Nei prossimi mesi sarà costituito un comitato per chiedere il riconoscimento del riso IGP Valle del Po e riaprire il dossier chiuso nel 2007: c’è la volontà di alcuni produttori, non c’è ancora quella degli industriali, ma le istituzioni appoggeranno il progetto, pur riconoscendo la difficoltà che arrivi in porto. È questo il risultato della riunione di ieri sera promossa a Mortara da Rice Up, il gruppo che ha rilanciato l’iniziativa, sostenendo che aiuterà il prodotto nazionale a recuperare valore e contestando i dubbi, a partire dall’eccessiva estensione del bacino produttivo. L’esame più autorevole e realista della situazione è giunto dall’assessore lombardo all’agricoltura Gianni Fava, il quale ha assicurato il pieno appoggio al progetto ma ha anche ammesso che, rispetto al 2007, nulla è cambiato e che restano le stesse criticità. Al punto che Fava ha consigliato di cambiare denominazione, perché con Valle del Po, brand completamente sconosciuto al mercato, “non si va da nessuna parte”. L’assessore ha invitato anche a “non creare false illusioni ai risicoltori” perché l’igp non vedrà la luce che tra qualche anno e non è pertanto una soluzione alla crisi in corso. Non è neppure scontato, ha aggiunto, che una igp generi valore sul mercato: “il Sassicaia vale ben di più del Lambrusco mantovano docg” ha commentato riferendosi al caso del vino. Infine ha posto una condizione: “serve un patto serio tra agricoltori e industriali”. Intervenendo dopo di lui, il presidente dell’Airi Mario Francese non ha concesso nulla: “porterò il progetto al consiglio di presidenza e valuteremo” ha detto, confermando che comunque non si tratta di una soluzione per far salire i prezzi del riso nel breve periodo.