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IL LIBRO DI EZIO E GIANNA

da | 9 Dic 2018 | Non solo riso

Sono passati pochi giorni dalla scomparsa di Ezio Candellone, il responsabile della sezione di Vercelli dell’Ente Nazionale Risi. Ezio era una persona buona e competente e ha lasciato un vuoto, non solo nella sua famiglia. Per questo, quando abbiamo ricevuto l’invito alla presentazione dell’ultimo libro che ha realizzato insieme alla moglie, Gianna Baucero, scrittrice e storica vercellese, abbiamo deciso di condividerlo con tutti i nostri lettori. Si intitola “Predestinati” e sarà presentato al Parlamentino dell’Ovest Sesia, a Vercelli, il 20 dicembre alle 18. E’ una raccolta di 25 biografie di personaggi storici vissuti tra l’alto Medio Evo inglese e la Stuart Age. Sono persone o personaggi che forse di per sè non avrebbero lasciato un grande ricordo, ma che sono entrati nella storia grazie a chi viveva loro accanto o a chi li ha coinvolti in vicende speciali. Come “Lady Rochford”, che favorì i tradimenti della quinta regina di Enrico VIII e mandò a morte il marito innocente, Oppure alcune mogli di Enrico VIII, o l”Waltheof, il guerriero dagli occhi di cielo”, “Edith Collo di Cigno”, o, ancora “la regina dei nove giorni”, per non parlare della povera Herleve che fu l’amore impossibile del duca di Normandia e divenne la madre di Guglielmo il Conquistatore. «Vorremmo parlare del libro, dei racconti, sentire la voce di Federico Grassi e le domande di Paola Bosso, ma ricordandoci che l’ispiratore del libro è stato proprio Ezio, che ne ha ascoltato le storie finchè ha potuto, finchè ha avuto forza» racconta la moglie, che ci regala anche questo ricordo: «Ezio era nato a Vercelli nel 1958. Si era diplomato all’ITIS   portando avanti contemporaneamente la sua attività di calciatore dotato di ottime potenzialità. Calcisticamente era cresciuto alla Veloces, ma presto era passato alla Juniorcasale, dove era arrivato alle soglie della prima squadra a soli 16 anni. Trasferitosi in prestito a Bollengo, concluse  lì la sua carriera prematuramente a causa di un brutto incidente. Aveva poco più di vent’anni.

All’Ente Nazionale Risi approdò il 6 luglio 1981, lo ricordo come fosse ieri perchè era il giorno del mio ventunesimo compleanno. Lui di anni ne aveva 23. Fu assunto a MIlano come centralinista e nel capoluogo lombardo rimase parecchi anni, allacciando ottimi rapporti con tutti i colleghi e con l’amministrazione, che ne ha sempre apprezzato l’impegno e la serietà. A Vercelli fu assegnato all’Ufficio Tecnico e nel 2004 vinse il concorso per diventare direttore della sezione. Non volle mai cambiare il suo ufficio: rimase nella sua stanza del corridoio di sinistra, con la sua solita scrivania posta sotto un gigantesco mural che lo ritraeva in abiti contadini a bordo di un carro di risone.

Diceva che cambiare ufficio equivaleva a cambiare il suo approccio nei confronti dei colleghi, il che sarebbe stato inopportuno e , secondo lui, avrebbe incrinato  le sue amichevoli relazioni con il personale. Era cordiale e disponibile con tutti e doversi imporre con autorità gli costava fatica: preferiva la via del dialogo, della presenza quasi paterna, della porta sempre aperta ai problemi e alle esigenze di tutti. A suo figlio insegnava che ognuno ha qualcosa di buono da offrire: “Bisogna saperlo cogliere, qualche volta sapersi accontentare e soprattutto scoprire e valorizzare le qualità e le attitudini dei propri collaboratori”.  Era sempre pronto a offrire il suo aiuto e a comprendere, purchè si rendesse conto che il suo interlocutore aveva agito in buona fede. Non era tenero con i “furbetti”, con chi cercava di approfittare di lui o metteva l’Ente in difficoltà, ma cercava di esercitare la sua autorevolezza nel modo più elegante e gentile possibile. Era affidabile, competetente, rassicurante, diplomatico. Era un gentleman che aveva fatto dello stile, del garbo, della semplicità le sue cifre distintive. Non alzava la voce, sorrideva sempre, era ironico e spiritoso.

I suoi rapporti erano eccellenti anche con l’utenza, sebbene abbia sempre cercato di non eccedere con il cameratismo e la convivialità, “perché”, diceva,  “in alcuni casi l’amicizia può influenzare il rigore e la lucidità.” Integerrimo, onesto, rigoroso, preciso, puntuale, era un modello di professionalità e managerialità, ma all’insegna dell’understatement. Non si dava arie, non era mai sprezzante, non perdeva la calma. Non ha mai accettato omaggi da nessuno, nè pressioni, nè richieste di favori. Ha sempre comprato il riso pagandolo fino all’ultimo chicco e quando riceveva i pacchi dono a Natale e Pasqua li distribuiva ai colleghi, ricordandosi sempre delle addette alle pulizie».

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