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HACCP: PERICOLI CHIMICI E BIOLOGICI

da | 3 Nov 2019 | NEWS

Baldo

Proseguiamo l’analisi dei rischi presenti in azienda per la redazione del Manuale di Corretta Prassi Igienica. Durante la verifica degli stessi, vengono richiamate a diverso titolo le prescrizioni di legge già esistenti ma necessarie  alla definizione della problematica con maggiore consapevolezza. Tali indicazioni sono fondamentali nella adozione delle “buone norme di comportamento” e richiamate dal manuale stesso; risulta quindi fondamentale che le tecniche agronomiche utilizzate siano conformi alla normativa stessa. Anche in questo caso, vengono richiamate o trascritte le prescrizioni indicate nel Manuale di Corretta Prassi Igienica per le Imprese Agricole redatto dalla C.I.A. e valutato conforme dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e successivamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 213 del 11 settembre 2008.

Fattori di rischio chimico

L’ambiente in cui opera e vive l’agricoltore è soggetto a contaminazioni, spesso involontarie, causate da sostanze chimiche di diversa natura ed in grado di compromettere la qualità igienico sanitaria degli alimenti prodotti in azienda. Appare quindi fondamentale adottare una corretta prassi in grado di ridurre la presenza di residui chimici entro i limiti stabiliti dalla Comunità Europea per la tutela della salute pubblica.

Diossine

Ricadono nelle cause di rischio gli impianti di incenerimento dei rifiuti (tra l’altro anche portatori di metalli pesanti come cadmio, piombo, arsenico, cromo, mercurio, ecc), impianti per combustione di pneumatici, le attività industriali in cui vengono utilizzati principi chimici durante il processo produttivo nonché la produzione e/o l’uso del PVC e dei composti clorurati aromatici.

Per propria natura, il terreno è soggetto alla contaminazione a seguito della deposizione atmosferica da diossine. A questo riguardo l’azienda agricola ben poco può fare, mentre è importante l’azione di prevenzione, monitoraggio e pronto intervento da parte dell’Autorità Pubblica.  Occorre inoltre controllare eventuali concentrazioni di fumi negli impianti (ove presenti), le quantità totali emesse e gli accumuli nell’ambiente di queste sostanze estremamente pericolose.

Riportiamo, in ogni caso, alcune indicazioni per limitare la contaminazione da diossine:

• qualora si debbano accendere dei fuochi, per esempio nelle “pire per la bonifica dei terreni”, è necessario usare solo fasciame di campo, escludendo materiali plastici,  legni verniciati;

• per quanto possibile nei generatori di calore a fiamma libera, usati per esempio nell’essiccazione e nella tostatura, sono preferibili quelli alimentati a metano o GPL, piuttosto che a gasolio o olio combustibile;

• un’altra precauzione possibile è l’acquisto di materie prime da zone non sensibili alla diossina e non interessate in passato da fenomeni conclamati di contaminazione.

Micotossine

Problema emergente generato da muffe la cui possibile contaminazione è un problema che soltanto oggi, grazie ai controlli sempre più rigorosi ed alla precisione degli strumenti di analisi, è possibile evidenziare e mettere sotto controllo per ridurre i rischi per la salute dei consumatori.

Le micotossine sono prodotte dal metabolismo secondario di alcune specie fungine a seguito di stress ambientali cui la pianta è stata sottoposta oltre all’attacco da insetti in campo.

I prodotti maggiormente a rischio sono i cereali la cui contaminazione “diretta” può anche verificarsi nelle fasi di immagazzinamento.

Attualmente sono note più di 300 micotossine; sinteticamente le più importanti sono:

Aflatossine (AF)

Ocratossina A (OA)

Zearalenone (ZEA)

Fumonisine (F)

Tossina T-2 e HT-2 (fusarium-tossine)

Le micotossine sono invisibili e possono restare nell’alimento a lungo dopo la morte della muffa. Il danno è cumulativo, pertanto piccole dosi assunte per periodi di tempo prolungati possono essere altrettanto devastanti di una singola dose elevata.

Decontaminazione

Le strategie di decontaminazione degli alimenti sono riconducibili a:

• metodologie di natura fisica come la pulizia e il lavaggio (ove possibile), la separazione dei semi contaminati da quelli sani e il trattamento con calore.

• utilizzo di “sequestranti” (es. Zeoliti o simili) presenti in diversi prodotti commerciali.

• la segregazione da altri prodotti che, con maggiore probabilità, possono essere contaminati (come granella di mais, semi oleosi) .

Molto si può invece fare con la prevenzione adottando misure tali da impedire la crescita delle muffe e la formazione delle tossine. In campo è opportuno praticare appropriate tecniche agronomiche, che includono:

◦ la rotazione delle colture;

◦ un profondo interramento delle stoppie;

◦ la corretta scelta del tipo di ibrido da seminare ed eventualmente spostare l’epoca di semina;

◦ misure atte a minimizzare l’attacco di insetti (trasportano le spore fungine e ne favoriscono l’insediamento sulle spighe);

◦ trattamento fungicida ove consentito.

Attenzione alla raccolta e allo stoccaggio

La raccolta è una delle fasi più critiche; per questo è opportuno:

◦ procedere al raccolto quando risulta adeguato il tenore di umidità delle piante ◦ per quanto possibile evitare la raccolta nelle ore più calde, perché temperature elevate in campo favoriscono la formazione di queste tossine;

◦ occorre evitare di causare danni meccanici alle granaglie ed il contatto con il suolo durante le operazioni di raccolta e le successive fasi di movimentazione della partita, perché le cariossidi integre resistono meglio all’insediamento dei funghi (vedi requisiti dei locali e dei magazzini).

La trebbiatura ottimale si  realizza con le mietitrebbiatrici a flusso assiale, che riducono notevolmente le lesioni alle cariossidi. Operando con macchine di tipo tradizionale si possono ugualmente ottenere buoni risultati a condizione che la macchina sia ben regolata e che si mantenga una bassa velocità sia del battitore sia dell’avanzamento sul campo.

Si raccomanda di  eseguire la pulizia dei mezzi di trasporto al fine di eliminare eventuale materiale contaminato. È opportuno, pertanto, prevedere iniziative atte a migliorare l’informazione sull’importanza della consegna di partite di granella al giusto grado di umidità e sul corretto uso dei macchinari di raccolta per prevenire il fenomeno della rottura delle cariossidi.

Dopo il raccolto, la rapida essiccazione del prodotto fino ad umidità commerciale costituisce un passaggio fondamentale. Al momento del ricevimento del prodotto è opportuno verificare l’integrità delle cariossidi, oltre a separare il prodotto sano da quello probabilmente contaminato.

Il trattamento di pulitura, effettuato in fase di caricamento dell’essiccatoio, svolge un’importante azione preventiva a seguito dell’allontanamento di polvere e di granella facilmente alterabile (chicchi spezzati) e della riduzione del contenuto di micotossine presenti nei chicchi ammuffiti o danneggiati dall’attività degli insetti. Per tale motivo, questa operazione è consigliata anche durante ogni movimentazione del prodotto dai silos di stoccaggio ed al momento del carico degli automezzi.

Gli scarichi di pulitura e vagliatura vanno rapidamente allontanati dal luogo in cui si conserva il cereale e vanno opportunamente segregati.

Essiccazione  – I cereali dovranno essere essiccati  in  modo  che  il  tasso  di  umidità  sia inferiore a quello che favorisce la formazione di muffe durante la conservazione (in genere ad un tasso di umidità inferiore al 13-14%). È molto importante effettuare l’essiccazione entro 24 ore dal ricevimento del prodotto.

Si raccomanda anche una attenta manutenzione dell’impianto di essiccazione.

Conservazione: per prodotti conservati in sacchi, occorre assicurarsi che questi ultimi siano puliti, asciutti ed accatastati su pallet oppure, almeno su un film plastico o di altro materiale impermeabile  all’acqua.

È opportuno che il tasso di umidità e la temperatura dei cereali siano controllati regolarmente durante il magazzinaggio. Ove possibile, le granaglie vanno aerate facendo circolare l’aria nel deposito per mantenere una temperatura adatta e uniforme.

La formazione di odori sgradevoli può significare che le granaglie si stanno scaldando troppo, soprattutto se immagazzinate in luogo chiuso. Anche l’innalzamento della temperatura del prodotto può  indicare  una proliferazione microbica e/o un’infestazione da organismi nocivi.

Le parti visibilmente infette dei cereali vanno separate (e, se del caso, vanno prelevati campioni da inviare all’analisi). In seguito, occorre abbassare la temperatura dei cereali restanti e arieggiarli (se possibile ricorrendo alla ventilazione forzata, oppure almeno movimentando la massa stoccata).

Nella conservazione presso i centri di raccolta e stoccaggio è necessario procedere all’analisi micotossine. Lo stoccatore decide l’entità del lotto da controllare e il numero di analisi da effettuare, in base alle risultanze dei controlli precedenti ed alla verifica visiva del prodotto.

È opportuno praticare un costante controllo della presenza di insetti e della formazione di funghi nei depositi. Se necessario, è doveroso ricorrere ad appropriati insetticidi e fungicidi autorizzati o altre metodiche idonee. Occorre orientarsi solo su prodotti chimici che non pregiudicano la destinazione finale dei cereali e non ne danneggiano la qualità.

Nel caso di conservazione mediante insilamento, garantire assenza assoluta di cadaveri (topi, uccelli, ecc.) ed eliminare  tutte  le  parti  del  prodotto  che presentano deterioramento aerobico perché proprio lì è più probabile la presenza di elevate concentrazioni di micotossine.

Farmaci veterinari

Può esserci contaminazione anche attraverso residui di prodotti di vario tipo somministrati agli animali in modo non idoneo.

Fertilizzanti

L’eccesso di fertilizzazione o la pratica non idonea può comportare residui negli alimenti oltre i limiti di legge (per esempio i nitrati in talune ortive o varie sostanze in culture forzate, semi forzate o idroponiche).

Detergenti e disinfettanti

Le operazioni di pulizia condotte in modo non accorto possono determinare contaminazioni da residui per contatto con le attrezzature, mangiatoie, contenitori, mezzi di trasporto.

Il primo passo nella lotta ai patogeni non può che essere l’igiene dei locali, degli impianti e delle attrezzature senza dimenticare l’igiene del personale.

La pulizia e la sanificazione dei locali e delle attrezzature sono azioni assolutamente necessarie ma se non sono ben eseguite possono risultare inefficaci e/o lasciare residui di prodotto (residui chimici) che possono contaminare anche le sostanze alimentari.

Normalmente in una azienda agricola si procede alla pulizia dei capannoni, dei box degli animali, e periodicamente, ove necessario, alla loro sanificazione. La sanificazione consiste in trattamenti di natura fisica e chimica effettuati affinché gli ambienti, i pavimenti e le attrezzature  risultino privi di sporco visibile, privi di residui degli stessi prodotti utilizzati nella pulizia e con un tasso di microrganismi ridotto.

La disinfezione comporta la riduzione dei contaminanti (generalmente batteri) a un livello considerato scientificamente accettabile.

Carburanti e lubrificanti

Contaminazione dovuta a non accorta conservazione in azienda, da grasso, da altro materiale lubrificante, da  rifiuti pericolosi come oli esausti e batterie.

Una adeguata manutenzione delle attrezzature e delle strutture di conservazione può fornire sufficienti garanzie per evitare la contaminazione da lubrificanti ed altri materiali affini ma altamente tossici, come i residui acidi delle batterie.

È opportuno ricordare, inoltre, che è vietato procedere alla diretta eliminazione degli oli lubrificanti usati e delle batterie.

Gli oli usati devono essere pertanto stoccati in appositi contenitori a tenuta e le batterie in locali provvisti di copertura e fondi impermeabilizzati. Questi rifiuti devono essere mantenuti separati in attesa di essere portati, non appena possibile, ai centri di smaltimento.

Comunque, tutti i rifiuti pericolosi devono essere stoccati in luoghi separati, con caratteristiche idonee a prevenire perdite accidentali ed un uso improprio o non controllato ed essere chiaramente identificati.

Furani e PCB

Sono prodotti tossici altamente nocivi per la salute, che non degradano nell’ambiente e quindi persistono per decenni in un territorio contaminando tutto quanto in esso si produce.

Metalli pesanti

La contaminazione con sostanze, quali piombo (Pb), cadmio (Cd), mercurio (Hg), sono riconducibili a coltivazioni o pascoli in prossimità di zone altamente industrializzate, contaminate o vicino a strade ad alto traffico; a piogge acide o all’uso non corretto di fanghi di depurazione.

In presenza di strade ad elevato traffico è buona norma prevedere barriere vegetali di protezione (siepi/filari).

L’uso delle acque reflue trattate per usi irrigui e i fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura possono essere portatori di metalli pesanti. Per questo motivo i fanghi di depurazione, per poter essere usati in agricoltura, devono:

• essere stati sottoposti a trattamento;

• essere idonei a  produrre  un  effetto concimante e/o ammendante e  correttivo del terreno;

• non contenere sostanze tossiche, nocive, persistenti, bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale.

Tra le diverse prescrizioni, in particolare, i fanghi, affinché possano essere assoggettati ad utilizzo agronomico, devono:

• contenere almeno una certa quantità di carbonio organico, azoto, fosforo e/o potassio, che giustificano l’utilizzazione come ammendante e/o fertilizzante;

• non superare un  certo  tasso di metalli pesanti e di Salmonella.

Sono previste, inoltre, quantità massime di rifiuti utilizzabili per unità d’area nel tempo, legate a parametri chimico-fisici dei suoli, quali pH (acidità) e C.S.C. (capacità di scambio cationico), che influiscono sulla mobilità dei metalli nel terreno e sul possibile assorbimento da parte delle colture.

L’agricoltore, anche quando non è il responsabile diretto dell’utilizzo ma è il possessore del terreno dove viene effettuato lo spargimento di fanghi di depurazione, dovrebbe – oltre agli obblighi previsti dalla normativa in vigore:

◦ effettuare analisi dei terreni periodicamente in tempi successivi (almeno ogni cinque anni);

◦ conservare copia del formulario di identificazione che certifica la provenienza dei fanghi e della scheda di accompagnamento;

◦ adottare e conservare il registro di uso dei terreni.

Tutti questi documenti rappresentano evidenze scritte della corretta gestione dei fanghi e devono essere conservate in azienda, insieme all’altra documentazione relativa al Piano aziendale di autocontrollo e deve essere messa a disposizione dell’Autorità di controllo, se richiesta.

Fitofarmaci

Residui di anticrittogamici, insetticidi, acaricidi, diserbanti e fitoregolatori usati in modo non idoneo e senza il rispetto degli adeguati tempi di sospensione.

Le colture agrarie, in tutte le fasi del proprio ciclo produttivo e, successivamente, durante la conservazione, sono soggette ad avversità di vario genere. Per ridurre tali inconvenienti, devono essere adottate opportune strategie di difesa delle colture mediante l’utilizzo di strumenti e tecniche che possono comprendere l’uso di prodotti fitosanitari.

È quindi necessario utilizzare corrette pratiche agronomiche, anche avvalendosi di un valido supporto di assistenza tecnica, di avvicendamento e di scelta varietale.

Con la stessa logica, deve essere eseguito il monitoraggio delle infestanti e delle condizioni climatiche nel rispetto delle modalità applicative prescritte per l’utilizzo dei prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti nonché i limiti massimi dei residui delle sostanze attive nei prodotti destinati all’alimentazione.

Ricordiamo che l’elemento principale di un prodotto fitosanitario è il “Principio attivo” ovvero la molecola che agisce sul parassita mentre i “coadiuvanti” sono i prodotti destinati ad essere impiegati come bagnanti, adesivanti ed emulsionanti, utilizzati allo scopo di favorire l’azione del principio attivo.

Sulle confezioni, nelle schede tecniche e di sicurezza allegate alle confezioni commercializzate, si trovano tutte le informazioni necessarie al corretto utilizzo   dei prodotti fitosanitari:

◦ il settore d’impiego;

◦ le dosi e le epoche d’impiego;

◦ il tempo di carenza;

◦ il limite di tolleranza (LMR);

◦ il tempo di rientro;

◦ le informazioni per il medico, in caso di intossicazione  accidentale;

◦ eventuali indicazioni di compatibilità oltre ad eventuali ulteriori informazioni relative all’irritabilità, all’infiammabilità ed altro ancora.

La conservazione delle confezioni deve seguire le seguenti norme:

• in azienda occorre disporre di un apposito locale deposito prodotti fitosanitari, non direttamente a contatto con le pareti e il pavimento, non promiscui con gli alimenti, mangimi, possibilmente distante da abitazioni, stalle, ecc.;

• la porta di  accesso deve essere sempre chiusa a chiave, in modo tale da evitare contatti accidentali con estranei, bambini, animali;

• all’esterno del magazzino devono essere collocati i dovuti segnali di pericolo recanti scritte del tipo: “ATTENZIONE SOSTANZE VELENOSE” oppure “VIETATO L’ACCESSO AL PERSONALE NON AUTORIZZATO”;

• il magazzino deve essere arieggiato ed asciutto ed i prodotti liquidi devono essere posizionati al di sotto delle polveri.

Qualora non sia possibile disporre di un locale completamente adibito alla conservazione dei prodotti fitosanitari, questi si possono conservare:

• entro un spazio dedicato con un recinto in metallo (con un rialzo di contenimento) e munito di serratura, situato all’interno di un magazzino e sempre non direttamente a contatto con le pareti e il pavimento;

• chiusi a chiave dentro un armadio in metallo dotato di idonee feritoie.

È opportuno ispezionare frequentemente le confezioni per verificare la data di scadenza, le eventuali perdite o fenomeni di deterioramento; occorre, inoltre, conservare ben chiuse le confezioni parzialmente utilizzate (mantenere le etichette sempre leggibili).

A volte può accadere che delle confezioni si rompano e fuoriescano quantità, anche minime, di prodotto; in questi casi occorre pulire immediatamente le superfici imbrattate in modo che nessuno ne venga contaminato. Se il prodotto fuoriuscito è liquido, è consigliabile raccoglierlo con materiale  assorbente (segatura di legno o sabbia); successivamente è necessario lavare accuratamente la superficie imbrattata.

E’ vietato utilizzare i contenitori vuoti di fitofarmaci per trasportare derrate alimentari, mangimi, acqua, ecc.

Prima di effettuare un trattamento, è indispensabile identificare il parassita da combattere valutando il prodotto più idoneo da utilizzare.

L’operatore deve leggere attentamente l’etichetta ed attenersi scrupolosamente alle prescrizioni indicate, in particolare per quanto riguarda i già ricordati parametri del settore d’impiego, le dosi consigliate ed il tempo di carenza.

Per quanto riguarda la protezione dell’operatore, già in fase di diluizione, occorre indossare dispositivi di protezione individuali (D.P.I.) – ad esempio tuta in tyvek, maschera e filtri, stivali, guanti.

La corretta manutenzione e la regolazione dell’attrezzatura (barre irroratrici e/o atomizzatori) oltre a rappresentare un elemento fondamentale per la corretta riuscita dei trattamenti, rappresentano un’importante norma di sicurezza per l’operatore. Una attrezzatura non sottoposta a periodica manutenzione non permette una irrorazione uniforme sulle superfici da trattare.

Alla fine di ogni trattamento  eventuali residui della miscela dovranno essere raccolti e riutilizzati sulla stessa coltura. Le acque di lavaggio del serbatoio devono essere aggiunte ai residui oppure lasciati nel serbatoio e riutilizzati sempre su colture per le quali il prodotto è registrato.

I contenitori dei prodotti fitosanitari, una volta svuotati, sono considerati rifiuti speciali pericolosi in quanto contengono residui di sostanze attive e non possono essere smaltiti con i rifiuti urbani, sotterrati o abbandonati nell’ambiente. La normativa prevede che i contenitori di prodotti fitosanitari possano essere “bonificati”, prima dello smaltimento (sciacquare i contenitori per almeno tre volte con acqua pulita riversando il contenuto nella soluzione da irrorare).

I contenitori bonificati devono essere raccolti in sacchi contrassegnati da apposita etichetta e conferiti alle ditte autorizzate allo smaltimento.

E’ fondamentale adottare e aggiornare il “Registro dei trattamenti”, compilato e sottoscritto dall’utilizzatore. In esso occorre riportare:

◦ i dati anagrafici dell’azienda;

◦ le colture trattate e la relativa superficie, nonché la data di semina o trapianto, la data indicativa di fioritura e raccolta;

◦ la data del trattamento, il prodotto commerciale e la relativa  quantità impiegata, nonché l’avversità che ha reso necessario il trattamento stesso.

Il registro dei trattamenti deve essere compilato anche quando gli interventi fitosanitari vengono eseguiti per la difesa delle derrate alimentari  immagazzinate.

Gli acquirenti e gli utilizzatori di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari devono, inoltre, conservare in modo idoneo le fatture di acquisto nonché la copia (rilasciata dal venditore) dei moduli di acquisto dei prodotti con classificazione di pericolo Molto Tossico, Tossico e Nocivo.

Tutta la documentazione sopra indicata, deve essere conservata almeno per l’anno successivo a quello in cui si riferiscono gli interventi annotati ed essere esibita su richiesta dell’Autorità competente nel caso di controlli.

L’uso corretto dei prodotti fitosanitari, nella stragrande maggioranza dei casi, garantisce dal pericolo di commercializzare sostanze alimentari con residui superiori ai limiti di legge. Il ricorso alle analisi potrà essere previsto nel caso vi sia comunicazione da parte dell’Autorità di controllo locale di grave rischio (ad esempio prodotti fitosanitari con concentrazione di principio attivo non rispondente a quanto riportato in etichetta) o su esplicita richiesta da parte del cliente commerciale.

Tra le attività del Ministero della Sanità ricordiamo anche le procedure di autorizzazione al commercio dei prodotti fitosanitari, che prevedono la catalogazione di ogni singolo prodotto per le sostanze attive in esso contenuto e per ogni sostanza attiva la determinazione del limite massimo di residuo tollerato per ogni matrice alimentare.

Fattori di rischio biologico

Per  pericoli biologici  si intendono  i rischi legati ai microrganismi patogeni, dannosi per la salute umana, quali batteri, virus, muffe.

I microrganismi sono presenti ovunque e si ammassano in particolare:

• nell’aria e nella polvere dei locali di lavoro, dei magazzini e delle stalle;

• sul personale (cute, saliva, secrezioni nasali);

• nella sporcizia accumulata sulle strutture, gli impianti, le attrezzature;

• negli animali infestanti come topi, insetti, uccelli.

Tra i microrganismi patogeni ricordiamo:

Bacillus cereus

Escherichia coli

Listeria monocytogenes

Staphylococcus aureus

Bacillus cereus

Clostridium botulinum

Listeria spp

Salmonella

Gli agenti patogeni possono entrare in azienda in diversi modi:

• Aria

• Roditori, insetti, animali domestici e selvaggi

• Allevatori e visitatori

• Altri allevamenti

• Mezzi di trasporto

• Mangime e seme

• Materiali usati in azienda

Ove possibile consentire un accesso limitato e controllato  per i fornitori ed i visitatori, eventualmente dotandoli di indumenti e sovrascarpe monouso, in particolar modo per i tecnici e per altri operatori del settore che frequentano altre aziende;

Leptospirosi

è una grave zoonosi causata da Batteri del genere Leptospira (distinta in diversi sierotipi o sierogruppi). È una zoonosi inserita nella lista delle malattie da notificare all’Office International des Epizooties (O.I.E.), contemplata nel Regolamento di Polizia Veterinaria (DPR 320/54) e soggetta a denuncia.

È diffusa nei roditori che costituiscono un costante pericolo per l’introduzione dell’infezione. Per questi motivi la loro presenza va contrastata nei locali di deposito del prodotto finito e delle materie prime.

Bacillus Cereus

È un batterio patogeno per l’uomo, aerobio facoltativo e sporigeno. Produce due tossine: una, stabile al calore e di basso peso molecolare che provoca il vomito (effetto emetico) e un’altra, di alto peso molecolare e sensibile al calore che causa invece la diarrea. È ubiquitario: nel suolo, nella polvere, nelle acque e sui vegetali.

Staphylococcus  aureus

S. aureus è un batterio sferico (cocco) capace di produrre una “tossina” proteica altamente termo-stabile che causa malattie negli esseri umani.

Gli stafilococchi esistono nell’aria, nella polvere, nelle acque di scarico, nell’acqua, nel latte, negli alimenti o negli attrezzi impiegati nella loro lavorazione, nella superficie ambientale, negli umani e negli animali. Autore: Enzo Busca

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