Il deputato novarese Giovanni Falcone chiede al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali cosa pensi dell’idea di tracciare il riso “Classico” attraverso l’esame del Dna. Sarebbe un’interrogazione come tante, se non sconvolgesse l’esito della riunione tenutasi all’Ente Nazionale Risi il 20 ottobre scorso e conclusasi con un accordo di maggioranza che esclude questa soluzione. Come ricorderete, la riunione, anticipata da Risoitaliano, riguardava l’approvazione di un protocollo di tracciabilità, necessario per applicare la nuova legge del mercato interno, laddove prevede che si possa fregiare dell’appellativo “Classico” solo il riso ottenuto da sei varietà tradizionali (Arborio, Roma o Baldo, Carnaroli, Ribe, Vialone Nano e S.Andrea). Tutti i presenti, tranne Confagricoltura, hanno deciso che per stabilire l’origine del prodotto sia necessario prevedere che solo il riso prodotto da seme certificato possa chiamarsi “Classico”. Soluzione che secondo Confagricoltura costituisce un indebito “regalo” ai sementieri e impedisce di produrre “Classico” reimpiegando il proprio seme. Falcone spariglia i giochi con quest’interrogazione in cui chiede di fatto di aggiungere l’analisi del Dna ai criteri di tracciabilità. L’onorevole scrive: «Secondo quanto risulta da un documento del 20 ottobre 2017 della Confagricoltura, nel corso di un incontro con l’Ente Risi, al quale hanno partecipato fra gli altri, anche rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Cia, Coldiretti, Airi ed Assosementi, è emersa una condivisione comune, in merito al protocollo da adottare, per la tracciabilità del riso classico, con riferimento alle recenti disposizioni introdotte, concernenti il mercato interno del riso, che riformano la legge 18 marzo 1958, n. 325;
in particolare, i partecipanti alla riunione hanno evidenziato la necessità che il protocollo di tracciabilità si debba basare su alcuni criteri fondamentali che includono, per quanto riguarda la fase agricola: la valorizzazione del prodotto italiano; l’utilizzo di sementi certificate; l’esclusività della produzione «di classico», nel senso che la produzione aziendale della varietà (o delle varietà) scelte da destinare a alla produzione di riso «classico» deve essere conforme al protocollo di tracciabilità per l’intero quantitativo;
al riguardo, Confagricoltura ha proposto in aggiunta al previsto percorso di tracciabilità, una procedura basata sull’identificazione delle varietà, ottenuta tramite analisi del Dna del riso, confermando comunque la disponibilità a valutare congiuntamente le modalità di definizione e attuazione di questa procedura: campionamento, controllo, verifica dei quantitativi, rapporti con gli altri operatori della filiera;
da parte dei presenti al suesposto incontro, tuttavia è stato opposto un fermo rifiuto alla proposta della Confederazione degli agricoltori, sulla base di una serie di osservazioni, contrarie all’introduzione dell’esame del Dna sul riso, in quanto a loro giudizio, l’analisi del Dna determina risultati non sempre univoci, ed è sensibile al campionamento;
a fronte della predetta opposizione, l’unico risultato raggiunto, prosegue il documento della Confagricoltura, risulta la disponibilità espressa dal rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di riconsiderare, dopo una prima fase di applicazione di questo protocollo di tracciabilità, la proposta della medesima Confederazione;
anche le due organizzazioni agricole presenti alla riunione, evidenzia ancora la lettera di Confagricoltura, si sono schierate con l’amministrazione ed Ente Risi contro la proposta citata, di cui sono ovviamente stati evidenziati i vantaggi in termini di minore burocratizzazione e vincoli a carico dei risicoltori a partire dall’obbligo di utilizzo della semente certificata che, sia da Cia che Coldiretti, è stata ritenuta essenziale per garantire qualità ed alti standard al prodotto «classico»;
in definitiva, dall’esito dell’incontro, è emersa la necessità di comprendere quali iniziative le organizzazioni agricole e soprattutto il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali intendono assumere nei prossimi mesi in considerazione del fatto che il prossimo 7 marzo 2018 sarà predisposta l’adozione del protocollo conclusivo sulla tracciabilità del riso, attraverso il decreto ministeriale –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, con riferimento alle proposte della Confagricoltura in merito all’introduzione dell’esame del Dna sul riso «classico», in aggiunta alle procedure già previste, riferite al percorso di tracciabilità».