L’esigenza – sempre più sentita – di ridurre l’impatto ambientale delle concimazioni, nonché la carenza di manodopera per le distribuzioni, hanno incrementato in questi anni la richiesta di fertilizzanti a cessione controllata (o programmata).
Meno perdite di azoto
La nutrizione con i concimi a cessione controllata riduce le perdite di azoto per lisciviazione, volatilizzazione e denitrificazione: si ha un processo di denitrificazione quando il terreno non fornisce sufficiente ossigeno (O2) per sopperire alle necessità dei batteri e microrganismi che vi risiedono. Quando questa situazione solitamente si verifica nel caso in cui i microrganismi prendono l’ossigeno dal nitrato, producendo azoto gassoso (N2) o protossido di azoto (N2O), che volatilizza dal terreno.
Condizioni ottimali
Le condizioni che favoriscono la denitrificazione sono principalmente: terreni ristagnanti, compattazione del terreno e temperature elevate. I concimi a cessione controllata compensano questo problema grazie alla gradualità del rilascio: l’azoto avvolto dalla membrana non si disperde nel terreno, ma rimane sempre vicino alle radici. La frazione che si rende disponibile viene subito assorbita dalle radici riducendo così la sua permanenza nel terreno. Grazie ad un sottile strato di avvolgimento formato da oli vegetali modificati (il cui legame esterico dei trigliceridi può essere idrolizzato), gli avvolgimenti si deteriorano nel terreno mescolandosi con esso. Inoltre i frammenti dell’avvolgimento sono materiale inerte, pertanto, non soggetti a reazioni con i componenti del terreno. Questi materiali evitano che il fertilizzante venga immediatamente solubilizzato e reso disponibile per la pianta. Tutte le membrane, in maniera più o meno evidente, sono influenzate dalla temperatura.
Parla Boieri
«Quando si considera l’efficienza di un concime, sottolinea Dante Boieri, tecnico nelle provincie di Novara e Vercelli, si parte facendo attenzione al contenuto di azoto e alla relativa tecnologia di avvolgimento. L’azoto infatti è un elemento nutritivo molto importante che però difficilmente rimane disponibile nel terreno e quindi va fornito con regolarità durante tutta la stagione. Questi prodotti sono formulati per rapportare le differenti durate di rilascio ai reali bisogni della pianta; in questo modo con una sola applicazione di concime si ha una maggiore efficienza nutrizionale, dove “efficienza” per noi significa un maggiore risparmio di tempo, denaro e un minor impatto ambientale».
Parla Domenicale
Il consorzio Terrepadane registra un sempre più comune impiego di concimi liquidi su riso. Fabrizio Domenicale, agronomo del Consorzio ci spiega: “di solito su riso viene utilizzato un concime di titolo 15-6 (15 azoto di cui 14% ureico e 1% ammoniacale, 6% fosforo) per cui l’azoto, inibito con nbpt (inibitore dell’ureasi) da come conseguenza un minor effetto di volatilizzazione e dilavamento, in aggiunta zinco e manganese (microelementi utili nelle fasi di germinazione). Le dosi di utilizzo consigliate si aggirano intorno ai 200-300 litri/ettaro. Il prodotto può essere distribuito sia nei terreni destinati alla semina in asciutta (con il diserbo di pre semina) o in pre emergenza (appena dopo la semina), in miscela con tutti i principi attivi ad oggi presenti sul mercato. Nella semina in acqua va utilizzato in pre semina, miscelato ai principi attivi registrati per questo impiego».
I vantaggi
Secondo il tecnico, «da un punto di vista agronomico i vantaggi che ne conseguono sono svariati: massima uniformità di distribuzione, essendo già solubilizzato in acqua viene fissato velocemente ai colloidi del terreno; si trova vicinissimo al seme per cui velocemente assorbito delle radici appena iniziano ad esplorare il suolo; al tempo stesso essendo a lenta cessione prolunga la sua attività per circa 2 mesi infine anticipa lo sviluppo della pianta di circa 7-10 giorni rispetto a un prodotto granulare potendo anticipare di conseguenza i diserbi di post emergenza ed un minor calpestio del suolo (meno passaggi). Per quanto riguarda l’impatto ambientale questa tecnica permette di ridurre le emissioni di CO2; minore quantità di concime distribuito; inferiori perdite per volatilizzazione e retrogradazione del fosforo e ridotte quantità di sacconi da smaltire. Concludiamo con l’aspetto economico: ne deriva oltre ad un risparmio di tempo e ottimizzazione del cantiere di lavoro; una diminuzione della manodopera; riduzione dei costi di smaltimento (sacconi) con conseguente praticità di stoccaggio, in quanto fornito in cisterne di plastica da 1000 lt riutilizzabili non necessita di essere stoccato al coperto e nessun problema di intasamento ad ugelli e pompe».
Le prove Ente Risi
L’Ente Risi ha condotto anche lo scorso anno delle prove per valutare l’efficacia di questi prodotti e i risultati non sono stati sempre convincenti (leggi la Relazione2018). Naturalmente, ciò può dipendere da diversi fattori, anche contingenti, legati al meteo e al terreno. Al fine di valutare l’efficacia della concimazione in un unico intervento pre-semina sono state approntate 5 prove dislocate nelle province risicole di Vercelli, Novara, Pavia, Ferrara e Mantova. Per tutte le prove sono state mantenute invariate le unità fertilizzanti azotate tra tesi sperimentale e testimone; tutte le altre pratiche colturali sono state identiche per l’intero appezzamento; le prove sono state eseguite nei medesimi appezzamenti dello scorso anno, in modo da mantenere inalterate le caratteristiche del suolo; la distribuzione e l’interramento del concime sono sempre avvenuti a ridosso della semina.
Lo schema di campo
Per ciascuna delle prove di concimazione lo schema di campo ha previsto due tesi: una tesi testimone con i trattamenti di concimazione usualmente impiegati in azienda e una tesi sperimentale con concime a cessione controllata distribuito interamente in pre-semina. Ogni tesi è stata ripetuta tre volte, di conseguenza gli appezzamenti oggetto delle prove sono stati suddivisi in sei parcelle, ciascuna con superficie variabile da 1.000 m2 sino a 2500 m2 a seconda delle dimensioni degli appezzamenti di prova.
Risultati migliori del 2017
La scelta di testare una formulazione con rilascio più lento, fatta sulla base dei risultati del 2017, ha migliorato i risultati nella maggior parte delle località: a Livorno F. (VC), il frazionamento in post- emergenza della concimazione aziendale ha confermato una differenza produttiva a favore della tesi aziendale, anche se inferiore rispetto allo scorso anno e non statisticamente significativa. Tale risultato può essere imputabile alla natura del suolo, caratterizzata da un’elevata presenza di scheletro da cui deriva, all’inizio della stagione colturale, una temperatura del terreno più elevata. In seguito alla sommersione in 3° foglia, anche l’acqua di irrigazione, proveniente da colature, ha contribuito ad innalzare il regime termico del suolo, riducendo di fatto la durata prevista dell’effetto nutritivo del concime a lenta cessione.
La prova di Vigevano
A Vigevano (PV) il dato tra le due tesi si discosta di poco in positivo nella tesi aziendale, anche in questo caso non statisticamente significativo. Tali risultati possono essere imputabili alla natura del suolo a tessitura franco sabbiosa, reazione subacida, povero di sostanza organica, mineralizzazione normale e bassa capacità di scambio cationico. Potrebbe essere necessario, in condizioni pedoclimatiche simili, regolare i tempi di rilascio del concime ricoperto in modo da prolungare ulteriormente la cessione degli elementi nutritivi. La concimazione aziendale ha previsto un intervento fertilizzante in copertura il 25 maggio, non eseguito nella tesi con concime ricoperto, in cui la totalità delle unità azotate sono state apportate prima della semina. La differenza produttiva è risultata statisticamente significativa. I valori degli altri parametri rilevati non hanno evidenziato differenze tra le tesi.
Migliora la produttività
A differenza dell’anno precedente, a Casalino (NO) e Porto Mantovano (MN) la produttività è risultata a favore della concimazione a cessione controllata con differenze statisticamente significative solo a Porto Mantovano (MN). Nel terreno di Jolanda di Savoia (FE) i dati rilevati sono stati simili all’anno scorso, in cui i risultati produttivi erano statisticamente favorevoli per la tesi in prova con il concime ricoperto. Il suolo della prova in provincia di Ferrara è argilloso, a reazione subalcalina, elevata dotazione di sostanza organica, ma con rapporto carbonio/azoto che potrebbe identificarne una qualità non ottimale, elevata capacità di scambio cationico. Tutti gli altri parametri rilevati sono risultati uguali tra le tesi. I risultati ottenuti sono stati tutti migliorativi rispetto al 2017. Anche nelle due località, dove il tipo di terreno richiede un frazionamento della concimazione azotata per ottimizzare le fertilizzazioni, si è ridotta la differenza negativa rispetto ai testimoni. Una diversa valutazione in questi tipi di suolo potrà essere indagata nei prossimi anni di prove. Autore: Martina Fasani