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IL SUOLO CAMBIERÀ IL CLIMA ? 

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Clima e suolo. Studiare le caratteristiche del suolo per fronteggiare al meglio le modifiche agli scenari tradizionali imposte dai cambiamenti climatici all’agricoltura intensiva:  una situazione ormai inevitabile che costringe a ripensare le pratiche agricole per adattarle a un ambiente imprevedibile e meno produttivo. È così che lo studio del suolo, il grande dimenticato a scapito di fertilizzanti o varietà, assume improvvisamente una grande importanza: è questo uno dei campi di ricerca aperti dall’Irta (Istituto di Ricerca e Tecnologia Agroalimentare del Governo della Catalogna) con due progetti avviati alla fine del 2022: AgriRegenCat, dedicato a esplorare il miglioramento della salute del suolo con l’agricoltura rigenerativa, e AgriCarboniCat, su come queste pratiche possano contribuire a trattenere il carbonio dall’atmosfera. L’Irta sta testando tecniche che potrebbero prendere piede, come la fertilizzazione organica, le colture di copertura e l’assenza di lavorazione del terreno. LEGGI L’ARTICOLO.

 

ANCORA UN ANNO PER 24 AZIENDE AGRICOLE

Con 24 aziende agricole sperimentali e otto dimostrative distribuite in tutta la Catalogna, entrambi i progetti studiano quelle che sono considerate le principali colture del Paese: cereali, vite, frutta dolce, riso e prodotti orticoli.  I venti ricercatori e tecnici coinvolti di diversi istituti di ricerca hanno ancora un anno di ricerca davanti a sé – le conclusioni dovrebbero essere finalizzate nel 2025 – ma hanno già iniziato a trarre alcuni indizi sull’efficienza di queste nuove pratiche che, secondo gli esperti, finiranno per prevalere nella produzione agricola che si adatta alle condizioni climatiche che vende e può essere redditizia.

La fertilizzazione organica ha migliorato la ritenzione idrica, un aspetto essenziale in un contesto di siccità, secondo Maite Martínez Eixarch, ricercatrice del programma Marine and Continental Waters dell’IRTA e coordinatrice di AgriCarboniCat.

Si sta anche studiando la riduzione della lavorazione del terreno, un punto, ammettono, controverso perché associato, in alcuni casi, a perdite di produzione.

Una coltura che l’Irta sta studiando da anni è il riso, soprattutto nel delta dell’Ebro. Qui la concimazione organica – con l’applicazione di liquami e letame di pollo – non ha ancora generato un chiaro effetto positivo sulla produzione e si sta studiando come influisca sulla cattura dei gas serra.

Allo stesso tempo, si sta testando come sostituire il maggese invernale delle risaie con piantagioni di leguminose o di erba, per determinare come influisce sulla biodiversità e sulla composizione del suolo, intrappolando anche il carbonio.

I TERRENI DEGRADATI RISPONDONO MEGLIO

La stazione sperimentale dell’Ebro ad Amposta dispone di quattro ettari per questi esperimenti. Martínez Eixarch osserva che i risultati possono variare notevolmente a seconda delle colture, delle condizioni climatiche o della situazione del suolo. «Ci sono colture che funzionano meglio e altre che non funzionano. Ci sono terreni che accettano questa risposta meglio di altri o anche la situazione di partenza: terreni molto degradati probabilmente risponderanno meglio incorporando materia organica e carbonio rispetto a un terreno non così degradato.

Questa capacità di risposta in condizioni diverse è ciò che stiamo cercando di valutare e quantificare per poter estrapolare i risultati su larga scala», ha riassunto.

 

SUOLO E CLIMA, IL COMMENTO DEL DIRETTORE USALL

La chiave di tutto questo, secondo il direttore generale dell’IRTA, Josep Usall, è concentrarsi sullo studio del suolo, «l’eterno dimenticato degli ultimi decenni nella ricerca e dai produttori».

«Ci sembrava che lavorasse da solo e guardavamo alle piante: come migliorare i fertilizzanti, le varietà o i parassiti e le malattie, ma ci eravamo dimenticati del suolo. Questi progetti cercano di migliorare la salute del suolo», ha detto. Nello specifico, dal punto di vista fisico, granulometria, porosità o capacità di ritenzione idrica; dal punto di vista chimico, con un equilibrio tra micronutrienti e macronutrienti, senza squilibri di sali, sodio o potassio; e infine, dalla parte microbiologica: batteri, lieviti e funghi, che nel corpo umano sono essenziali per migliorare la salute.Sebbene alcuni agricoltori abbiano già messo in pratica alcune di queste innovazioni, la grande sfida, per ora, è estenderle a un settore che vive con angoscia gli effetti del cambiamento climatico e il declino del modello agricolo intensivo e industrializzato. Per questo motivo, secondo l’Irta, oltre allo sforzo di ricerca, è importante implementare il trasferimento delle conoscenze al settore.

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