del suolo dell’Università di Torino, intervenendo a un recente convegno degli agronomi di Vercelli e Biella, moderato da Risoitaliano.
«Dal punto di vista agrosistemico, la risaia conserva molto carbonio perché si tratta di un suolo anossico, che mineralizza più lentamente. Quindi accumula la sostanza organica – ha spiegato -. Aiuta anche l’alternanza tra sommersione e drenaggio. L’uso dell’acqua, dal punto di vista ecosistemico, porta il carbonio in profondità e lo degrada meno».
INCUBO METANO
In parallelo, vi è l’emissione di metano e sappiamo che l’ 11% del metano prodotto dalla agricoltura è prodotto in risaia con un importante effetto climalterante. Per Said Pullicino, i fattori che favoriscono le emissioni di metano sono il carattere anossico dei fenomeni che avvengono in risaia, la presenza di sostanza organica, il fatto che l’ 80 per cento del metano passi attraverso la pianta e quindi ci sia da considerare anche un effetto varietale. Inoltre, è di rilievo la presenza di microrganismi che ossidano metano, trasformandolo in anidride carbonica. Ciò pone ovviamente in antitesi l’esigenza di contenere le due emissioni. Secondo l’ordinario, la sommersione favorisce l’emissione di metano ma la sperimentazione in corso sull’AWD con l’Ente Risi offre utili indicazioni per un riequilibrio tra tecniche di irrigazione ed emissioni climalteranti.
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