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LA CHIAVE EPIGENETICA DELLA RESISTENZA DEL GIAVONE

da | 26 Mar 2023 | Tecnica

Crisi climatica, globalizzazione degli organismi nocivi, riduzione delle molecole a disposizione. Questo è il contesto con cui deve confrontarsi il comparto risicolo italiano, come emerso dal convegno conclusivo sulla ricerca dal titolo “Resistenze agli erbicidi e Meccanismi Epigenetici: Approccio innovativo a una problematica fitosanitaria emergente”, condotta dal DSTA dell’Università di Pavia in collaborazione con Agricola 2000, Distretto Risaie della Lomellina, Società Agraria di Lombardia, e Accademia dei Georgofili, che ha ospitato il 21 marzo i lavori nella sua sede di Firenze.

UNA SITUAZIONE COMPLICATA TRA METEO E BRUXELLES

Dopo l’introduzione del prof. Marco Mancini e di Riccardo Russu, dell’Accademia dei Georgofili, che hanno sottolineato le ricadute delle incognite meteo e della crisi idrica sul settore,  è intervenuto Andrea Azzoni, Dirigente del Servizio Fitosanitario della Regione Lombardia (che ha finanziato lo studio nell’ambito del Bando sulla ricerca in agricoltura unitamente a Corteva Agrisciences). Azzoni ha puntualizzato i termini del quadro politico che bisogna affrontare: “I nuovi obbiettivi posti dalla comunità europea come il Farm to Fork, Biodiversity 2030, la nuova bozza di Regolamento del Pan e la stessa Pac, vanno tutti ad impattare sulle attività produttive in agricoltura. Una di queste misure sarà la riduzione drastica nell’uso di prodotti fitosanitari che obbligherebbe l’Italia al taglio del 62% dei prodotti attualmente in commercio mentre si attendono nuovi regolamenti intesi a limitare gli impatti sull’ambiente in tema di zootecnia ed alimentazione sostenibile”.

LE RESISTENZE, UN PROBLEMA DIFFUSO

«Già a partire dagli anni 70 si parla di resistenze agli erbicidi, un fenomeno cresciuto poi con lo sviluppo degli inibitori ALS e che, oggi, interessa oltre 250 specie infestanti» ha spiegato il prof. Aldo Ferrero, del DISAFA dell’ Università degli Studi di Torino e Accademia dei Georgofili. «La resistenza in risaia – ha detto Ferrero – è fortemente influenzata dall’impossibilità o quasi di effettuare una reale rotazione delle colture e dall’esiguità delle molecole disponibili che abbiano diverso meccanismo d’azione.

Per combattere le resistenze è opportuno adottare tecniche di gestione integrata: rotazione degli erbicidi a diverso meccanismo d’azione, impiego di erbicidi con ridotta persistenza, utilizzo di dosi d’impiego corrette (rispettando l’etichetta), impiegare se possibile miscele di erbicidi, monitorando regolarmente la coltura. A tutto ciò sarebbe opportuno aggiungere un’alternanza della modalità di semina (in acqua e in asciutta) ed evitare ulteriori passaggi di erbicidi per eliminare gli individui resistenti sfuggiti ai trattamenti, preferendo l’eliminazione anche di tipo manuale; sono consigliati anche interventi meccanici come erpicatura e strigliatura in asciutta, infine l’utilizzo di sementi certificate e, ovviamente laddove fosse possibile, la rotazione colturale».

«Le resistenze sono un fenomeno in espansione – ha concluso Ferrero – presente in diversi sistemi colturali e, con particolare gravità, in quello risicolo, per le sue specifiche condizioni. Le malerbe interessate sono diverse, ma i problemi riguardano innanzitutto giavoni, ciperacee, alismatacee e riso crodo. Le resistenze sono un problema con cui convivere, che va gestito secondo un approccio integrato delle diverse pratiche colturali, che richiede una elevata professionalità».

UN PROGETTO PER DARE RISPOSTE CONCRETE

Lo sviluppo e la diffusione di infestanti resistenti agli erbicidi, favorite dall’adozione di pratiche come la monosuccessione e dall’uso di una gamma ristretta di erbicidi con il medesimo meccanismo d’azione, causa un danno economico importante per l’agricoltura ma anche ricadute ambientali pesanti, obbligando l’agricoltore a effettuare diserbi più frequenti. «Il progetto Epiresistenze nasce proprio per dare una risposta a questa richiesta – ha detto la professoressa Maura Brusoni, Università degli Studi di Pavia, capofila della specifica ricerca – analizzando la variabilità delle resistenze agli erbicidi nei giavoni di risaia, identificando i meccanismi epigenetici che controllano le resistenze e valutando i fattori ecologici che li influenzano.

I risultati hanno dimostrato che l’erbicida è un fattore di stress che può innescare modificazioni epigenetiche: esse agiscono silenziando oppure non silenziando l’espressione dei geni responsabili della resistenza. Nel primo caso l’infestante viene sensibilizzata, mentre nel secondo la pianta è in grado di detossificare le molecole erbicide, rendendole inefficaci».

«In definitiva – ha proseguito Brusoni – i risultati hanno permesso di determinare le specie di giavone presenti nelle risaie lombarde, migliorare la conoscenza delle resistenze nei giavoni di risaia, capire il ruolo dei meccanismi epigenetici nella regolazione delle resistenze, individuare i fattori ecologici che influenzano le resistenze regolate da meccanismi epigenetici ed infine quantificarne l’incidenza».

UN FUTURO TUTTO DA SCRIVERE E DA STUDIARE

«Il progetto – conclude Brusoni – ha in evidenziato una maggiore frequenza di resistenze regolate da meccanismi epigenetici in risaie caratterizzate da bassa diversità microbica del suolo. Il risultato suggerisce che conservare e migliorare la biodiversità (funghi e batteri nel terreno) può essere utile per controllare l’insorgenza delle resistenze in modo più sostenibile. I risultati del progetto Epirestenze pongono le basi per ulteriori ricerche che consentano di adottare strategie di controllo basate su un utilizzo degli erbicidi più mirato, efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale. A questo punto sarebbe opportuno proseguire questo percorso, durato poco meno di quattro anni e sempre di più costretto a modificarsi a causa delle continue indisponibilità dei principi attivi».

LA SERRA E IL LABORATORIO

La dottoressa Marta Guarise illustra il lavoro di serra e di campo svolto dal team di Agricola 2000: «Abbiamo verificato diverse risposte a seconda delle molecole utilizzate e delle specie di Echinochloa esaminate, che possono fornire interessanti indicazioni per ulteriori sviluppi della ricerca, anche estesa ad altre colture e ad altre infestanti».

Il dottor Carlo Cusaro, del Dipartimento Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia relaziona sulle complesse metodologie utilizzate in laboratorio. «L’utilizzo di strumenti analitici avanzati ha permesso indagini puntuali su RNA e DNA delle piante, sui processi di metilazione, sulla complessità del sistema e della biodiversità dei suoli», sottolineando un aspetto di importante ricaduta pratica: nei terreni con elevata biodiversità microbiologica (ad esempio per effetto di sovesci, concimazioni su base organica, minima lavorazione, ecc.) i fenomeni di resistenza influenzati da fattori epigenetici sembrano meno numerosi.

L’UNICITA’ FILIERA RISO

E’ perciò essenziale integrare ricerca, sperimentazione, consulenza e flussi informativi in maniera multi ed interdisciplinare. Da questo punto di vista la filiera del riso -grazie anche al ruolo strategico dell’Ente Nazionale Risi, con il suo Centro Ricerche e il servizio di assistenza tecnica- rappresenta un caso unico nel panorama nazionale e forse costituisce un esempio di autentica ricerca partecipata.

Le sue numerose progettualità e la storica propensione all’innovazione sono presenti nella relazione del dottor Flavio Barozzi, presidente della Società Agraria di Lombardia e accademico dei Georgofili. Qui, si è sottolineato anche il ruolo centrale delle istituzioni culturali ed accademiche per la diffusione delle conoscenze nella prospettiva di una “intensificazione sostenibile” che coniughi sicurezza alimentare e integrazione con l’ambiente. Autore: Marco Miglietta

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