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I SEGRETI DEL BUON SOVESCIO

da | 8 Apr 2018 | Tecnica

Per ottenere buoni risultati con il sovescio la scelta delle essenze è fondamentale e va fatta anche in virtù delle necessità pedologiche del terreno e di quelle agronomiche dell’azienda: bisogna scegliere cioè una coltura che abbia massima adattabilità all’ambiente risaia, che abbia un ciclo adatto alle esigenze ed una buona produzione di massa vegetativa. Questo è il messaggio lanciato da Gianluca Bertone (foto piccola), tecnico dell’Ente Nazionale Risi, in occasione del convegno del 27 marzo presso l’azienda agricola Saviolo Giovanni – Tenuta Castellone in Olcenengo (Vercelli), una giornata dimostrativa sulle cover crop organizzata da Confagricoltura Vercelli e Biella.

Durante l’incontro Bertone ha fornito le direttive per effettuare un buon sovescio, facendo innanzi tutto una distinzione tra il termine cover crop, che intende una coltura qualunque che occupi il terreno nei periodi di riposo, e sovescio, che è invece una coltura destinata all’interramento.  Nel sovescio, le essenze più usate sono fabacee, come trifoglio e veccia, graminacee, come loietto e triticale, e brassicacee (previste solo dal disciplinare PSR piemontese), come colza e ravizzone. Riguardo alle prime esse sono da prediligere in terreni con bassi contenuti da azoto poiché, oltre a fornire biomassa, fissano, rendendo disponibile, notevoli quantità di azoto grazie al meccanismo di azotofissazione.

Nei nostri areali climatici inoltre la scelta si riduce a trifoglio incarnato e veccia villosa o ungherese, queste ultime da preferire per la maggior brevità di ciclo, infatti le cover crop sono interrabili dal 15 di marzo in Piemonte e del 1 di marzo in Lombardia, ma Bertone consiglia: «più il risicoltore riesce ad aspettare meglio è, poiché permette la formazione di una massa verde maggiore. L’ideale sarebbe arrivare alla fioritura o comunque il più vicino possibile». In questa fase fenologica le cultivar, infatti,  hanno raggiunto il massimo della crescita vegetativa ed hanno quindi il massimo apporto di biomassa. Le vecce presentano alcune difficoltà nell’interramento, essendo rampicanti, superabili utilizzando un erpice a dischi. Le graminacee vengono utilizzate per la facilità di degradazione della biomassa e per la grande adattabilità, la modalità migliore prevede un miscuglio con le leguminose, cosi come le brassicacee, che sono molto utili a favorire l’areazione di terreni compatti grazie alla radice fittonante.

La semina deve essere effettuata dopo un’ottimale disposizione delle paglie (gli accumuli sono nocivi) e può essere eseguita a spaglio, richiede minor impegno e nessuna lavorazione preliminare ma non consente una crescita uniforme della cover crop, o a file interrate, richiede più impegno e lavorazioni ma fornisce un prodotto migliore e una resa uguale in ogni punto. Esiste anche una soluzione intermedia ottenuta applicando un distributore del seme sul macchinario usato per la lavorazione. La semina di un miscuglio va eseguita in più fasi se le differenze di peso tra le essenze che si è deciso di usare sono notevoli. Il periodo ottimale di esecuzione va dal 10 al 31 di ottobre, legando, nell’areale piemontese, la data al rispetto della direttiva 10.1.3 del PSR che fissa a 40 giorni dopo la raccolta del riso il limite massimo. L’unica lavorazione richiesta dall’erbaio successivamente alla semina consiste nell’organizzare l’appezzamento in modo da ridurre al minimo il ristagno idrico, vero fattore limitante per il sovescio in risaia.

I macchinari adatti alla terminazione della cover crop possono essere sia aratri, che permettono una mineralizzazione migliore eseguendo un lavoro più completo e a profondità maggiore, sia erpici da minima lavorazione, da scegliere in caso di condizioni climatiche avverse (molta pioggia), rendendo possibile la semina con un numero decisamente minore di lavorazioni e ottimizzando di molto le tempistiche e l’efficienza sia del sovescio che della semina successiva. La tecnica di semina del riso da prediligere è l’interramento, infatti come ci dice Bertone «allagando la risaia si innescano i meccanismi di fermentazione che possono essere dannosi e si da meno tempo alla mineralizzazione della sostanza organica che rimane quindi indisponibile per la coltura successiva» quindi interrando si può posticipare l’allagamento di alcune settimane. 

Gli studi effettuati negli anni hanno evidenziato come il sovescio fornisca effetti positivi soprattutto in terreni poveri di sostanza organica, con un rapporto C/N inferiore a 11 e con una tessitura maggiormente sabbiosa. Per questi motivi la tecnica è da effettuare conoscendo le proprietà del terreno in modo da poter effettuare le scelte migliori sviluppando un modello colturale che fornisce vantaggi generali a tutti i tipi di terreno, andando a migliorare le caratteristiche nel breve e nel lungo termine, sostituendo alcune concimazioni senza richiedere un investimento eccessivo, infatti va ad integrare lavorazioni che sarebbero fatte comunque aggiungendo l’investimento per la semente che rappresenta una spesa bassa nel settore (quantità di leguminosa 50 kg/ha sia da sola che in miscuglio con 60 kg/ha di graminacea o 25-30 kg/ha di crucifera).

La tecnica è molto efficace anche in agricoltura biologica dove differisce per il periodo e le modalità di terminazione e per lo sfruttamento delle fermentazioni per il controllo delle infestanti. La biomassa che se ne sviluppa viene trinciata o allettata a maggio senza essere sovesciata, subito prima o appena dopo la semina del riso che avviene in asciutta a spaglio. Segue subito una sommersione di circa 5-7 giorni. La fermentazione della biomassa che ne consegue crea un ambiente sfavorevole alla germinazione delle infestanti con la liberazione di composti tossici per queste ultime.

Rosalia Caimo Duc, agricoltrice biologica ormai da più di dieci anni nella sua azienda “Terre di Lomellina”, impegnata nel progetto Risobiosystem, ci offre questa sua testimonianza: «In agricoltura biologica, quella delle cover crop è una tecnica che fornisce innumerevoli vantaggi rispetto ai modelli colturali testati nell’ambito del progetto, infatti si presenta come il più resiliente alle variazioni climatiche e, soprattutto, il più competitivo economicamente permettendo un basso apporto di lavorazioni e fornendo ottimi risultati produttivi, oltre che per la fertilizzazione, per il controllo delle infestanti grazie ad allelopatie e fermentazioni». Come sottolineato da Bertone, del resto, la fermentazione nuoce anche ai semi del riso, sebbene in misura minore rispetto alle infestanti rappresentando, insieme al complesso meccanismo di allelopatie che si istaura grazie ad essenze come il loietto, un’ottima tecnica biologica di controllo delle infestanti. (Foto: sovescio di segale e veccia). Autore: Ezio Bosso

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