I maligni dicono che se ne sono andati perché frustrati dai vincoli che il settore pubblico impone alla ricerca. A noi piace pensare che abbiano lasciato il Centro ricerche sul riso di Castello d’Agogna come fanno i pulcini allorché imparano a volare. E bisogna dire che volano alti, i nostri ragazzi della via Pal. O, meglio, della via per Ceretto, perché è lì, in mezzo alla risaia lomellina, che sorge il centro di ricerche più importante d’Europa. Ce l’ha messo Renzo Franzo quand’era presidente dell’Ente Risi (oggi il bersagliere Franzo ha 100 anni!) ed è ancora il fiore all’occhiello della risicoltura nostrana. Conserva la banca del germoplasma e alleva ricercatori che spesso prendono il volo. L’ultimo, solo in ordine di tempo, è Cristian Mancuso (foto piccola), ricercatore del settore difesa della coltura, nello specifico si occupava di infestanti e coordinava la sperimentazione erbicida del CRR: andrà alla Gowan ad occuparsi di prodotti fitosanitari e nutrizionali per la coltura riso, e non solo. Non è il primo a lasciarsi alle spalle l’Ente Risi in giovane età. Restando agli ultimi vent’anni, è la sorte toccata infatti a Massimo Biloni, giovane e scalpitante breeder, che, stufo di passare le sue giornate sui registri varietali è entrato alla Sapise e in brevissimo tempo – la classe non è acqua – ne è diventato il direttore, sviluppando, accanto all’esperienza scientifica anche un certo gusto per il marketing. Il Venere è il suo fiore all’occhiello.
Lo ha seguito a ruota quello che all’epoca era il suo “gemello” e cioè Maurizio Tabacchi: uno si occupava di breeding, l’altro di agronomia. Tabacchi lavorava sulle infestanti ed in un certo senso lui è il “papà” del riso Libero, poiché collaborò a quella sperimentazione per l’Ente Risi con l’obiettivo di sconfiggere il riso crodo. Fu sicuramente il suo progetto di maggior successo: Libero è stato il primo di una fortunata progenie di sementi selezionate con la tecnologia Clearfield che oggi vanno per la maggiore in risicoltura. A sorpresa, però, Tabacchi non è entrato in Basf: ha scelto la libera professione e poi si è messo in proprio. Valoryza è una sua creatura, a dimostrazione che i ricercatori del Terzo Millennio sono anche manager e, all’occorrenza, imprenditori.
Senza tanto clamore, altri “ragazzini” si sono dati da fare: Cesare Cenghialta oggi è crop manager in Dupont e Dario Manuello, che coordinava la sperimentazione sugli erbicidi, ha l’incarico di Field Crop Expert Cereali e Riso in Syngenta. Adesso tocca a Mancuso, anche lui agronomo e con una forte passione per il mondo risicolo, come altri giovani tecnici che lo hanno preceduto.
La cifra che caratterizza questi ricercatori è quella di aver scelto di restare in Italia e di aver trovato riso per i loro denti nel nostro Paese. Ma allora perché li abbiamo ribattezzati i ragazzi della via Paal? Perché come nel romanzo di Molnar l’adolescenza (scientifica, nel nostro caso) è un periodo tutt’altro che marginale, ma un percorso che lascia un segno profondo, a tratti doloroso, certamente formativo, sulle personalità di questi giovani che, malgrado la crisi, hanno scelto di continuare a lavorare e lottare qui, calpestando la risaia dei Piacco e dei Tinarelli. Pronti a scrivere nuove pagine in un settore che non è stanco di essere leader in Europa e un po’ – scientificamente parlando – anche nel mondo. (Nella foto grande, il laboratorio del centro ricerche e la copertina del romanzo di Molnar) (01.04.15)