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I COMMENTI AL PIANO DEL GOVERNO PER IL RISO

da | 13 Apr 2017 | NEWS

La decisione del Ministro Martina di affrontare la crisi del riso con etichettatura obbligatoria, polizze ricavi, promozione e lotta alle importazioni a dazio zero ha provocato numerosi commenti. Il primo è della Cia e non è del tutto positivo. «Le problematiche connesse al mercato e alla commercializzazione del riso italiano non si superano con interventi precipitosi e spot, che sembrano di propaganda – recita una nota dell’organizzazione agricola -. Piuttosto occorrono politiche di lungo respiro e interventi ponderati come una campagna promozionale sul “riso italiano”, una buona legge sul commercio interno, misure ad hoc sulle importazioni selvagge e maggiore attenzione nelle concessioni tra le aree di libero scambio per un prodotto considerato sensibile dalla stessa Commissione europea. Così la Cia-Agricoltori Italiani sulla situazione di crisi del comparto risicolo nazionale. In merito al tema dell’etichettatura -prosegue la Cia- riteniamo giusto avviare il percorso per approdare a un sistema chiaro, evitando soluzioni pasticciate che non portano benefici a produttori e consumatori. In particolari periodi di crisi del prodotto interno, sarebbe necessario regolarizzare meglio le dinamiche dell’import, prevedendo anche misure come il blocco momentaneo delle importazioni di riso dall’Asia. Il comparto del riso in Italia, con quasi 250 mila ettari coltivati, un fatturato complessivo che si aggira sui 2 miliardi di euro per oltre 4.000 imprese coinvolte -conclude la Cia- merita una politica di lungo respiro, che garantisca sviluppo e sostenibilità».

Soddisfazione invece tra le fila della Coldiretti, che ha strappato l’etichettatura obbligatoria per il riso e considerava questo passaggio decisivo per la sopravvivenza del settore. Lo conferma una nota della federazione pavese che ricorda come «oltre 250 agricoltori e risicoltori pavesi hanno lasciato le risaie e i campi per protestare a Roma contro il crollo delle quotazioni, l’import di riso dall’estero e la mancanza di un’etichetta d’origine che informi i consumatori su quello che stanno comprando. “Così non possiamo andare avanti – ha detto Stefano Ogliari, 31 anni, che coltiva 120 ettari a Certosa di Pavia – tre chili di riso non ci bastano neppure per un caffè, mentre le importazioni continuano ad aumentare. Fra Thailandia e Vietnam ormai ci cade addosso roba da qualsiasi parte”. Mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016 – spiega Coldiretti – da Oriente proviene quasi la metà delle importazioni, che hanno raggiunto il record storico di 244 milioni di chili. Grandi quantità sono arrivate anche da India (34 milioni di chili), Pakistan (25 milioni di chili) e Cambogia (17 milioni di chili). “In pratica – spiega Wilma Pirola, Presidente di Coldiretti Pavia – un pacco di riso su quattro è straniero, ma visto che manca l’etichetta d’origine nessuno lo sa. E poi serve un’azione decisa da parte dell’Unione europea. Crediamo che sia il momento di attivare la clausola di salvaguardia per il ripristino dei dazi. La situazione dei risicoltori sta diventando insostenibile”».

In Piemonte, dove è stato deliberato un ordine del giorno all’unanimità per richiedere lo Stato di Crisi del settore risicolo – «affinché siano regolamentate le importazioni degli EBA, fissando un dazio ridotto e ponendo dei limiti quantitativi e qualitativi; sia presentata la proposta di modifica del Regolamento relativamente alla clausola di Salvaguardia; sia introdotta l’Etichettatura Obbligatoria in cui sia indicato non il luogo di produzione bensì il luogo di coltivazione della materia prima» – il consigliere di Forza Italia Diego Sozzani afferma che «Martina sta prendendo il problema per la coda», riferendosi all’importanza attribuita al tema dell’etichettatura. L’assessore piemontese all’agricoltura, Giorgio Ferrero, tuttavia, ricorda che l’etichettatura è «lo strumento principale e necessario  per valorizzare sul mercato il riso piemontese che, ricordiamo,  con circa 8 milioni di quintali di produzione annua, rappresenta oltre il 50% della produzione nazionale». «All’etichetta di origine – avverte l’assessore all’agricoltura del Veneto Giuseppe Pan – si devono affiancare anche controlli più rigorosi sulla qualità di quanto importiamo dai paesi extraUe, dove si impiegano prodotti fitosanitari che la nostra legislazione ha messo al bando da tempo, e dove è sistematico il ricorso allo sfruttamento della manodopera, anche minorile».

«Il tavolo della filiera ha individuato le prime risposte per fronteggiare la drammatica crisi della risicoltura italiana però il mercato non può aspettare, occorre fare presto. Apprezziamo lo sforzo del ministro Martina di intervenire a Bruxelles per limitare le importazioni, riattivando il dossier della clausola di salvaguardia, ipotizzando contingenti, promettendo controlli sulla reciprocità. Attendiamo gli esiti, concreti di questa azione utile e positiva, vista l’urgenza di frenare l’escalation delle importazioni nell’Unione Europea. Nel frattempo bisogna varare misure nazionali finalizzate all’immediata redditività delle aziende, oltre che ad incentivare i consumi» ha sottolineato invece Confagricoltura. Secondo l’organizzazione agricola  va previsto un provvedimento comunitario che introduca l’obbligo, a livello europeo, di indicazione di origine, sul modello dell’olio d’oliva: evidentemente, il giudizio di Confagricoltura sull’etichettatura decretata da Martina è parzialmente negativo.

 

PAGANINI SOTTO L’ALBERO

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