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IL DECANO DEI MEDIATORI

da | 20 Set 2020 | Non solo riso

tondi

Tre mercati la settimana a Vercelli, Novara e Mortara, ma se gli si chiede chi gliel’ha fatto fare la risposta è semplice: tre generazioni prima di lui. Perché il bisnonno, il nonno e il padre facevano, come lui, il mediatore,  cioè si occupavano di quella difficile arte che vuol dire mettere d’accordo due parti dall’interesse contrapposto. E perché la riseria cerca il riso al minor prezzo e l’azienda agricola cerca la riseria che è disposta a pagare di più il risone da vendere. Una banalità? Per nulla, anzi ogni giorno non solo in risicoltura, la sopravvivenza dei mercati si basa su questo momento di unione tra parti opposte, di “matrimonio” tra sposi che sembrano non provare alcun affetto reciproco. Anzi. (Avviso)

Il decano

Francesco Remus, da Langosco, in Lomellina, è un po’ il decano dei mediatori, presidente del gruppo di lavoro che ogni venerdì sottoscrive il listino prezzi al mercato agricolo di Mortara, alla Sala contrattazioni merci di piazza Trieste. Un gruppetto di 11 persone dove sono rappresentate le riserie, i risicoltori, e gli organismi di gestione della stessa sala contrattazione, quale la Camera di commercio di Pavia. Dalla notte dei tempi, cioè da quando chi aveva troppo pane decise di barattarlo con un po’ di… formaggio, il risultato di mettere d’accordo chi offre e chi cerca è sempre stato uno sforzo titanico. Perché chi cerca teme di sborsare sempre troppo e chi offre è convinto di regalare invece di vendere. O almeno entrambi fanno finta di pensarlo. «Ho iniziato nel 1957 – racconta Francesco Remus, dalla sua Langosco, un paesino di poco più di 350 anime, al confine con il vercellese, sulle sponde del Sesia – vale a dire che da 63 anni faccio la spola tra riserie e aziende agricole. Ammetto che ogni anno penso di smettere, ma ho clienti affezionati da mezzo secolo ai quali non riesco a dire di no. E poi il mio lavoro mi piace, ce l’ho nel sangue, forse perché siamo alla quarta generazione». Con l’unico rimpianto di sapere che questa volta non passerà il testimone in famiglia, perché la figlia e i nipoti si occupano di ben altro. Ma a restare quasi immutato è il ruolo del mediatore sul mercato risicolo, perché il mediatore ha la grande responsabilità di offrire alla riseria il risone giusto al giusto prezzo nel momento della richiesta per la lavorazione e di garantire all’azienda risicola una valutazione corretta per il frutto della fatica di un anno.  «Ci rechiamo dagli agricoltori per fare i campioni del prodotto – spiega Francesco Remus – valutiamo la resa alla lavorazione e ne stimiamo il possibile prezzo di vendita in quel momento. Se il prezzo è accettato da tutte e due le parti si raggiunge un accordo». (Novità sui fitofarmaci)

Non tutto è semplice

Tutto semplice, no? No. Perché le variabili sono infinite e riguardano il periodo dell’anno, la disponibilità di un determinato riso greggio in una determinata annata, i ritardi eventuali nei periodi di ritiro della merce, le eventuali differenze tra la stima del prodotto e le reali sue caratteristiche. Tutti aspetti in cui il mediatore è pesantemente tirato in ballo, come punto di unione tra gli attori del contratto, come garante del contratto. «Oggi come ieri il meccanismo è sempre lo stesso – commenta Remus – solo che oggi tutto è più veloce e certe regole del mondo agricolo non esistono più. Prima tutto era più complicato e più lento. Una vendita richiedeva magari settimane per comprendere i listini, oggi con internet si sa tutto subito». I mediatori arrivavano in bicicletta o sul calesse, oggi basta uno smartphone. Anche l’aspetto coreografico oggi è molto cambiato. Un tempo i mediatori usavano avere abbigliamenti o accorgimenti che li rendessero facilmente riconoscibili tra la folla dei mercati, come cappelli dalla foggia particolare, oppure un bastone dalla forma non usuale. Perché i mercati erano un appuntamento cui partecipavano centinaia di coltivatori, anche e soprattutto come occasione per socializzare, per scambiare impressioni e opinioni con colleghi che poi non si sarebbero più incontrati per almeno per una settimana. Oggi i mercati agricoli sono ben meno frequentati e anche la voglia di socializzare segue altre regole e altri canali. «Io frequento tre mercati la settimana – spiega ancora Francesco Remus – il lunedì sono a Novara, il martedì a Vercelli e il venerdì a Mortara. Prima andavo il mercoledì a Milano, ma oggi il mercato è al martedì pomeriggio e i tempi sono troppo stretti. Ma se è vero che certi tempi sono sempre uguali e che il ruolo del mediatore è sempre lo stesso, al contrario le cose sono molto cambiate per quanto riguarda le parti coinvolte». E Francesco Remus non nasconde qualche amarezza su quel piccolo universo che popola i mercati agricoli del riso, non solo in Lomellina, ma anche in Lomellina. Come dire che tutto è come prima, ma tutto è cambiato. «L’agricoltura in cui bastava una stretta di mano non esiste più – commenta Remus – oggi nessuno guarda in faccia a nessuno e l’unica regola è il profitto. Starei per dire che prima c’era più serietà e che la parola data aveva un valore che non si discuteva. Oggi si rincorre l’euro di differenza e non esiste quasi più il cliente, perché ogni cliente insegue un guadagno immediato. La mia impressione è che sarà sempre peggio e che le nuove generazioni si allontaneranno sempre di più da quell’agricoltura fatta di fiducia e strette di mano». Un andazzo che forse in risicoltura è meno diffuso che in altri comparti economici e produttivi, al di là dell’amarezza di chi ha vissuto un mondo agricolo inevitabilmente travolto dai tempi. Perché, in fondo, nessuno ancora oggi può immaginare una risicoltura senza mediatori e senza il valore di una stretta di mano che nessuna globalizzazione potrà mai sostituire. Autore: Giovanni Rossi

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