L’ultima fiammata del Carnaroli biologico – 95 euro al quintale – ha acceso le polveri della polemica tra i risicoltori, ma è chiaro che i nervi sono tesi e scoperti da tempo. Il mercato divide chi ha scommesso sui risi da esportazione e chi ha investito sul mercato interno. Scelte strutturali, spesso, rese necessarie dal terreno oltre che dal mercato, rispetto alle quali non si può parlare solo di fiuto. Ma è proprio vero che i prezzi decollano e tracollano? E soprattutto, poiché è in gioco la sopravvivenza della risicoltura qual è la tendenza generale che emerge osservando l’andamento parallelo dei prezzi e dei costi? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Sarasso dell’Associazione Laureati in Scienze Agrarie di Vercelli, la quale sta curando uno studio sui costi della risicoltura che, sotto l’egida della Camera di Commercio eusebiana, vedrà la luce ai primi di febbraio.
La sua risposta farà discutere: “Il prezzo è aumentato del 10% rispetto all’anno scorso”. Sarasso, ovviamente, precisa: “è la media di Trilussa”. La memoria corre ai versi del poeta romano: …seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perch’è c’è un antro che ne magna due… Il senso è chiaro: chi ha coltivato le varietà premiate dal mercato ha visto i prezzi crescere prepotentemente, un incremento che ha più che compensato sul piano generale la flessione dell’indica. Se però, al di là del chicco di Trilussa, si scava tra i conti delle aziende risicole si scopre che quest’anno, cioè in base al raccolto del 2013, la produzione lorda vendibile media 2013, data da un rendimento unitario di 6,56 t/ha per 335,45 €/t ammonta a 2200 €/ha, rispetto al 2012, quando la media produttiva era stimata in 6,86 t/ha e quindi, considerando il ricavo di allora 300,72 €/t si ottenevano 2062 €/ha.
Il bilancio dell’Associazione Laureati per il 2012 stimava costi ad ettaro compresi tra 2300 e 2800 €/ha, in funzione dell’estensione aziendale e delle strategie operative, il che comportava già allora uno sbilancio coperto dal contributo Pac. Non esistono ancora stime sui costi 2013 che sicuramente – dato il fabbisogno energetico dell’essiccazione, non sono calati. Questo il commento di Sarasso, infine, sul chicco di Trilussa: “la statistica non appaga chi nel 2013 ha scelto di investire tutta l’azienda con indica. Anche se avesse raccolto 7,5 t/ha, per 260 €/t, ricaverebbe 1950 €/ha. Molte aziende sopravvivono trascurando gli ammortamenti delle attrezzature, e sottopagando il capitale impiegato ed il lavoro dell’imprenditore. Ricordiamo che il bilancio dell’azienda risicola prevede spesso una spesa importante di affitto, pari a 650 €/ha, prezzo elevato, dovuto anche alla concorrenza dei digestori a biogas costruiti da imprenditori senza terra. Chi coltiva terra di proprietà è certamente avvantaggiato, ma subisce un ritorno estremamente modesto dal suo investimento fondiario”. (26.01.14)