Come abbiamo più volte sottolineato, i prezzi oggi sono remunerativi per quasi tutti i gruppi varietali, ad eccezione dei lunghi B, ma ciò vale solo per chi abbia ottenuto un discreto raccolto.
«PERDITA VICINA A 3000 QUINTALI»
Alcune aziende, soprattutto in provincia di Pavia, hanno subito danni ingentissimi, che difficilmente potranno essere risarciti economicamente, sia da enti terzi sia dal mercato. È il caso di Edoardo Merlo, risicoltore di Palestro, in provincia di Pavia a confine con il vercellese, che afferma: «La stagione appena passata è stata molto difficile, i danni per la mia azienda a raccolto terminato contano una perdita di produzione vicina ai 3000 q di risone, causata dalla mancanza totale d’acqua in alcune zone, e forti cali anche nelle rese, maggiori su alcune varietà. A questi numeri sul riso si aggiunge la quasi totale perdita delle superfici coltivate a mais».
«I COSTI AUMENTERANNO ANCORA»
«Escludendo la mia complessa situazione – prosegue il giovane risicoltore -, trovo che al momento i prezzi riescano a coprire l’aumento dei costi avuti nella campagna trascorsa. Costi che erano già stati in parte assorbiti negli ultimi mesi della scorsa finestra di mercato. Non è detto, però, che i livelli attuali riescano ad assorbire eventuali rincari della prossima campagna, probabili dal momento che sui prezzi continua ad agire una forte inflazione».
«La disponibilità del risone a livello nazionale di certo è molto inferiore rispetto alle stagioni passate. Questa perdita è dovuta da una parte a scelte agrarie lungimiranti da parte di alcune aziende, che capendo la crisi idrica che si prospettava hanno optato per colture (come la soia) che richiedono un dispendio idrico minore, e dall’altra la perdita totale del raccolto in molti areali, soprattutto qui in Lomellina. Carenza che potrà sicuramente far aumentare la domanda. Di conseguenza aumenterà il prezzo, dinamica in cui confido fortemente. Bisognerà però tenere sotto controllo anche l’aumento dei costi di trasformazione e di trasporto. Questi ultimi a mio avviso potrebbero incidere sui costi finali in modo elevato, bloccando i consumi».
UNO SGUARDO AGLI “INDICA”
«Il mercato degli “indica” ha sempre risentito molto dei mercati esteri – conclude Merlo -, ricordo che anni fa ebbe un crollo toccando anche i 22 €/q. In seguito, vi fu una contrazione della superficie investita e le riserie, se non ricordo male sempre attraverso un articolo di Riso Italiano, chiedevano agli agricoltori di investire superfici sia sui lunghi B che sui tondi, anch’essi a volte rimaneggiati da mercati poco premianti».
«Oggi però propongono una differenza così importante sui prezzi, in molti casi doppi, rischiando di riportarci ad un crollo nell’investimento. In ogni caso trovo che tra i 50 e i 60 €/q sia un prezzo giusto per i lunghi B ma penso che ci siano troppe variabili e le disponibilità vendibili sono ancora alte per capire quali saranno le sorti del comparto». Autore: Ezio Bosso.
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