Lui vi dirà che «una persona con una convinzione equivale ad una forza di novantanove altre con dei semplici interessi». La frase non è di Pier Marcalli, ma di Jonh Stuart Mill, il filosofo liberale che il preside dell’Istituto Agrario Bonfantini adora e cita spesso. Il professor Marcalli è un uomo dalle convinzioni ben radicate, non solo per quanto riguarda la storia dell’arte. Se chiacchieri un quarto d’ora con questo architetto che ha cavalcato mezzo secolo di sinistra novarese – è iscritto alla Cgil ma per gli è sempre mancato quel tot di disciplina per essere un vero comunista – ti rendi conto perché un architetto e un agricoltore difficilmente possano andare d’accordo. A prescindere da quel che Celentano pensa degli architetti.
Battute a parte, il punto è un altro. Politico, giuridico ed economico. Le critiche al “suo” Bonfantini (leggi l’articolo) l’hanno ferito. Prima le accuse giornalistiche, le fotografie e i commenti apparsi sulla Famiglia Nuaresa. Poi, la lettera del “suo” sindacato, con il quale non va sempre d’accordo, pubblicata da Risoitaliano.eu. Da buon liberale, s’incazza ma risponde, perché «Non si possono guarire i mali di cui soffre una società a meno di parlarne apertamente»: è sempre Mill a dirlo e i mali non sono le infestanti che crescono nelle risaie della scuola ma il pressappochismo con cui è stata rappresentata una transizione impegnativa verso l’ecologia e l’agricoltura biologica.
E’ questo l’oggetto dell’intervista, che spiega cosa stia succedendo al Bonfantini, con una preoccupazione che il preside ci esterna immediatamente, ricevendoci nell’ufficio di corso Risorgimento: la preoccupazione di chiarire che la società che lo affianca nella gestione dell’azienda agricola annessa alla scuola, e che ha sostituito i docenti di agraria in quest’impegno, svolge un’attività di consulenza e il suo compito è fornire linee guida e istruzioni che poi l’istituto attua attraverso il personale dipendente. Si questiona su cosa sia stato fatto e cosa no: «I consulenti hanno svolto il loro compito puntualmente – puntualizza il preside – ma le responsabilità di gestione sono interamente del sottoscritto, che ha ben presente l’equilibrio tra risorse e obiettivi». Un modo per tutelare i consulenti, che sono responsabili (come da contratto) del programma di lavoro e non della sua attuazione, ma anche per confermare che «la strategia scolastica non cambia».
Signor Preside, partiamo dal contratto della discordia. Perché ha deciso di affidarsi al privato per una consulenza che prima svolgevano i docenti?
Perché, contrariamente a quanto sostiene il rappresentante sindacale che vi ha scritto, quando sono arrivato – risponde il dirigente scolastico – ho trovato una situazione di deficit determinata da un “incidente di percorso” che ha imposto l’ammortamento di un debito importante, per alcuni anni. Concluso quel periodo, si sono tirate le somme e, come accade quando si sbaglia, mi è parsa necessaria una revisione del progetto. Così, ho tracciato un piano strategico, che comportava delle scelte educative e imprenditoriali ben precise, nella direzione di una conversione dell’azienda agricola al biologico e alla multifunzionalità, e l’ho sottoposto al consiglio d’istituto. Quindi ho chiesto ai docenti chi volesse occuparsene e si è fatto il vuoto. Letteralmente. A quel punto, ho invitato gli agronomi novaresi e una ditta si è aggiudicata il contratto.
La scuola ci perde o ci guadagna?
Conti alla mano, il contratto riconosce alla società privata un importo che è allineato con il valore di mercato. Il gettone erogato a chi si occupava di questa azienda negli anni scorsi è 5 volte tanto.
Si parla di risaie popolate da ogni genere d’infestanti e di una banca semi preoccupante. Cosa risponde?
Che stiamo sperimentando metodi biologici e che l’inerbimento degli argini rientra nella procedura che ci consentirà di far entrare nelle casse scolastiche i fondi del PSR. Le critiche su questo punto mi paiono strumentali, cioè si può essere contrari alle nostre idee ma tacciarle di mala gestione è davvero troppo!
Il sindacato sostiene che l’azienda agricola non fa più utili. E’ così?
A quanto risulta dai bilanci, nella gestione precedente alla mia ci sono stati 3 anni in attivo e 7 in passivo, nella mia 4 in attivo, malgrado il debito che abbiamo dovuto pagare e non perché il preside avesse deciso di convertire l’azienda agricola a metodi naturali di coltivazione.
Forse l’accusa più bruciante per un professore è quella di non poter usare la struttura agricola per la didattica. Ci spieghi cosa succede veramente.
E’ stato pubblicato un elenco di materie che sarebbero disattese, ma è stato copiato da internet, perché nessuna – dico nessuna – di quelle materie è citata correttamente. A prescindere dalla scarsa competenza scolastica di chi ci critica, la didattica in campo si fa ed è importante, ma non è tutto, perché c’è la parte teorica e il lavoro in serra e in laboratorio, oltre che l’alternanza scuola-lavoro in cui credo moltissimo.
Preside, perché la criticano?
Perché cerco di smontare il gomitolo del sindacato che pretende di decidere chi lavora, cosa deve fare e poi anche di pagarlo con i soldi pubblici, comportandosi da padrone dentro la scuola.