Non solo pomodori, pesche e nettarine, ma anche mais e uva. E anche, sempre più spesso, il nostro riso: i cambiamenti climatici, con il progressivo aumento delle temperature e dei periodi di siccità, hanno effetti pesanti sulle colture e sempre più spesso stravolgono i calendari “classici” dell’agricoltura italiana, come segnala la Confederazione italiana agricoltori. Frutta e ortaggi subiscono danni più o meno gravi a causa delle temperature “africane”: dal colpo di calore, che dissecca porzioni della pianta provocando uno squilibrio idrico con effetti sullo sviluppo, alle scottature che colpiscono colletti e fusti delle giovani colture, alla spaccatura dei frutti. Senza contare che il caldo, accompagnato da un alto tasso di umidità, aumenta il rischio di attacchi parassitari e cresce anche il costo della “bolletta energetica” per mantenere i prodotti freschi nei magazzini di conservazione. Inoltre, mentre restano a rischio le coltivazioni di mais e soia, continua la Cia, per colpa del gran caldo, nonostante gli impianti di ventilazione nelle stalle, la produzione di latte è calata di 5 o 6 litri al giorno. E le alte temperature rischiano anche di anticipare di molto l’invaiatura, ovvero la maturazione dei vigneti, e se l’invaiatura parte prima, anche i tempi della raccolta rischiano di essere molto anticipati. Ma i danni dovuti a questa tropicalizzazione del clima, che il settore sta pagando sulla propria pelle, rientrano in una questione più ampia: non si tratta solo di cali di resa, ma di cicli di produzione che si sono ridotti e anticipati.
Nel caso del riso, spiega Giovanni Daghetta, presidente lombardo della Cia, «non abbiamo esperienze storiche di un’annata con temperature così elevate come quelle di luglio e, da quanto ci attende leggendo le previsioni dei prossimi quindici giorni, neanche di agosto. Quello che possiamo notare ora è che il riso spigato nei giorni più caldi presenta delle rachille troncate per la grande velocità di eserzione con i relativi chicchi disseccati; inoltre si nota una certa sterilità fiorale dovuta alle alte temperature. Risulta ovviamente difficile quantificare ora la minor produzione quantitativa. Quello che mi preoccupa, però, è il fatto che assisteremo a una maturazione del riso italiano con temperature elevatissime e la qualità proverbiale del nostro prodotto, come sappiamo, deriva soprattutto dal fatto che la maturazione avveniva con lentezza, in mesi freschi (settembre e ottobre). Se facciamo un paragone con i nostri concorrenti dei Paesi caldi, loro hanno rese alla lavorazione molto inferiore alle nostre… Altro aspetto problematico è la mancanza materiale di acqua: sono praticamente certo che in alcuni areali particolarmente sabbiosi della Lomellinagia da ora si evidenziano danni da stress idrico. Sicuramente non possiamo fasciarci la testa fin da ora, ma i motivi di preoccupazione non mancano».
In vent’anni ci sono stati cambiamenti significativi nell’anticipazione della raccolta. In particolare nella stagione estiva, rispetto al trentennio 1960-1990, i cicli vegetativi si sono anticipati mediamente di 5-10 giorni al Nord e di 7-12 giorni al Centro-Sud, con punte in Sicilia di 15-20 giorni. E a risentirne di più sono proprio le coltivazioni dell’estate piena, con riduzioni e anticipazioni importanti ad esempio per uva da tavola e pesche. Ma uno spostamento costante si registra anche sulla vendemmia e sulla raccolta delle olive. A preoccupare di più è soprattutto la scarsità dell’apporto idrico. I lunghi periodi di assenza di precipitazioni, intervallati a temporali brevi e violenti, innescano fenomeni di dissesto idrogeologico: la siccità “impoverisce” il suolo rendendolo meno produttivo e sui terreni così stressati le piogge intense e improvvise non fanno che aggravare la situazione, provocando allagamenti e frane. Senza contare che i cambiamenti del clima, conclude la Cia, impongono di lavorare seriamente a una rete idrica realmente efficiente, con opere infrastrutturali per la manutenzione, il risparmio e il riciclo delle acque. Considerato che oggi lungo le tubature italiane si perde in media più di un litro su tre. (30.07.2015)