A Bologna nell’ambito del salone SANA, è stato presentato il rapporto FEDERBIO “Cambia la terra 2018 – Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre che il Pianeta)“, sviluppato con contributi specifici di WWF, LIPU, ISPRA, ISDE e Legambiente e disponibile qui: la Fidaf (Federazione italiana dei dottori in agraria e forestali) contesto «il largo spazio che i media hanno riservato a tale rapporto» e pubblica un contro-rapporto accusando i fautori del bio di trascurare «totalmente gli enormi meriti in termini di sicurezza alimentare» dell’agricoltura convenzionale: «il 90% della popolazione mondiale è oggi al di sopra della soglia di sicurezza alimentare contro il 63% del 1971 e il 50% del 1945 (FAO, rapporti vari) e a ciò dobbiamo aggiungere che la vita media a livello globale supera oggi i 70 anni (UN, 2017) e che si è al contempo registrato un crollo della mortalità neonatale passata dai 140 morti per ogni 1000 nati vivi del 1950 ai 40 odierni (FAO, 2018); a ciò si aggiunga che le 4 grandi commodities che nutrono il mondo garantendo quasi il 70% del fabbisogno calorico dell’umanità (frumento, mais, riso e soia) manifestano lusinghieri incrementi di resa annui del 2-4% (FAO, 2018; USDA, 2018). Il rapporto “Cambia la terra 2018” è invece costantemente dominato da un fervore palingenetico che lo porta a trascurare totalmente i pesanti limiti insiti nella tecnologia del biologico e a proporlo come asse portante dell’agricoltura globale del futuro, con ciò demonizzando le forme più evolute di agricoltura oggi disponibili (agricoltura conservativa, agricoltura integrata)».
Il controrapporto Fidaf evidenzia che:
«- l’agricoltura bio è pesantemente sovvenzionata e i livelli delle sovvenzioni pubbliche sono in continuo aumento
– l’agricoltura bio è insostenibile per la produttività scarsissima e i costi elevatissimi per il consumatore
– l’agricoltura bio non aiuta in alcun modo a combattere il cambiamento climatico e anzi una sua adozione generalizzata lo accentuerebbe in modo vistoso
– l’agricoltura bio fa largo ricorso a “pesticidi”, privilegiando prodotti “vecchi” e tutt’altro che innocui per la salute umana e per l’ecosistema.
– l’agricoltura bio non fornisce al consumatore un prodotto di qualità accertata, verificata e garantita, ma gli fa pagare un processo produttivo sottoposto a un sistema di controllo sulla cui efficienza è lecito nutrire qualche dubbio, perlomeno fintanto che sarà affidato ad organismi privati pagati dagli stessi soggetti controllati…»