In un mondo in cui le due maggiori industrie risiere si uniscono per formare una nuova società, facendo presagire una sorta di gestione monopolistica del mercato risicolo italiano, c’è una persona che lavora nella direzione opposta, facendo dell’indipendenza il principale obbiettivo del suo lavoro come imprenditore. Dario Roveglia, giovane agricoltore di Rive Vercellese, ha appreso questo mantra da suo padre e da suo zio. Entrambi agricoltori ma non solo; il primo, Tommaso, oggi 70enne, si è appassionato di meccanica e ingegneria, arrivando a costruire macchine operatrici e essiccatoi di varie dimensioni, utili ai propri scopi; il secondo, Giacomo oggi 79enne, dopo essere diventato perito agrario, ha studiato presso l’università di agraria, senza terminare gli studi a causa della passione per la pallavolo, che lo portò in Nazionale e ad ottenere una laurea ISEF. L’agronomia tuttavia è rimasta l’interessa principale della sua vita, ed in particolare la genetica vegetale, portandolo a praticare il lavoro di costitutore varietale nell’azienda che porta avanti tutt’ora con suo fratello e suo nipote.
Dal laboratorio al campo
Quest’ultimo ha deciso di continuare l’attività e ci spiega: «Il nostro lavoro di costitutori si sviluppa attraverso due strade: una che parte dal laboratorio e una che si sviluppa naturalmente in campo. Nel primo ci affidiamo a genetisti esterni, proponendo loro diversi tipi di incroci in cui selezioniamo il carattere da inserire nel patrimonio genetico dell’ibrido che stiamo costituendo. Nel secondo, invece ci affidiamo alla casualità della natura, raccogliendo nuovi ibridi che si creano spontaneamente in tutte le camere aziendali e, soprattutto, nel nostro campo sperimentale, grazie agli incroci che si sviluppano in fioritura in un’area in cui sono presenti 160 specie differenti e l’impollinazione è creata casualmente dal vento». Il campo di cui parla ci viene mostrato nel tour aziendale da Dario stesso: qui egli predispone in ogni riga la semina di una linea genetica dei suoi incroci e valuta il comportamento delle piante, confrontandole tra di loro e con i testimoni delle varietà già presenti sul mercato, utilizzate per la creazione degli incroci; inoltre viene portato avanti il mantenimento in purezza delle varietà aziendali da loro costituite. Oltre alla divisione in righe, separa i diversi incroci in file di 1,60 m l’una.
Anni di incroci naturali
«Ogni chicco – spiega – porta alla nascita di una piantina leggermente differente dall’altra, anche a causa degli incroci spontanei in fioritura, noi selezioniamo, grazie alle capacità e al “sesto senso” di mio zio, quelle che hanno un potenziale agronomico e produttivo migliore, scartiamo quelle che sembrano essere meno valide (suscettibili alle malattie, poco produttive e dall’aspetto difforme) e riproduciamo l’anno successivo le piantine selezionate in una fila, ripetendo lo stesso lavoro. La valutazione del chicco viene fatta sotto innumerevoli aspetti ed in diversi luoghi: il primo è il campo dove valutiamo lo spessore della pannocchia, la fisiologia e la morfologia della pianta e la lunghezza del ciclo, durante tutta la sua permanenza fino alla trebbiatura. Il secondo è il laboratorio, dove si valuta la resa, si misurano le dimensioni del chicco e si valutano le qualità organolettiche. Chiaramente è un’operazione che va ripetuta per molte stagioni successive e solitamente dopo circa dieci anni di riproduzione su diverse scale otteniamo risultati marcati e tangibili e tentiamo la messa in campo. Si potrebbe pensare che dagli incroci naturali sia ancora più difficoltoso, invece sono gli ibridi che escono dal laboratorio a comportarsi nei modi meno omogenei all’arrivo in campo; tutte le nostre varietà registrate sono frutto di anni e anni di incroci naturali e insorgenze spontanee dei caratteri. Quando otteniamo una fila di pannocchie omogenee e con caratteristiche interessanti riproduciamo tutta la fila su più file, ripetiamo il lavoro di scarto e selezione par alcune stagioni e poi passiamo a parcelle di valutazione su scala ancora maggiore; infine produciamo in pieno campo».
Sei varietà iscritte
In circa 40 anni di lavoro, i Roveglia sono stati in grado di iscrivere 6 varietà. Avrebbero potuto essere ben di più se non vi fosse una vera e propria mole di burocrazia richiesta per l’iscrizione, che ha scoraggiato molte volte l’ufficializzazione del lavoro svolto nell’azienda di Rive. In seguito all’iscrizione, inoltre, ai costitutori sono dovute delle royalties su ogni vendita di quella semente, che peraltro non può essere sviluppata in autonomia, poiché necessita di un impegno importante per l’inserimento nel mercato, il che significa dunque affidarsi a ditte sementiere.
Il nodo della burocrazia
Su quest’ultimo aspetto, potrebbe sembrare assurdo che non si voglia comunque ottenere il riconoscimento per un risultato ottenuto ma Dario ci spiega: «Per mio zio Giacomo la genetica agraria è una passione viscerale. Egli ha prodotto e modificato migliaia di incroci genetici, non solo nel riso. Molte delle cultivar prodotte nel nostro orto sono nate dalla sua ricerca in campo, addirittura abbiamo ottenuto una specie di fagiolo dalle dimensioni elevate e dal gusto intensissimo che vorremmo registrare. Tornando al riso, le sue ricerche si sono sviluppate in tutte le direzioni possibili. Voglio mostrare un esempio pratico: abbiamo sviluppato una linea genetica capace di produrre foglie molto più spesse del normale, ottenendo una pianta robustissima e assai produttiva, non posso spiegare nel dettaglio i suoi parentali ma si tratta di un riso da interno tipo Cammeo. Oggi abbiamo una trentina di file-pannocchia differenti dedicate a questo incrocio e abbiamo già portato in campo alcune di queste file. Il lavoro però non è ancora terminato poiché abbiamo riscontrato alcune problematiche; tuttavia, si tratta di un riso in cui crediamo molto, capace di avere un fusto sano e robusto a lungo, anche in caso di tempistiche di trebbiatura molto dilatate, una foglia assai sviluppata e, a causa di questo carattere, un chicco dalle dimensione elevate e dalle qualità organolettiche marcate. Continueremo nella riproduzione di queste linee alla ricerca di un equilibrio perfetto. Ebbene, è circa 30 anni che lavoriamo su questo incrocio: alcune volte siamo anche riusciti ad ottenere un equilibrio ma abbiamo mantenuto la dicitura sperimentale per non dover sottostare alla burocrazia e all’industria sementiera, attendendo una cultivar perfetta che meriti questo sforzo». Certo, aggiunge, «abbiamo commesso degli errori dal punto di vista della vendibilità; per esempio 15 anni fa nessuno pensava che il riso nero avrebbe avuto questo successo, nonostante tutti abbiano avuto la possibilità di costituirlo. Credo che l’eccessivo conservatorismo non ci abbia permesso di comprendere il cambiamento degli interessi del mercato precedentemente al loro manifestarsi e questo non ci ha aiutato. Tuttavia sono grato di far parte di questa realtà, dove ogni lavoro viene compiuto nella modo più preciso possibile e la maggior parte dei mezzi di produzione sono autoctoni, in un ciclo aziendale quasi completamente chiuso. Chiaramente è un impegno più gravoso rispetto ad altri del mondo risicolo, ma sono fiero dei risultati ottenuti e della qualità che ci viene riconosciuta da molti addetti a questo settore e dai nostri fautori». Autore: Ezio Bosso