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ISPRA: SEMPRE MENO FITOFARMACI

da | 15 Giu 2020 | NEWS

H22

ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha pubblicato recentemente il report annuale 2019. Come sappiamo, lo sfruttamento delle paure della popolazione si è scatenato a scopi economici e/o di visibilità personali, utilizzando la pandemia del Covid 19 per moltiplicare gli attacchi mediatici nei confronti dell’agricoltura e dell’allevamento “intensivi”. Non sono mancati attacchi a “pesticidi”, fertilizzanti chimici, OGM e Glyfosate. Molti ignorano, per scarse conoscenze o per partito preso, i passi avanti fatti dalla sostenibilità agricola negli ultimi anni, che sono stati certificati da ISPRA nel citato report. Per chi lo vuole leggere tutto, eccolo in PDF: rapporto Ispra

Leggendolo, apprendiamo che l’impiego nazionale dei fertilizzanti chimici è stato ridotto considerevolmente, grazie a migliore qualità, alla distribuzione frazionata in funzione delle esigenze nutritive delle piante ad ai migliori attrezzi per lo spargimento (grafico 1).

Le statistiche vanno anche interpretate: dal 2000 la superficie coltivata a mais, grande consumatrice di azoto, si è ridotta di 600.000 ettari, per cui il minore fabbisogno di fertilizzanti azotati è dovuto anche a questo. Per quanto riguarda il riso, nello stesso periodo l’utilizzo dei fertilizzanti fosfatici, ed anche potassici, è diminuito sensibilmente. La diffusione della fertilizzazione frazionata e delle tecnologie satellitari che evitano gli sprechi dovuti alle sovrapposizioni ed ai lanci fuori bersaglio hanno più che compensato la maggiore richiesta di azoto delle nuove varietà più produttive, ma anche più esigenti. L’allevamento nelle zone risicole è poco diffuso, non ci sono problemi per gli ossidi di azoto dovuto ai liquami, ma in certe condizioni questo è emesso anche dalle risaie, insieme al metano, non considerato da ISPRA. Il grafico 2 certifica comunque che le emissioni di NO2 si sono ridotte decisamente, grazie anche alle minori emissioni dei nuovi motori diesel.

Il grafico 3 dimostra invece la riduzione delle emissioni di ammoniaca, in gran parte di origine agricola, che ottemperano già ai limiti 2020 e sono vicine a quelli del 2030.

Nel settore dei fitofarmaci vi sono pure state delle riduzioni consistenti (grafico 4). Essendo l’Italia un Paese con grandi tradizioni vitivinicole, i consumi di fungicidi sono predominanti. L’introduzione dei principi attivi di sintesi sistemici, che persistono a lungo all’interno delle foglie, hanno ridotto di molto il numero dei trattamenti rispetto alla tradizionale poltiglia bordolese. Tuttavia, la diffusione della coltivazione “biologica” della vite, che dipende essenzialmente dai prodotti rameici, ne richiede ancora grandi quantità. 

Gli erbicidi sono la parte che interessa maggiormente la risicoltura. Se a livello nazionale dal 2002 ad oggi hanno avuto una riduzione prossima al 50%, la risicoltura aveva già fatto i suoi progressi molto prima, anche più importanti. Basta ricordare le quantità di fusti da 50 litri di propanile, utilizzati negli anni ‘80, impiegati a 10 kg/ha, a confronto delle prime solfoniluree (Londax) da 100 grammi per ettaro degli anni ’90, per rendersi conto di una riduzione quantitativa del 99%. Scendere al di sotto dei grammi per ettaro sarà certamente arduo.

Il progetto “From Farm to Fork” recentemente approvato dal Parlamento Europeo ha espresso l’ambizione di ridurre del 20% i consumi di fertilizzanti minerali e del 50% di fitofarmaci entro il 2030. Nel contempo vi si legge che “La pandemia di Covid-19 ha sottolineato l’importanza di un sistema alimentare solido e resiliente che funzioni in qualsiasi circostanza e sia in grado di assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili”. Vogliono l’uovo, la gallina e magari qualcosa in più. Ma a partire da quando misureranno le riduzioni? Partiranno da oggi, ignorando quelle fatte finora, come si legge nei grafici? Varranno per tutti? Chi ha già fatto miglioramenti consistenti viene messo alla pari di chi insiste ad usare la poltiglia bordolese in grandi quantità?

A livello nazionale, si può ammettere che alcune aziende abbiano ancora qualche margine di riduzione utilizzando le tecnologie attuali, ma ulteriori miglioramenti di grande respiro potranno essere fatti solo grazie a decisi avanzamenti tecnologici, quali l’Agricoltura di Precisione e soprattutto le nuove tecniche di miglioramento genetico, avversate dalla Corte dei Conti Europea e da molte associazioni ambientaliste. Come saranno applicate le riduzioni? Indiscriminatamente alle aziende più efficienti e a quelle arretrate?  Oppure riducendo i limiti d’impiego per ettaro, per coltura, per principio attivo, per Stato e per regione già esistenti? Per ottenere i risultati richiesti serviranno grandi investimenti, parecchio tempo per la ricerca, ed altrettanto per la divulgazione. Le strategie operative devono ancora essere delineate, essendo il testo del “From Farm to Fork” per ora un’astratta dichiarazione d’intenti, che in tutto il testo non cita una sola volta il ruolo richiesto agli agricoltori, convitati di pietra nonostante debbano essere i protagonisti dell’attuazione del progetto. Autore: Giuseppe Sarasso, agronomo

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