Un nuovo rapporto pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha individuato 27 paesi in prima linea per le crisi alimentari che incombono in seguito al COVID-19, in quanto gli effetti della pandemia aggravano i fattori preesistenti della fame, spesso legati alla disponibilità di riso, alimento essenziale per buona parte delle nazioni incluse in questo tragico elenco. Lo si è visto, immediatamente dopo lo scoppio dell’epidemia, con le misure di blocco delle esportazioni, poi rimosse, prese da grandi Paesi esportatori di riso come il Vietnam e Cambogia, indicate dai Governi come necessarie per proteggere l’autosufficienza alimentare in periodi di crisi da coronavirus. Questa mossa da un lato ha messo fortemente in difficoltà nazioni come le Filippine, che dipendono al 90% del proprio fabbisogno interno dal riso vietnamita, ma dall’altra è stata interpretata come una scelta protezionistica.
Nessuno immune
Nessuna regione del mondo comunque ne è immune: Afghanistan e Bangladesh in Asia, Haiti e Venezuela in America centrale, Iraq, Libano, Sudan e Siria in Medio Oriente, Burkina Faso, Camerun, Liberia Mali, Niger, Nigeria, Mozambico, Sierra Leone e Zimbabwe in Africa. Proprio l’Africa, con il continuo aumento di consumo di riso, rappresenta ora un’area fortemente a rischio: il rapporto congiunto FAO-WFP segnala che nei prossimi mesi questi paesi saranno ad alto rischio di un notevole peggioramento della sicurezza alimentare – che in alcuni casi è già in atto -, incluso l’aumento delle persone colpite da fame acuta. Questi paesi erano già alle prese con alti livelli di insicurezza alimentare e fame acuta già prima del COVID-19 a causa di crisi preesistenti – recessione economica, instabilità e insicurezza, eventi climatici estremi, parassiti delle piante ed epizoozie – ha sottolineato il Direttore Generale della FAO QU Dongyu. “Ora sono in prima linea e sopportano il peso dell’impatto dirompente del COVID-19 sui sistemi alimentari, che sta alimentando la crisi alimentare all’interno della crisi sanitaria”, ha detto, aggiungendo: “Non dobbiamo considerarlo un rischio che prima o poi si presenterà: è un problema che non possiamo rimandare a domani. È necessario fare di più per tutelare i sistemi alimentari e le popolazioni vulnerabili e dobbiamo intervenire subito”.
Quattro vie di crisi
La FAO e il WFP hanno individuato quattro modalità principali con cui il COVID-19 sta spingendo le persone verso la fame più profonda: perdere il posto di lavoro e il salario significa avere meno soldi da spendere per sfamare le famiglie o, per chi lavora all’estero, da inviare come rimesse ai parenti nei paesi esposti a insicurezza alimentare. Al contempo, i prezzi dei prodotti alimentari sono in rialzo in molti paesi critici, il che ostacola l’accesso al cibo. La serie di interruzioni associate alle necessarie contromisure sanitarie dovute alla pandemia stanno inoltre avendo conseguenze notevoli e crescenti sulle filiere alimentari. Il crollo delle entrate statali significa che le reti di sicurezza essenziali, come i programmi di protezione sociale e alimentazione scolastica, sono sottofinanziate e non sono in grado di rispondere alle esigenze crescenti. La pandemia potrebbe inoltre contribuire all’instabilità politica e inasprire i conflitti tra le comunità per le risorse naturali come l’acqua, i pascoli e le rotte migratorie, il che perturba ulteriormente la produzione agricola e i mercati. Ne è un esempio la diatriba sui flussi del fiume Mekong tra Cina, che essendo posizionata a monte ha irregimentato il corso d’acqua con imponenti dighe, limitandone la portata, e i paesi in cui il fiume scorre a valle, come Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia, e Vietnam, in cui pezzi interi di economia si basano sulla disponibilità d’acqua del Mekong.
Una sfida seria
I dati emersi dalle indagini che la FAO sta svolgendo nei paesi in crisi alimentare confermano l’analisi congiunta, indicando che la produzione alimentare si sta rivelando una sfida seria. Gli agricoltori intervistati segnalano numerose difficoltà nell’accesso alle sementi, con conseguenti riduzioni della semina. Ad Haiti, ad esempio, il 90% degli intervistati prevede una notevole diminuzione della produzione cerealicola. Questa dinamica porterà probabilmente a un circolo vizioso: calo della produzione, minori opportunità di lavoro in agricoltura e aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, il che comporterà l’adozione di strategie negative per far fronte alla situazione e l’ulteriore deterioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale. Nel tentativo di contrastare i trend emergenti, la FAO ha pubblicato l’appello rivisto per 428,5 milioni di dollari nell’ambito del Piano Globale di Risposta Umanitaria al COVID-19 del sistema delle Nazioni Unite, che affronta le crescenti esigenze del settore agroalimentare, concentrandosi sull’assistenza urgente per la salvaguardia dei mezzi di sussistenza e il mantenimento delle filiere alimentari per far sì che le persone più vulnerabili possano accedere e produrre alimenti essenziali e nutrienti, nonché sulla raccolta e l’analisi dei dati per intervenire in modo mirato. Le principali stagioni agricole, i movimenti di bestiame per il pascolo e l’acqua, il raccolto, la trasformazione e lo stoccaggio degli alimenti non sono attività che possono essere messe in pausa.