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IL PSR RADIOGRAFATO DAGLI AGRONOMI MILANESI

da | 28 Giu 2014 | NEWS

regionelombL’attività agricola e il suo indotto rappresentano una componente essenziale non solo a livello produttivo, ma anche in termini di presidio territoriale e di coesione sociale. Il PSR è strutturato su una valutazione ex ante (in larga parte basata su metodi di analisi SWOT), su una descrizione delle strategie di intervento (incentrate sui concetti di “priorità” e di “focus area” introdotti dal regolamento (UE) 1305/2013) e sulla sommaria descrizione delle misure attivabili (di cui peraltro non sono quasi mai indicate le dotazioni finanziarie e gli aspetti premiali o gli incentivi). In specie, la strategia del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Lombardia è riassumibile in tre obiettivi generali di carattere:  economico: favorire la competitività dei sistemi agricoli, agroalimentari e forestali e il recupero di valore aggiunto per il sistema agricolo tramite la diffusione di conoscenze, le innovazioni, l’integrazione e le reti; ambientale: sostenere la salvaguardia dell’ambiente, del territorio e del paesaggio attraverso la diffusione di pratiche agricole e forestali sostenibili e l’uso equilibrato delle risorse naturali; sociale: mantenere e promuovere lo sviluppo economico e sociale delle aree rurali e delle aree svantaggiate di montagna. 

La Commissione di studio dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali di Milano – coordinata dal risicoltore lomellino Flavio Barozzi che ha scritto questa nota riportata su Intersezioni, organo dell’’Ordine – ha analizzato alcuni elementi della bozza del PSR focalizzando la propria attenzione su due aspetti principali: da un lato la valorizzazione del ruolo professionale del dottore agronomo, anche come garanzia di qualità per l’utente finale e la collettività in generale, dall’altro l’evidenziazione di alcuni aspetti critici che emergono dalle proposte di schede di misura, sottolineando così eventuali incongruenze o aspetti passibili di modifica/miglioramento sul piano tecnico nell’ottica di garantire la massima sostenibilità, anche economica, dell’attività agricola.
A livello generale è stata rimarcata l’importanza che il PSR sia inteso come strumento utile al rilancio del settore agricolo e agroindustriale tramite la valorizzazione della qualità agroalimentare di cui il nostro Paese è già oggi leader in diversi settori. È stato inoltre rilevato come il precedente strumento programmatorio e normativo (PSR 2007-13) abbia destinato una parte non trascurabile delle risorse finanziarie (derivanti dalla “modulazione” degli aiuti PAC trattenuti a tutti i produttori) a un numero ristretto di soggetti “collaterali” al mondo agricolo inteso in senso stretto, con risultati non sempre in linea con le attese. Per contro, non sono sempre apparsi sufficienti gli interventi per il miglioramento delle strutture aziendali (ad esempio per dotare le aziende singole o associate di strutture di conservazione dei prodotti). Si è evidenziata la complessità del nuovo strumento di programmazione che, superato il concetto degli “assi” tipico del precedente PSR, si struttura su sei “priorità” cui fanno riferimento ben 18 “focus areas” – Regione Lombardia è intenzionata ad attivarne solo 15 – che si intersecano tra loro, dando luogo a una articolazione non sempre facilmente intelligibile. Circa il ruolo professionale del dottore agronomo emergono importanti possibilità professionali per la generalità dei consulenti in ambito agricolo: dalla prestazione di servizi di consulenza, siano questi obbligatori (come nel caso delle consulenze in tema di agricoltura integrata e biologica delineati dalle misure 10 e 11 della bozza di PSR) ovvero volontari (come per la redazione di piani di miglioramento/ammodernamento aziendale, per la competitività e integrazione di filiera, per l’ottimizzazione della gestione delle risorse idriche, per la sicurezza o per l’impostazione di programmi di azione nell’ambito dell’agricoltura conservativa, ecc.) sino al coinvolgimento nei gruppi operativi (GO) previsti dai Partnernariati europei per l’innovazione (PEI) di cui alla misura 16. D’altro canto si identificano specifici interventi, rientranti nell’ambito della misura 2 (Servizi di consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole).

In linea generale la figura del “consulente” – come prevista da specifiche schede di misura (2.1, 10.1.a) – appare abbastanza indifferenziata. Non vi sono espliciti riferimenti alle competenze e ai percorsi formativi che caratterizzano la figura professionale del dottore agronomo rispetto ad altre figure di tecnici agricoli, oggettivamente diverse per ambiti di competenza o per background didattico-formativo. La misura 2 si articola in due sottomisure: 1) sottomisura 2.1 (Supporto per la fornitura di servizi di consulenza) sembra riproporre, almeno nelle sue linee generali, lo schema logico della misura 114 del PSR in scadenza, nonostante questa non abbia dato i risultati attesi, deludendo le aspettative sia dei tecnici sia delle imprese agricole. È probabile che il successo della misura dipenderà dalla sua elasticità operativa (desta qualche perplessità la possibilità che il beneficiario della misura possa essere un “organismo pubblico a tal fine designato…”) oltre che da un’attenta definizione delle competenze del consulente. Sarebbe auspicabile che la Regione ammettesse tra gli organismi privati abilitati alla fornitura di servizi di consulenza anche professionisti singoli o associati in strutture temporanee o permanenti (ATP, STP, contratti di rete tra professionisti) che potrebbero ampliare la platea di consulenti garantendone un livello di capillarità territoriale superiore; 2) sottomisura 2.2 (Sostegno alla formazione dei consulenti) apre il campo a diverse valutazioni che richiedono un ampio approfondimento anche a livello di organi istituzionali di rappresentanza della professione.  Appare importante garantire un adeguato livello di professionalità e di credibilità al consulente il quale deve rappresentare un interlocutore qualificato e deve apportare vantaggi conoscitivi alle imprese agricole che se ne avvalgono. In caso contrario, stante l’obbligatorietà della consulenza, in particolare per alcuni aspetti del PSR, il consulente rischia di venire percepito come un semplice aggravio di costi. D’altra parte è da osservare che sul territorio già esistono consulenti con precisi percorsi formativi, con competenze, funzioni e ambiti operativi riconosciuti a livello legislativo e sottoposti all’obbligo di aggiornamento professionale e alla vigilanza degli Ordini di appartenenza.

Tra le principali osservazioni sulle misure alcune meritano di essere citate.

Misura 4. Investimenti in immobilizzazione materiali. Appaiono interessanti tutte le azioni ricomprese nella sottomisura 4.1 (Investimenti per il miglioramento delle prestazioni e della sostenibilità delle aziende agricole). Nel dettaglio, per le sue interconnessioni con il piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN), si segnala la possibilità prevista dalla sottomisura 4.1.a di finanziare l’acquisto di macchine innovative per la distribuzione di fitofarmaci. Questa misura potrebbe favorire il miglioramento e l’innovazione di un parco macchine non sempre adeguato e conforme a criteri di sicurezza per l’operatore e l’ambiente; d’altro canto andrebbe evitato che, in sede di “revisione” delle attrezzature per la distribuzione dei fitosanitari prevista dal PAN, qualche centro di verifica sia indotto a respingere macchine ancora accettabili per “consigliare” l’acquisto di macchine nuove di fabbrica che beneficerebbero del contributo. Un evidente conflitto di interesse. Si riscontra un forte impegno nell’ambito agrosilvopastorale definito dalla sottomisura 4.3 e, per inciso, anche alla misura 8 (Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste). Suscitano interesse alcuni interventi previsti dalla sottomisura 4.4.b (siepi, filari, fasce tampone boscate, che andrebbero ben definite in sede di bando, e costruzione di biobed) che hanno stretta interconnessione con alcuni aspetti del PAN. Importante appare il collegamento tra la misura 4.4.b relativa alla costituzione di siepi, filari e fasce tampone e la misura 10.1.f relativa al loro mantenimento.
Misura 7. Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone rurali. Molto importanti sono gli interventi previsti dalla sottomisura 7.6 (Studi e investimenti relativi alla manutenzione, alla riqualificazione e al restauro del patrimonio culturale dei villaggi, del paesaggio rurale e dei siti ad alto valore naturalistico, ecc.) per le loro potenziali implicazioni nel recupero e nella valorizzazione di un patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico che – pur non rappresentando solo un retaggio del passato – rischia di andare perduto o di essere comunque compromesso nonostante costituisca un elemento qualificante del tessuto agricolo lombardo. Meritano approfondimenti e verifiche gli aspetti applicativi e finanziari, considerando che per interventi effettuati da privati il contributo è limitato al 50% delle spese ammesse.

Misura 10. Pagamenti agro-climatico-ambientali. La misura è interessante anche in considerazione del fatto che nelle precedenti programmazioni regionali le misure agroambientali (misura F e poi misura 214) hanno avuto un ruolo di assoluta rilevanza in termini sia di numerosità degli interventi sia di entità degli incentivi. In generale, appare opportuno chiarire le interconnessioni che le sottomisure ricomprese nella misura 10 possono avere con il “greening” e le pratiche “greening equivalenti” che peraltro non risultano ancora ben definite dalla normativa nazionale. Per quanto riguarda la sottomisura 10.1.a (agricoltura integrata, intesa come azione volontaria superiore alla baseline rappresentata dalla difesa integrata obbligatoria introdotta dalla direttiva 2009/128/CE e dal PAN), osservatane la limitazione ad alcuni settori produttivi (vite, riso, ortofrutticole), è stata valutata in modo complessivamente positivo l’introduzione dell’obbligo di prescrizione per l’acquisto dei fitofarmaci. Si ritiene tuttavia che debbano essere approfonditi gli aspetti legati a eventuali profili di responsabilità del consulente in caso di inadempienze e impropri utilizzi da parte dell’impresa agricola. La Commissione riterrebbe utile una più puntuale definizione del ruolo del consulente, fermo restando che l’obbligo formativo del consulente previsto dalla direttiva 2009/128/CE, come recepita dal PAN, decorre dal 26 novembre 2014 e dovrebbe entrare “a regime” nei 12 mesi successivi (salvo ripensamenti e variazioni, considerato anche il fatto che su questo aspetto molto controverso pendono diversi ricorsi e pregiudiziali di legittimità davanti all’autorità giudiziaria). Se la sottomisura sarà attivata con un bando a scadenza 15 Maggio 2015, chi saranno a quel momento i “consulenti abilitati” ai sensi della direttiva 2009/128/CE e iscritti all’albo regionale? Si ritiene inoltre opportuno esplicitare che il consulente di cui ogni azienda aderente dovrà dotarsi sia lo stesso addetto alla prescrizione fitosanitaria per evitare confusioni ed equivoci. Un discorso a parte merita l’obbligo di registrazione dei trattamenti on-line, mediante registro elettronico operante in ambiente Sisco, messo a disposizione da Regione Lombardia. Dalle presentazioni sinora effettuate sono emersi diversi aspetti critici che meriterebbero un approfondimento e una soluzione se si vuole che il registro elettronico dei trattamenti rappresenti uno strumento di supporto alle imprese agricole e ai loro consulenti e non un ulteriore gravame burocratico, forse funzionale a un sistema di controllo formale ma non certo utile a migliorare l’efficacia della difesa fitosanitaria. In particolare, il registro trattamenti on-line (a prescindere dalle oggettive inefficienze di Sisco già note ai colleghi che hanno dovuto utilizzare questo ambiente operativo per la presentazione dei POA/PUA) si presenta come un supporto informatico meno versatile di altri disponibili sul mercato a costi relativamente contenuti (si lavora su un’interminabile lista di formulati commerciali registrati, ma non si dispone di un dettaglio dei f. c. registrati per specifica coltura; non viene data alcuna informazione sulla coerenza dei dosaggi utilizzati rispetto a quelli ammessi; non viene data alcuna indicazione relativa ai tempi di carenza, solo per citare alcuni esempi). 

Le sottomisure 10.1.a e 10.1.c (conservazione della biodiversità nelle risaie, ex misura 214.I) sono state analizzate in particolare per quanto riguarda gli impegni accessori per il riso, date le esperienze nel settore da parte di diversi membri della Commissione.  In particolare, l’impegno accessorio della sommersione invernale non appare di semplice applicazione sia per la disponibilità e l’eventuale costo aggiuntivo della risorsa, sia per le implicazioni che la sommersione può assumere (danneggiamenti di terreni a livello altimetrico inferiore, inaccessibilità ai mezzi meccanici in primavera, ecc.). È stata fatta notare la distinzione tra cover crop (con funzione di intercettamento dell’azoto e limitazione delle perdite per dilavamento/lisciviazione, come peraltro prevista a livello di impegno supplementare per l’agricoltura conservativa) e coltura da sovescio (con funzione di arricchimento di nutrienti del suolo) che nella bozza di PSR non appare, venendo di fatto incentivata la coltura da sovescio (leguminosa) piuttosto che la cover crop (che potrebbe essere anche una graminacea). In ogni caso si ritiene opportuno che la permanenza della coltura intercalare da sovescio/copertura sia protratta entro termini non eccessivamente prolungati in modo da non intralciare le operazioni di preparazione del terreno e di contenimento delle infestazioni di riso crodo con metodologie diverse dalla “tecnologia clearfield”.  Ulteriori chiarimenti e confronti con la Regione sarebbero necessari per definire il posizionamento del “fossetto” previsto dalla sottomisura 10.1.cSulla sottomisura 10.1.d (agricoltura conservativa) si rileva il limite rappresentato dal fatto che questa finanzia l’introduzione di tecniche di agricoltura conservativa, ma esclude il mantenimento e la prosecuzione degli impegni derivanti dalla ex misura 214.M la quale, per inciso, ha comportato cospicui investimenti per chi vi ha aderito. Circa le sottomisure 10.1.j e 10.1.k, relative all’utilizzo di effluenti di allevamento da parte di aziende non zootecniche e alla loro distribuzione, la Commissione ha espresso vivo interesse. Alcuni aspetti, peraltro da approfondire con la Commissione di studio Zootecnia, hanno tuttavia suscitato qualche perplessità, specie per quanto riguarda il limite, ritenuto abbastanza “generoso”, di 70 km (tra l’altro, in termini di strada pubblica, di viabilità generica o di linea d’aria?) per il trasferimento degli effluenti dall’azienda zootecnica produttrice ai terreni dell’azienda beneficiaria. Una distanza inconcepibile dal punto di vista economico.

Misura 11. Agricoltura biologica. È interessante notare come per la prima volta questo tipo di attività produttiva sia stralciato dall’ambito delle misure agroambientali in senso lato per assumere un propria autonoma definizione. La misura si articola in due sottomisure: 11.1.a, relativa alla conversione al biologico e 11.2.a, per il mantenimento.  A prescindere da valutazioni “ideologiche” è stato osservato come non sia richiesto alle aziende aderenti a queste misure di dotarsi di un consulente abilitato (forse perché si ritiene già qualificato allo scopo il tecnico dell’organismo di certificazione). Tuttavia la differenza rispetto a quanto previsto per la sottomisura 10.1.a ha indotto in qualche membro della Commissione il dubbio che l’agricoltura biologica “benefici” di un sistema di controllo più blando rispetto a quello riservato all’agricoltura integrata e forse anche a quella “convenzionale”. Non del tutto chiara appare la funzione del registro trattamenti elettronico, mentre positivo appare l’impegno (che forse dovrebbe essere reso obbligatorio) di dotarsi di una fascia di rispetto per evitare “contaminazioni” da aziende contermini che utilizzano fitofarmaci di sintesi.

Forti perplessità ha suscitato l’ipotesi (non esplicitata nella bozza di PSR in pubblica consultazione, ma risultante da alcuni “rumors” informali) che sia consentita la coltivazione di riso “biologico” in monosuccessione, senza obbligo di avvicendamento colturale, che appare del tutto illogica sul piano tecnico, in contrasto con i principi dell’agricoltura biologica e con le effettive realtà di campo.  In generale si ritiene che il concetto di alimento sicuro e prodotto in modo razionale vada valorizzato nell’ambito sia dell’agricoltura biologica sia delle produzioni integrate come base di tutela delle specificità nazionali. Questo richiede un più rigoroso sistema di controllo della produzione nazionale ma anche delle eventuali immissioni di prodotto d’importazione.  Come suggerito dalla misura 16 (Cooperazione) è evidente l’importanza di inserire o definire meglio il ruolo che il dottore agronomo può svolgere per garantire uno sviluppo effettivo del settore agricolo e agroalimentare. Uno sviluppo che non sia finalizzato alla semplice, burocratica, intercettazione di risorse pubbliche ma all’effettiva implementazione di innovazioni produttive, di partnership operative, di reti produttive e commerciali volte alla crescita sostenibile dell’agricoltura e del suo indotto. (24.06.14)

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