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IL GREEN DEAL SECONDO GLI AGRICOLTORI EUROPEI

da | 8 Nov 2019 | Internazionale

rinaturalizzazione

La Copa-Cogeca, la federazione europea che comprende le associazioni di agricoltori e cooperative agricole, prende posizione sul Green Deal, il patto per il futuro verde dell’Europa che dovrebbe partire con la nuova Pac, in una lettera che affronta a tutto campo le principali tematiche agricole in discussione: sì al Green Deal, ma in quadro di adeguato sostegno da parte dell’Ue. No ai tagli e no alla riduzione indiscriminata dei principi attivi utilizzabili in agricoltura, nella lotta a parassiti e malattie.

La sostenibilità

«La lettera di missione che ha ricevuto dalla Presidente eletta von der Leyen evidenzia e mette in primo piano una serie di sfide di dimensione globale per la preparazione delle politiche dell’Unione – scrive Pekka Pesonen, segretario generale della federazione – In questo senso, il Copa e la Cogeca riconoscono l’intenzione della futura Commissione di concentrarsi nel proprio lavoro sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, verso un continente europeo climaticamente neutro. Crediamo fermamente che il prossimo ciclo politico in Europa possa condizionare il modello agricolo europeo per i decenni a venire. In quanto agricoltori e cooperative europei conosciamo e siamo pronti ad affrontare queste difficili questioni e le sfide che ci attendono. Cerchiamo di fornire il tipo di agricoltura che i nostri cittadini si aspettano e chiedono: un’agricoltura che garantisca un’elevata sicurezza dell’approvvigionamento alimentare e alti standard di qualità, benessere, sostenibilità e protezione ambientale.  Ciò, tuttavia, può essere realizzato solo con una filiera alimentare che funzioni meglio, in cui gli investimenti in materia di sostenibilità a livello dell’azienda agricola sono protetti dalle pratiche che la nostra società non vuole. Gli agricoltori sono i primi produttori di derrate alimentari e hanno bisogno di strumenti sicuri ed efficaci per svolgere la loro attività, che comporta la lotta a parassiti e malattie, al fine di garantire la sicurezza e la sufficienza alimentare per la popolazione mondiale attuale e futura. La sostenibilità, in un approccio equilibrato tra i suoi tre pilastri, è fondamentale perché gli agricoltori possano fornire beni pubblici e privati».

La riduzione delle emissioni

Sul tema della neutralità climatica e sull’obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2030, sottolinea: «Gli agricoltori sono i primi a percepire l’impatto del cambiamento climatico e devono sostenere crescenti costi relativi ad adattamento e mitigazione. Nella sua ambizione politica di diventare il primo continente climaticamente neutro, l’Europa deve seguire un approccio olistico. In effetti, è importante riconoscere gli obiettivi, ma è fondamentale progettare politiche e programmi sostenibili che accompagnino i nostri agricoltori e le loro cooperative in questa transizione, nonché riconoscere l’importanza degli strumenti esistenti. L’agricoltura e la silvicoltura dell’Ue svolgono un ruolo cruciale nell’affrontare l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, poiché hanno un grande potenziale di riduzione delle proprie emissioni, di sequestro del carbonio e di stimolazione sostenibile delle economie. Tuttavia, quando si parla delle emissioni prodotte dall’agricoltura, occorre anche riconoscere che queste derivano da processi naturali. Pur decarbonizzando i fattori di produzione agricoli, restano emissioni che non possono essere evitate, poiché fanno parte di un ciclo naturale. Per quanto riguarda il sequestro del carbonio, questo deve essere preso in considerazione nell’attuazione degli strumenti legislativi sul clima. Un mercato del carbonio o regimi di crediti di carbonio dovrebbero far parte degli strumenti per incentivare il raggiungimento degli obiettivi climatici. Aumentare le ambizioni riducendo il bilancio della Pac non produrrà i risultati desiderati se il settore privato non è adeguatamente coinvolto».

Le tecnologie

«Gli agricoltori devono essere incoraggiati a investire nelle tecnologie che riducono le emissioni di gas a effetto serra, che aumentano la cattura e il riciclaggio del carbonio e che abbiano senso da un punto di vista economico. Queste tecnologie comprendono ad esempio le tecniche di agricoltura di precisione e gli impianti di produzione di biogas per recuperare il metano dallo stoccaggio del letame. L’impiego di energia esterna e di origine fossile (elettricità e carburanti) nella produzione agricola andrebbe ridotto utilizzando attrezzature e sistemi di illuminazione più efficienti e – laddove possibile – sostituendola con biocarburanti o altre forme di energia rinnovabile. L’ipotesi di un programma energetico aziendale potrebbe rivelarsi utile per aumentare l’efficienza energetica delle aziende agricole, al fine di ridurre il consumo di energia e facilitare la sostituzione di carburanti fossili con fonti rinnovabili a livello aziendale. La sostenibilità economica e la competitività degli agricoltori europei sono cruciali affinché essi possano contribuire alla dimensione ambientale e sociale della sostenibilità. È di vitale importanza che una transizione sostenibile sia finanziata in tutti i settori agricoli». Il ruolo della tecnologia e dell’innovazione resta imprescindibile: «La ricerca e l’innovazione sono fondamentali per sviluppare e fornire strumenti e soluzioni innovativi che permettano agli agricoltori dell’UE, alle loro cooperative e ai proprietari forestali di migliorare la loro produttività e di adattarsi ai cambiamenti climatici, riducendo al contempo l’impatto sull’ambiente. L’applicazione dell’innovazione può essere garantita solo tramite il loro coinvolgimento nelle attività di ricerca e innovazione, insieme a investimenti adeguati in tecnologie, banda larga (compresa l’affidabilità), interoperabilità, competenze digitali e servizi di consulenza, poli di innovazione digitale, nonché nuovi modelli di business e governance. L’accesso a tecnologie aggiornate è un fattore cruciale per far sì che l’agricoltura europea rimanga competitiva sul mercato globale e per mantenere le nostre norme elevate. Non possiamo permetterci di perdere tempo astenendoci dall’uso di tecnologie all’avanguardia come le nuove tecniche di costituzione vegetale, l’intelligenza artificiale (IA) e le tecnologie digitali. In particolare, le nuove tecniche di costituzione vegetale potrebbero migliorare la tolleranza delle varietà vegetali allo stress idrico e agli organismi nocivi. Tuttavia, ogni nuova tecnica di costituzione dovrebbe essere analizzata e discussa da esperti caso per caso e in base a rigorosi criteri scientifici».

I negoziati internazionali

Altro tema spinoso sono i negoziati internazionali: «Negli ultimi dieci anni, l’Ue è diventata il principale esportatore e importatore globale di prodotti agricoli e agroalimentari, rendendo il settore primario il motore dell’economia europea e un leader dell’integrazione nel mercato globale. Tuttavia, la comunità agricola sta avendo difficoltà, intrappolata tra le realtà del mercato internazionale e le preferenze dei consumatori. Troppo spesso, gli agricoltori e i proprietari forestali devono sostenere costi dei fattori di produzione più elevati, che i consumatori non sono in grado o disposti a coprire. Al contempo, i mezzi a disposizione degli agricoltori sono sempre meno. Qualunque indebolimento dell’attuale protezione dei confini Ue per i prodotti agricoli potrebbe minare seriamente gli sforzi volti a ridurre le emissioni, particolarmente nel settore dell’allevamento, e potrebbe facilmente impedire una riduzione netta delle emissioni a livello globale. A causa dell’urgenza dell’azione climatica, occorre includere un capitolo sull’applicazione delle misure climatiche in tutti gli accordi di libero scambio. Il futuro non sta nella diminuzione della produttività e nello spostamento della produzione e degli impatti climatici (rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e scarsità d’acqua) verso paesi terzi. Dobbiamo assicurarci che il consumo di derrate alimentari e di prodotti non alimentari (biocarburanti, prodotti biochimici e biomateriali) rispetti tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile, compresa la politica commerciale. L’Ue dovrebbe, se del caso, sospendere le preferenze tariffarie laddove la non conformità alle disposizioni sullo sviluppo sostenibile di un dato accordo metta in discussione l’equilibrio delle condizioni di concorrenza per i produttori europei. Le tasse sul carbonio alle frontiere dovrebbero essere considerate con attenzione in quanto potrebbero influenzare l’aumento dei costi dei fattori di produzione agricoli».

La brevettabilità

Sulla biodiversità, e sulla brevettabilità degli organismi, Pekka Pesonen sottolinea: «Gli agricoltori e i proprietari forestali sono i custodi della campagna europea. Insieme hanno fatto progressi concreti sul fronte del clima e dell’ambiente, riducendo le emissioni e attuando pratiche più sostenibili. Per continuare a farlo, hanno bisogno di una legislazione ambientale che riconosca i loro sforzi e dia loro abbastanza flessibilità per utilizzare le risorse naturali in modo più efficiente, garantendo la sicurezza alimentare. È pertanto fondamentale che tutti gli obiettivi della futura strategia sulla biodiversità fino al 2030, siano ambiziosi ma anche realistici. Inoltre, essi devono prendere in considerazione queste conseguenze negative dei cambiamenti climatici, in quanto promuovono gli sforzi volti a realizzare la visione globale 2050 per la biodiversità di “vivere in armonia con la natura”. Perciò l’Ue deve garantire che i geni delle piante e degli animali e i tratti genetici naturali che possono essere trovati in natura o ottenuti con la mutagenesi non siano brevettabili. I brevetti su prodotti, tratti o geni derivati da tecniche di selezione di ingegneria genetica dovrebbero applicarsi solo a prodotti che contengono Dna che non esiste in natura o che non può essere ottenuto con metodi di selezione convenzionali o tecniche di mutagenesi».

Economia circolare

Nella lettera si parla anche di economia circolare e strategia “dai campi alla tavola” per alimenti sostenibili: «Nel corso dell’ultimo decennio, l’Ue è riuscita a sostenere e promuovere una bioeconomia circolare sostenibile. Ciò ha permesso di fornire alternative ai materiali fossili e dunque ha contribuito alla lotta al cambiamento climatico. La strategia aggiornata dell’UE per la bioeconomia e l’attuazione del suo piano d’azione devono dunque essere una componente essenziale del Green Deal europeo. Ciò sarebbe possibile grazie all’introduzione di strumenti concreti in Eu Invest, nella Pac e in Orizzonte Europa e assicurerebbe un uso migliore delle risorse esistenti, creando nuove opportunità imprenditoriali e posti di lavoro per le zone rurali. La strategia “dai campi alla tavola” per derrate alimentari sostenibili dovrebbe tener conto di tutti e tre i pilastri della sostenibilità (economica, sociale e ambientale) in questo dibattito più ampio. Questo è l’unico modo per prendere in considerazione il contributo dell’agricoltura e delle zone rurali alla produzione di derrate alimentari e di mangimi, nonché in materia di biocarburanti, materiali tessili e rimboschimento. Nondimeno, nei dibattiti in corso spesso questi aspetti socio-economici vengono trascurati e si dimentica di includere il fattore umano del lavoro degli agricoltori. Qualunque strategia futura deve seguire un approccio globale alla catena agroalimentare ed essere fondata su decisioni politiche e valutazioni di impatto indipendenti e basate sulla scienza. È inoltre impossibile attuare questa strategia senza una cooperazione con i consumatori. Le informazioni fornite ai consumatori sono una valida opportunità per costruire la fiducia fra agricoltori e consumatori in seno alla catena agroalimentare. Tuttavia, una semplificazione eccessiva può talvolta mettere in ombra fatti fondamentali. I cittadini non dovrebbero affidarsi soltanto a etichettature semplicistiche per aiutarsi a seguire una dieta nutriente ed equilibrata: l’apprendimento e la comprensione sono fondamentali per evitare di scaricare la responsabilità di un’assistenza sanitaria alle persone adeguata soltanto sulla catena agroalimentare». E aggiunge: «Nel dirigersi verso una nuova politica più verde, una giusta transizione per tutti è di importanza capitale. Siamo di fronte a molte sfide e gli agricoltori dovranno subire l’impatto maggiore sui loro mezzi di sussistenza e sulla loro attività economica. Eppure non dovrebbe essere così. I costi di attuazione nella nuova politica devono essere a carico di tutti: agricoltori, trasformatori, distributori e consumatori. Dobbiamo stabilire il concetto “nessuno va lasciato indietro” e proteggere chi è più vulnerabile dalle conseguenze non preventivate della nuova politica».

Le politiche sociali

Sulle politiche fiscali per realizzare le ambizioni climatiche, compresa la tassa sul carbonio alle frontiere, conclude: «L’imposizione fiscale deve ricoprire un ruolo centrale nel Green Deal europeo. Speriamo orienti il lavoro sulla revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici verso un allineamento con le nostre ambizioni, mettendo fine ai sussidi per i carburanti fossili. Si tratta di uno strumento chiave per evitare la rilocalizzazione del carbonio e garantire che le imprese europee possano competere in condizioni di parità. La tassa sul carbonio alle frontiere dovrebbe essere pienamente conforme alle norme del Wto. Il principio dell’eliminazione di una norma analoga già in vigore per ogni norma approvata – una delle priorità della futura Commissione – deve contribuire anche alla semplificazione e alla riduzione degli oneri amministrativi per gli agricoltori, specialmente quando devono adattarsi per aumentare la loro sostenibilità, senza perdere soldi, produttività o qualità della produzione sui loro campi». Autore: Simona Marchetti

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