L’associazione delle industrie risiere (AIRI) ha diffuso una nota preoccupatissima sui rischi della filiera. Si parte dal tema delle importazioni: «L’industria italiana, leader in Europa, guarda con preoccupazione – si legge – al fenomeno delle importazioni di riso confezionato dall’estero, più che raddoppiate negli ultimi sette anni giungendo a rappresentare oggi il 25% del totale importato nell’UE: si tratta di quattrocentomila tonnellate di prodotto coltivato, lavorato e confezionato in paesi terzi, che arriva nell’UE pronto per essere venduto al consumatore finale, fidelizzando il distributore e bypassando agricoltura e industria comunitaria. AIRI è in prima linea per denunciare l’entità della problematica, ricordando che i costi di confezionamento e associati al lavoro, alla sostenibilità, alla sicurezza alimentare sono più alti in Europa rispetto ai paesi terzi. Quest’ultimi sono in una posizione di vantaggio: parallelamente, riso sfuso e riso confezionato sono soggetti al medesimo dazio in Europa, non riconoscendosi il valore aggiunto del confezionamento».
I REGIMI AGEVOLATI
«Un quantitativo rilevante di prodotto confezionato viene inoltre importato a dazio zero nell’ambito dei regimi agevolati previsti da Bruxelles. Come conseguenza di ciò, l’industria risiera europea rischia di ridimensionarsi, con serie ripercussioni sulla sicurezza alimentare e autosufficienza; parimenti, la produzione interna nel tempo rischia di ridursi per la forte competitività del prodotto in questione e per il ridimensionamento dell’industria». Gli altri problemi sul tappeto, di cui parleremo in questi giorni, sono la salubrità, la qualità e le TEA».
(Nella foto, il presidente Airi Mario Francese).
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