E’ la tecnica del trapianto la speranza per salvare la risicoltura francese: in Camargue, zona protetta a sud della Francia intorno al delta del Rodano, una delle più grandi zone umide d’Europa, si coltiva pressoché la totalità del riso transalpino. Qui ci sono circa 200 aziende agricole specializzate. Al momento ne sono rimasti circa 15 mila ettari, con un calo del 23% negli ultimi due anni. Solo il 5% si coltiva in asciutta, il 90% utilizza la tecnica tradizionale della sommersione. Qui, d’altronde, è inevitabile: come nelle altre zone europee con caratteristiche simili, il delta dell’Ebro in Spagna o quello del Po in Italia, l’allagamento delle risaie evita la risalita del cuneo salino, soprattutto nella zona più vicina al mare. L’area a nord, invece, soffre meno di queste difficoltà. L’acqua dolce contrasta l’avanzare di quella salata, consentendo alle risaie, ma a tutto l’ambiente, di prosperare.
POCHI AGROFARMACI: IL TRAPIANTO AIUTA
In Francia, e nelle zone protette come la Camargue, uno dei problemi principali è l’impossibilità di utilizzare un gran numero di agrofarmaci. Lo hanno spiegato Bernard Mazel, presidente dei risicoltori europei e del Syndic at del Risiculteurs de France et Filiére, insieme al direttore del Centro ricerche sul riso del Syndicat con sede ad Arles, Francois Clement. In occasione della tappa francese del progetto Sustainable Eu Rice – Don’t think twice, che ha portato in Camargue una trentina di giornalisti, blogger e operatori specializzati da tutta Europa per far conoscere la filiera francese del riso japonica. Il progetto è sostenuto da Ente Nazionale Risi, Casa do Arroz – Associação Interprofissional do Arroz (CdA), associazione interprofessionale portoghese della filiera del riso e il Sindacato dei Risicoltori di Francia e Filiera (SRFF).
IL TRAPIANTO RICHIEDE SPECIALE MECCANIZZAZIONE
In Camargue la scelta di puntare sul trapianto, utilizzando macchinari cinesi già testati dall’Ente Risi anche in Italia, appare una strada quasi obbligata. Al momento la tecnica è stata testata su larga scala (circa 200 ettari nell’attuale annata agricola), ma si spera arrivare ad un’area di circa 20 mila ettari entro i prossimi cinque anni. Al momento non ci sono particolari preoccupazioni per la disponibilità della risorsa idrica, seppure con tutte le difficoltà che si registrano nel resto dell’Europa per l’ondata di calore di queste settimane. Il tema della siccità è una priorità, come ha confermato Mazel, ma non è ancora un’emergenza come in Italia.
Nel territorio della Camargue si sposano le caratteristiche di una risicoltura che guarda al biologico come ad un’importante opportunità con quelle di un turismo che unisce tradizione e ambiente.
UN PO’ DI STORIA
La risicoltura è stata introdotta alla metà dell’800. Infatti, la prima risaia risale al 1864, ma solo dopo la seconda guerra mondiale la coltura del riso diventa significativa. Nel 1941 alcuni lavoratori specializzati dall’Indocina francese, l’attuale area compresa tra Vietnam, Laos e Cambogia, allora colonia francese, sono richiamati dal governo di Vichy per darne avvio su larga scala.
Solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale, grazie al Piano Marshall, l’area si dota delle necessarie infrastrutture idrauliche, avvalendosi anche dell’apporto di lavoratori dalle zone risicole spagnole e italiane con le stesse caratteristiche geografiche.
Al momento si coltiva prevalentemente riso Japonica. In particolare il riso japonica è circa l’80% del totale utilizzando varietà italiane, ricordiamo il riso Ronaldo o il Selenio, ma anche locali, come o Arelat (lungo A), Tam Tam e Mambo, pigmentati, con rese che si aggirano intorno a 5-6 tonnellate per ettaro. Ai risicoltori francesi viene corrisposto un contributo Pac che ammonta a 120 euro per ettaro.
ETICHETTATURA
E’ presente la Igp Riz de Camargue (circa 2600 ettari), a cui fanno capo una decina di varietà che però non compaiono sull’etichetta. Il confezionamento, anche in miscela, si limita a indicare se si tratta di riso lavorato (blanc), semintegrale (semi complet) o integrale (complet), con ulteriore indicazione riguardo alla tipologia (lungo, tondo o pigemntato). Il biologico ha un ruolo importante. Qui, circa il 22% del territorio è coltivato con questa tecnica, una percentuale molto più alta del resto della Francia, circa il 9%. Ciò comporta una rotazione colturale che vede alternare il riso con, ad esempio, il grano. In quest’area, dove si allevano su grandi spazi tori e cavalli, la disponibilità di terreni non ha mai rappresentato un problema, dunque la rotazione colturale riesce a non penalizzare i produttori.
L’ESEMPIO DELLA COPERATIVA BIOSUD
Sempre ad Arles la cooperativa Biosud dal 1990 ha cominciato a puntare sulla produzione biologica. La cooperativa unisce 40 produttori, tutti Igp, su due sedi che si trovano a breve distanza l’una dall’altra. Vengono stoccate le sementi, e il risone completamente tracciabile, che poi viene lavorato, con un giro d’affari di 17 milioni di euro.
La riseria ha trasformato nel 2021 circa 11 tonnellate di risone (7 mila tonnellate base lavorato). La destinazione del prodotto è soprattutto l’industria del babyfood, con esportazioni importanti in Germania, e delle catene retail specializzate in prodotti biologici. Questi due canali commerciali rappresentano l’80% del fatturato, mentre il resto si divide tra i prodotti a base di riso e la grande distribuzione.