«Mi chiamo Agostino Bobba, Compio 86 anni il 9 dicembre prossimo…» Esordisce così, scendendo con passo sicuro dalla mietitrebbia. Ha l’aria di uno che non vuol perdere tempo. Si sa, il raccolto è in ritardo… Dunque lo abbiamo raggiunto in campo, per farci raccontare la campagna risicola dal decano del raccolto: «Sono del 1930 – ci dice – e la mia è una famiglia di agricoltori da sempre; ho iniziato fin da piccolo a seguire mio padre e gli zii nei lavori di campagna, e quindi ad appasionarmi all’agricoltura, ed in modo particolare alla risicoltura». Già, perché, come molti suoi colleghi, l’Agostino non ha coltivato solo riso. «Prima avevamo un allevamento di bovine da latte ma alla fine degli anni’ 70 ho cambiato l’indirizzo colturale dell’azienda, coltivando i miei 100 ettari interamente a riso». Allevamento o cerealicoltura, sottolinea, «le mie passioni sono sempre state il contatto con la terra, il lavoro in campagna, sui trattori, il governo delle acque, ma anche il lavoro manuale con il badile: oggi i giovani non lo sanno e non lo vogliono più usare! Certo i tempi sono cambiati, la tecnologia, i computer, l’agricoltura di precisione…»
Si capisce che legge molto e si tiene informato, ma di lavorare con il Gps neanche a parlarne: «Guardi, la memoria mi tradirebbe e non sarei più in grado di ricordarmi quali tasti giusti toccare, farei disastri.
Ecco sì, devo ammettere che su questo punto sono un pò invidioso delle nuove generazioni; loro possono godere di mezzi che allegeriscono di molto la fatica fisica, senza contare che sono un pochino più giovani di me!»
L’azienda la porta avanti ancora lui, insieme alla figlia Natalia, imprenditrice risicola molto nota e presidente dell’Associazione Donne e Riso, e in questo momento lavora con una mietitrebbia che definisce «vecchia nell’estetica ma sempre funzionale, e comunque va benissimo e non me la porta via nessuno!» Così come il momento magico del raccolto, visto che, come dice lui, «la trebbiatura del riso è mia!» Si capisce al volo che, vecchia o no, lui manovra la mietitrebbia con la consumata esperienza di generazioni di risicoltori. Del resto non gli serve il satellitare, perché «dall’alto, la visuale del raccolto si vede meglio, e con l’avanzamento, quando l’aspo convoglia i culmi all’interno, si percepisce “lo spessore” e quindi la presenza più o meno elevata di piante e di pannocchie; e poi in base alle andane ed alle volte che il cicalino del cassone pieno suona, si ha quasi un riscontro diretto di come si è lavorato, e di che tipo di raccolto sarà…» Già, Agostino, che raccolto sarà quello di quest’anno? «Parlo per me – ci risponde – e fin dai primi “giri” ho notato che le pannocchie erano belle, piene, l’investimento fitto. Quando, poi, mia figlia che segue l’essiccatoio, in base ai cicli di essiccazione, ai volumi del risone ed alle rese alla lavorazione molto alte, ha confermato ciò che si vedeva già in campagna e che io dalla trebbia avevo notato ho capito che…» Che sarà un ottimo raccolto? «Che l’occhio è ancora buono! Nonostante le mie primavere!»