« Ombretta, senti… Ma io vorrei percorrere a piedi tutto il Canale Cavour. Che ne dici, si può fare? Mi date il permesso?». E un’Ombretta un po’ perplessa mi rispose «Si Fede, certo che ti diamo il permesso. Ma puoi passare sugli argini del Cavour anche in bicicletta o, per gran parte, anche in macchina. Perché mai a piedi? E’ lunghissima!». L’Ombretta in questione è Ombretta Bertolo, responsabile comunicazione dell’Associazione Ovest Sesia, mentre Federico Ranghino (foto piccola) è un fotografo podista. Nel senso che ama andare a piedi. Un anno dopo il colloquio che ci descrive ha già percorso i cinquantacinque chilometri del Cavour dalla Chiusa di Chivasso alle tombe della Sesia (nei pressi di Greggio). Passi e scatti. Tanti. Per dar corpo a un progetto fotografico di cui Ranghino ci regala un saggio, riprodotto in questa pagina.
«Il Canale Cavour mi ha sempre affascinato – dice – un lungo tappeto d’acqua che si srotola placido e quasi immobile attraverso la nostra terra. Noi lo percepiamo spesso solo con la coda dell’occhio, o poco più, percorrendo in automobile uno dei tanti ponti che lo attraversano. Chi lavora nei campi, gli acquaioli e poche altre persone ne hanno una visione più ampia, ma comunque limitata ad una certa zona. E io mi sono sempre chiesto cosa ci fosse oltre. Cosa nascondesse quel percorso. Ho iniziato a studiare, a documentarmi, scoprendo la storia incredibile di un’opera stupefacente. Quella che nel suo complesso è la maggior opera idrica italiana e una delle maggiori d’Europa: ottantacinque chilometri di canale, dalla presa a Chivasso fino alla sua foce nel Ticino; realizzato in soli trentatré mesi da una manodopera di circa quattordicimila persone. Un’infrastruttura che avrebbe definito per gli anni a venire la vocazione di un intero territorio». Insomma, una grande avventura, non solo fotografica. «Ho scoperto la meravigliosa e tragica vicenda di Francesco Rossi, nato a Scavarda a fine ‘700 e agrimensore proprio dei Benso a Leri, che per primo ebbe l’intuizione che esistesse una pendenza utile per realizzare un canale tra il Po e la Sesia. Rossi era talmente convinto della sua idea che passò cinque anni a misurare il territorio con una semplice livella ad acqua, riducendosi quasi sul lastrico. Ci credeva e portò il progetto al governo sabaudo, ma il Risorgimento e le sue guerre fermò tutto. Ripropose il progetto del canale al neonato Regno d’Italia ed incappo nel suo vecchio datore di lavoro, quel Camillo Benso che lo licenziò per incompatibilità di vedute su come condurre la tenuta di Leri – racconta con passione -. “Dunque me lo volete proprio dividere in due fette il mio podere? O che non vi abbia proprio nessuno scampo da codesto vostro canale? Oh bella! Sia vero, che non lo possiate far viaggiare altrove?” chiese Camillo a Francesco. E Rossi rispose “Signor Conte, non mi è fattibile trovare altra via per il mio canale”. “Il vostro canale non si farà” fu la pietra tombale che Camillo Benso mise sul progetto del suo ex-agrimensore» prosegue Fede, che però aggiunge: «Come spesso capita nelle vicende italiane, affidata la paternità del progetto al Carlo Noè e modificato leggermente il percorso (rendendo la realizzazione più costosa) il canale alla fine si fece eccome. Senza dividere i terreni del Conte. Ebbene, raccontare queste vicende richiederebbe anni di ricerca documentale e di studio. Non è diverso il raccontare fotograficamente, è solo un altro tipo di linguaggio: la conoscenza del proprio soggetto è imprescindibile. L’unico modo che potevo immaginare per conoscere il Cavour era percorrerlo a piedi, lentamente, cercando di assorbire ogni dettaglio che il canale e il paesaggio circostante mi offrisse»: ecco spiegata la genesi di un progetto faticoso iniziato nel maggio 2015. In tutto, sono stati percorsi cinquantacinque chilometri divisi in quattro tappe, «per avere il tempo di prendere appunti visivi su tutto, fare amicizia e imparare a conoscere il mio soggetto. Del canale avevo da studiare tutto. Quale fosse l’orientamento, come cadevano le luci e a che ora, quali fossero le strutture più interessanti, come funzionavano e a cosa servissero, quali le sue peculiarità. E da quelle prime passeggiate, ci furono 26 “gite” sul Canale, 20 ore circa di progettazione, studio dei percorsi e dei luoghi, degli orari migliori, 125 ore di lavoro sul campo, 40 ore di post produzione e selezione, in tutto più di un mese lavorativo a tempo pieno, 2.200 fotografie scattate, 3.600 km percorsi in automobile, 100 km circa percorsi a piedi… Numeri che sono destinati ad aumentare ancora, perché prevedo ci siano bisogno ancora due o tre mesi per concludere il progetto» è la conclusione del Fede. (14.03.2016)