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ENTE RISI REPLICA SUL SOVESCIO

da | 17 Gen 2021 | NEWS

Marco Romani

Caro Direttore, abbiamo attentamente esaminato il Vostro commento sul nostro studio riguardante la fertilità dei suoli di risaia apparso sul numero del 12/01 u.s. del “Riso Italiano” ed intitolato “L’insostenibile leggerezza del sovescio” e, non condividendone le conclusioni, riteniamo doveroso replicare con alcune ulteriori nostre osservazioni.

Molto impegno è stato dedicato da Ente Risi, Università di Torino e Milano a valutare molteplici aspetti legati all’introduzione ed all’uso del sovescio di specie leguminose in risaia. 

Ad iniziare dalle prove sperimentali dei primi anni 2000, l’attività è proseguita con un’ampia serie di prove dimostrative condotte dal Servizio di Assistenza Tecnica dell’Ente nell’intervallo 2010-2016, per poi concentrarsi nei recenti progetti RisoBiosystem e, soprattutto, Nuove Tecniche Colturali per il Futuro della Risicultura (RISTEC).

I risultati agronomici sul sovescio di leguminose sono stati molto chiari e convincenti: aumento della produttività del riso, minori necessità di fertilizzante azotato, maggiore disponibilità di azoto ammoniacale nel suolo, maggiore sviluppo degli apparati radicali del riso coltivato in successione e, di rilevante importanza, un deciso aumento della fertilità biologica dei suoli (www.ristec.it), tali da poter indicare il sovescio quale pratica agronomica virtuosa e meritevole di attenzione in un contesto di risicoltura condotta in monosuccessione. 

Anche le criticità relative al non facile adattamento della tecnica a tutte le condizioni pedologiche in cui si sviluppa la risicoltura sono state ben evidenziate dall’esteso lavoro del Servizio di Assistenza Tecnica dell’Ente. Rimarrebbero, tuttavia, da definire alcuni aspetti ambientali, in particolare, le influenze del sovescio sulle emissioni di gas ad effetto serra in atmosfera. 

La “reale efficacia di queste tecniche”, espressa più volte dagli enti coinvolti nelle varie attività di ricerca e divulgata con molteplici modalità: video, visite in campo, convegni, pubblicazioni, è fondata su solide evidenze scientifiche e non può essere messa in discussione. Nonostante ciò, le nostre attività di ricerca che sono spesso portate avanti tramite disegni sperimentali controllati e messi in atto presso enti di ricerca o aziende pilota, non può includere tutta la variabilità pedoclimatica e gestionale del nostro areale risicolo. Per questo motivo l’Ente Nazionale Risi dedica risorse aggiuntive per accompagnare la ricerca scientifica con attività di monitoraggio a larga scala.

L’articolo pubblicato su Il Risicoltore lo scorso dicembre (numero di gennaio), e ripreso ultimamente da Riso Italiano, confondendolo erroneamente con una “ricerca scientifica”, riporta i risultati di un monitoraggio dei suoli condotto a livello territoriale, le cui finalità sono state ben diverse da quelle relative alla valutazione di una tecnica. 

È noto, peraltro, come l’interpretazione di tali tipologie di risultati non possa prevedere livelli di definizione così precisi come quelli derivanti da sperimentazioni controllate e condotte con le strette regole imposte dalla ricerca scientifica. 

La variabilità delle situazioni territoriali e l’impossibilità di un controllo costante degli appezzamenti considerati, elementi non gestibili negli studi di monitoraggio a larga scala, conducono spesso ad estrapolare conclusioni, circa le correlazioni causalità/effetto dei fenomeni, non sempre e del tutto chiare. Quelle formulate circa l’abbassamento del C/N dei suoli sono state le più convincenti, altre, come la semina interrata, sono da ritenersi meno probabili, sia per il fatto che la pratica è ormai adottata da molto tempo nei territori lombardi, tale da aver indotto nuovi equilibri nelle componenti dinamiche del suolo ancor prima del 2016, e sia perché, in genere, sistemi più ossidativi portano anche ad una riduzione del carbonio totale che non è stata riscontrata. Ciò nonostante, i monitoraggi territoriali rappresentano mezzi indispensabili alla conoscenza dello stato e dell’evoluzione dei diversi aspetti riguardanti gli agroecosistemi, utili a caratterizzare situazioni reali ed indirizzare percorsi rivolti al superamento di eventuali problematiche. 

In conclusione, tornando al sovescio di leguminose, è vero, e ci troviamo, quindi, pienamente d’accordo con Voi, che siamo convinti che la tecnica rappresenti, oggi, lo strumento più adatto e perseguibile, perlomeno nei terreni più sciolti e più degradati della risicoltura, ad aumentare la fertilità dei suoli e mitigare le criticità legate alla monosuccessione e ci aspettiamo, pertanto, che il suo rinnovato utilizzo possa portare in futuro, considerando un arco temporale più vasto di quello utilizzato per il confronto in questione, anche ad una più esplicita valutazione dei risultati sul suolo provenienti dai campionamenti sul territorio.

L’attività dell’Ente e dei suoi collaboratori, che si avvale di una piattaforma sperimentale di lungo periodo, giunta ormai al 7° compleanno, proseguirà anche nel 2021 con il perseguimento di nuovi obiettivi della ricerca rivolti a completare le lacune di conoscenza. Non resta quindi di rimandare Voi e tutti i risicoltori ai prossimi appuntamenti dedicati.

Marco Romani – Ente Nazionale Risi

Daniel Said Pullicino – Università degli Studi di Torino

Sara Caleca – Ente Nazionale Risi

Risposta di Paolo Viana: fa piacere che l’Ente Risi precisi ulteriormente i contenuti del lavoro prodotto insieme all’Università di Torino, perchè aggiunge dettagli interessanti per i risicoltori che sono i lettori di Risoitaliano.eu e che sono il motivo per cui facciamo informazione. Il fatto che Romani, ricercatore di vaglia, non condivida del tutto le conclusioni dell’articolo rientra nella normale dialettica tra Risoitaliano.eu ed Ente Risi, quindi ne prendiamo atto, rispettosamente. Quanto alla dizione “ricerca scientifica” abbiamo voluto sintetizzare con un termine esauriente, ancorché impreciso, una comunicazione ufficiale di un ente pubblico su un’attività di monitoraggio scientifico e ci sembrava corretto qualificare tutto ciò come “ricerca scientifica”. Ma queste, obiettivamente, sono minuzie. E’ importante, secondo noi, che sul tema del sovescio l’Ente Risi porti nuovi elementi di riflessione e confermi le argomentazioni di Ezio Bosso, che, lo voglio dire qui, è un autore giovanissimo ma già molto esperto. Ezio, infatti, scrive di risicoltura solo dopo essere sceso dal trattore ed aver coltivato le proprie risaie con l’amore e l’esperienza dei risicoltori italiani, verso i quali gente come il sottoscritto, che non ha mai coltivato altro che piante da vaso, nutre la massima stima. Che nutriamo tutti per l’Ente Risi e per il lavoro che fanno i suoi tecnici e ricercatori ogni giorno, insieme agli altri enti di ricerca, come l’Università di Torino. 

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