Il 2020 è stato definito dalla FAO come “anno internazionale della salute delle piante”, al fine di focalizzare l’attenzione mondiale sul problema della salute delle piante in generale, ed in particolare di quelle utilizzate dall’uomo. Lo slogan è “la salute delle piante è la salute dell’Uomo”. Per questo la FIDAF (Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali), che aveva da tempo progettato un convegno sull’argomento per il 24 aprile, lo ha trasformato in Webinar. La massima capienza della piattaforma elettronica, quindi cento laureati in Scienze Agrarie e Forestali di tutte le parti d’Italia, hanno potuto seguire l’evento comodamente da casa. Per i molti che sono stati esclusi a causa dei limiti operativi, è prevista la pubblicazione sul sito FIDAF della registrazione integrale. I relatori erano Mirko Montuoro della IPPC, sezione della FAO che si occupa di questi problemi, e Andrea Vannini, fitopatologo dell’Università della Tuscia. Nonostante tutte le cure che l’uomo dedica alle piante coltivate, la produzione di cibo mondiale subisce danni stimati intorno al 30% rispetto a quella ottenibile in assenza di malattie. Senza l’uso di fitofarmaci le perdite produttive potrebbero arrivare anche al 70%, in funzione delle oscillazioni climatiche annuali.
Secondo Vannini la ricerca genetica, volta a massimizzare la produzione alimentare, a meccanizzarne la raccolta e ad ottenere un prodotto il più possibile omogeneo per soddisfare le preferenze dei consumatori, permette di ammassare in uno stesso appezzamento milioni di piante molto simili tra loro, che hanno tutte le stesse resistenze e purtroppo vulnerabilità alle infezioni da parassiti. L’auspicio è quello di creare piante tra loro identiche come prodotto, ma molto dissimili tra loro per le caratteristiche di resistenza ai diversi parassiti, per ridurre drasticamente il problema delle malattie. Un problema complesso, che richiederà qualche generazione, ma che se risolto potrebbe liberare l’agricoltura dall’uso dei fitofarmaci. Se ci è concesso un paragone di attualità, gli uomini dispongono di questa ampia variazione genetica, in quanto il Covid 19 è ben combattuto da almeno il 90%, e forse anche più, delle persone che superano l’infezione con pochi o nessun sintomo. Fatta la dovuta distinzione tra la tragica perdita di una persona e la morte di una singola pianta coltivata, una perdita del 10% della produzione, rispetto agli standard attuali, sarebbe un grande passo avanti, specie se si elimina la necessità dell’uso dei fitofarmaci.
Montuoro si è soffermato invece sui rischi della globalizzazione insiti nel trasporto, insieme alle merci, di parassiti da una parte all’altra del mondo. Questi arrivano in un ambiente nuovo, dove non trovano antagonisti né fitofarmaci adatti e si diffondono ad una velocità estrema, causando danni enormi. Gli agricoltori padani conoscono bene il problema, a partire dall’Heteranthera negli anni ’60, per accelerare negli ultimi anni: punteruolo acquatico, Diabrotica, cimice asiatica…e molti altri
L’IPPO cerca di limitare lo spostamento dei parassiti, tramite normative che permettono agli Stati di respingere le merci vettrici di parassiti, ma devono fare i conti con la possibilità di controllare l’enorme quantità di merci in transito e persone in circolazione, ed anche con le opposizioni del WTO che tutela la libera circolazione delle merci. Inoltre, nel grande flusso di persone viaggiatrici ce ne sono molte appassionate di giardinaggio, che infilano nelle valigie ogni genere di piante esotiche, compresi i loro parassiti. Oltre alla carenza di personale e fondi per eseguire l’arduo compito, come sempre le burocrazie frappongono ulteriori rallentamenti sia all’inizio dei controlli delle frontiere, sia alla veloce eradicazione delle epidemie, che come stiamo imparando funziona solo se attuata non appena si manifestano, e quindi sono ancora confinate a pochi casi. Sui vegetali, le eradicazioni rapide sarebbero più facili che sugli umani, in quanto la distruzione ed incenerimento dei primi esemplari colpiti e dei loro parassiti non avrebbe remore etiche, oltre a rivelarsi tanto meno costose quanto più sono veloci. Ma le direttive arrivano dall’IPPC della FAO, devono passare dalla EPPO europea, poi al Ministero dell’Agricoltura, di lì alle Regioni. Visti i tempi della burocrazia, le epidemie hanno tutto il tempo per trionfare. Un altro motivo per ridurre e sveltire le burocrazie, responsabilizzandone gli attori a tutti i livelli. Autore: Giuseppe Sarasso, agronomo