Contratti di filiera per fermare il ribasso dei prezzi, limiti dei residui uguali per tutti (Basmati compreso), limitare il reimpiego del seme e soprattutto via libera alla legge mercato interno. Il vicepresidente della Coldiretti Mauro Tonello, risicoltore, affronta in quest’intervista esclusiva tutti i temi caldi del momento.
I listini del riso sono in profondo rosso: da risicoltore, cosa consiglia di fare ai suoi colleghi?
Innanzitutto ricordiamo che per i problemi strutturali non esistono soluzioni immediate. Comunque il consiglio per i quantitativi oggi possibili è di valutare seriamente di aderire a contratti che stiamo proponendo, almeno per una parte di produzione.
Quali strumenti offre Coldiretti a chi non accetta di svendere il proprio riso?
Gli strumenti sono, appunto, contratti a lungo termine, produzioni particolari in grado di distinguersi, anticipi sul raccolto contrattato e alternative produttive per chi ha possibilità di rotazione.
Quali errori sono stati fatti dagli agricoltori nel 2016 e quali non dovranno ripetere in primavera?
Purtroppo di tratta si errori ripetuti nel tempo. Ci si dimentica, anche nel giro di breve tempo, che nel riso le crisi sono abbastanza cicliche e si verificano quasi sempre perché ci sono forti spostamenti tra le varietà seminate in funzione della soddisfazione di mercato; ed alla fine si crea un’offerta che supera la domanda. Va ricordato però che gli errori non sono solo degli agricoltori. Solo da poco tempo, e in numero ancora limitato, c’è qualche disponibilità a fare, ad esempio, contratti poliennali. Inoltre, è appena sfumata la possibilità di dare più contributi ad alcune varietà che subiscono la concorrenza sleale di produzioni mondiali, mentre manca una seria legislazione per l’uso delle sementi. Quest’ultima forse è una delle cose che meno sono state comprese, ma che possono rappresentare la fine della ricerca italiana e la perdita di produzione e di qualità.
Il caso del Triciclazolo ha mostrato tutta la vulnerabilità della risicoltura italiana. Cosa faranno i risicoltori italiani?
Sulla questione dei mezzi di difesa ed i residui, fortunatamente ci sono alternative e varietà che meglio sopportano anche questi attacchi di brusone. La scienza come sempre farà il suo corso; l’importante è che le regole dei residui e dell’utilizzo dei mezzi tecnici valgano per tutti e non solo per le produzioni italiane. Quindi per essere chiari: i limiti nazionali devono valere anche per le importazioni, Basmati compreso, ricordando oltretutto che anche noi produciamo risi profumati. Il Giglio, oggi venduto con il nome Aroma, ne è un esempio.
Si parla molto di Brusone e poco di Crodo, ma recentemente l’Ente Risi ha evidenziato il problema delle resistenze al Clearfield. Anche Coldiretti è preoccupata?
Il Crodo evidenzia la pericolosità di utilizzo di sementi non lavorate al meglio ed è la problematica più evidente sul piano visivo, ma ci stiamo portando a casa una serie di problemi che ci danneggiano anche fino al 30% delle nostre produzioni, peraltro senza accorgercene. Il Clearfield dimostra solo quello che succede in natura. Non lo trovo strano. Sappiamo che vi sono altre tecnologie in arrivo, ma, se vogliamo prevenire anziché curare, dobbiamo rilevare che il vero argomento è un altro. Nelle sementi, alcune cose ci sono sfuggite di mano: il reimpiego aziendale, la selezione a volte empirica, le conce non sempre adeguate spesso creano problemi rilevantissimi sul piano economico. Puntare a risparmiare qualche decina di euro su una Plv di 2/3000 € ad ettaro non vale assolutamente la pena e, certamente, non è una dimostrazione della nostra capacità di essere imprenditori. Ancora più importante è il danno che procuriamo a noi stessi e a tutto il comparto, facendo mancare le royalties ai costitutori di sementi, che inevitabilmente hanno appesantimenti dei costi, mentre vengono a mancare risorse per sperimentazioni ulteriori, spingendo la ricerca verso gli Ogm o gli ibridi per avere sementi in esclusiva, senza avere garanzie sufficienti dal punto di vista della salubrità e della qualità, che, anzi, a volte peggiorano pure. Ripeto: questa sordità nel non voler affrontare il tema, cedendo solo al populismo del rifiutare le sementi certificate, ci sta trascinando verso la dipendenza da multinazionali potentissime che saranno le sole a detenere i brevetti delle sementi senza che conti più la certificazione. Così non avremo più alternative. Il mais ci avrebbe dovuto insegnare.
Che fine ha fatto la legge del mercato interno?
La settimana scorsa, la legge ha avuto il consenso dell’intero tavolo risicolo e quindi dovrebbe andare avanti. Poteva si essere migliore, ma non si è trovato un accordo diverso, quindi meglio questa che niente.
Quale ruolo può avere l’Ente Risi in questo momento di crisi della risicoltura. Non si parla più di riforma?
Anche qui vale quanto detto: non si trovano accordi per attuare le proposte di cambiamento che noi riterremmo necessari e che continuiamo a rimettere sul tavolo del dibattito, con la speranza che anche altri si convincano.
Qual è la strategia Coldiretti sulle borse risi?
Sulle borse non è solo un problema di riso, ma molto più generale. Non ha più senso avere tante borse merci inadeguate, con commissioni che in tanti casi fanno i listini in maniera empirica e senza una vera logica. Rilevano veramente i contratti fatti? E in che modo sono di indirizzo dei prezzi ed in base a che cosa? E i regolamenti cosa dicono esattamente? E come mai a poche ore di distanza ci sono valutazioni diverse? I partecipanti a queste commissioni tengono sempre conto del reale peso degli interessi in campo? È una situazione ingovernabile; una unica Cun ci consentirebbe intanto di avere un prezzo unico nazionale, almeno per una settimana, e poi evidentemente basterebbe un unico momento di correzione di eventuali errori.
Qual è il ruolo del tavolo di concertazione sul riso dopo il patatrac degli aiuti all’Indica?
Il tavolo può ancora dare molto in verità. Spero che l’esperienza passata ci lasci in eredità almeno il desiderio che nella filiera ci diciamo di più la verità. Personalmente non mi meraviglio mai di idee diverse ed ho ben chiaro gli interessi diversi attorno a quel tavolo, ma diventa devastante quando per non dichiarare questi interessi si dicono dei grandissimi “sì” con altrettanto grandi “però”. I “sì, però…” sono devastanti e inutili perché non portano da nessuna parte. Così non si cresce. (Autore: Paolo Viana)