Di nomi se ne facevano molti – Martina e Pesce, tanto per citarne due – ma quello di Teresa Bellanova proprio no. Outsider in via XX Settembre? No, ministro politico per il Conte bis, talmente politico che con l’agricoltura proprio non c’azzecca. I bene informati dicono che la sindacalista ex Cgil di Ceglie Massapica (Brindisi) arrivi al Ministero dell’agricoltura (dopo due esperienze come sottosegretario al Lavoro e come viceministro allo Sviluppo) perché è renziana e pugliese. Una nomina funzionale agli equilibri di potere in casa Pd. Di agricoltura sa poco. Quel poco che ha imparato difendendo i diritti dei braccianti agricoli nel Salento e combattendo il caporalato. Che, sia detto per inciso, nel Salento e in Puglia c’è ancora, anzi è più diffuso della xylella.
La delusione del mondo agricolo per questa scelta è forte. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, la sensazione che la classe politica non tenga in nessun conto l’agricoltura e se la giochi alla lotteria delle poltrone è palpabile. Tutti pronti a incassare il contributo che il mondo rurale garantisce ancora al Pil e all’export del Paese ma disinteressati ai meccanismi economici e scientifici su cui si regge l’economia agroalimentare; tutti primi della classe quando si parla di made in Italy e tutti disinformati sui costi che comporta produrlo; tutti chef e gourmet quando ci si siede a tavola con gli amici, ma nessuno che abbia la minima idea dell’origine di quello che mangiamo. Tutti fan del bio, ma tutti sorpresi di doverlo pagare. Tutti convinti che il buon cibo nazionale sia un diritto e tutti consumatori di materie prime d’importazione, purché avvolte nel tricolore dall’industria alimentare.
Questo è il sentimento delle campagne, che guardano al nuovo ministro senza pregiudizi ma con una leggera inquietudine. Forse per quell’assonanza tra il suo cognome e la belladonna, una solanacea che si utilizza sia come medicina che come veleno. Speriamo che il nuovo ministro abbia degli ottimi consiglieri e non creda che l’agricoltura è tutta pomodoro e caporalato. Assediata com’è dalle importazioni e alla vigilia di una Pac insidiosa, per l’agricoltura italiana una politica sbagliata sarebbe davvero una bacca avvelenata. Autore: Paolo Viana