La moglie ideale di un risicoltore? «Una donna che ami la campagna e che non ami l’orario fisso, perché quando le capre vanno munte non si può andare in vacanza e in risaia, per preparare il letto di semina o diserbare, si va di buon mattino…» Pietro Banfi si confessa con Risoitaliano dopo la prima puntata de “Il contadino cerca moglie”, il reality di Fox tv, condotto da Simona Ventura. Pietro è un ragazzone di 31 anni innamorato della Lomellina. L’azienda agricola di famiglia, Molino Taverna di Cilavegna (http://www.agriturismopaviamolinotaverna.it/), è nel cuore del Carnaroli: «Coltiviamo solo il re dei risotti – precisa Pietro – e nessun’altra varietà, e la gioia più grande è stata vedere come lo gustava Simona». Simona è la Ventura, che conduce il reality in cui Pietro è uno degli otto agricoltori (scusate ma contadino è un termine che non rappresenta una realtà imprenditoriale in cui ormai servono capitali e una competenza da master…) che si candidano all’altare. «Credo nella famiglia tradizionale e voglio raggiungere quest’obiettivo con una ragazza che sappia affiancarmi nella fatica quotidiana di questo lavoro, che ti offre tanto ma ti chiede altrettanto» racconta il concorrente del reality, che è un risicoltore e un dirigente di Confagricoltura Pavia. E che non si sottrae alle domande più spinose.
Pensa di offrire un futuro roseo alla sua futura moglie?
Roseo non so, sicuramente un futuro solido, sempre che l’europa non riesca nell’intento di smantellare la risicoltura come sta facendo, con le importazioni a dazio zero dai Pma.
Secondo Lei c’è un disegno?
E’ sotto gli occhi di tutti. Il settore soffre e Bruxelles fa gli interessi dei cambogiani.
Per cui il Banfi si rifugia nei risotti…
Io coltivo Carnaroli per una scelta precisa. Sono convinto che il futuro del riso italiano sia legato alla capacità della filiera di promuovere il risotto nel mondo, come qualcuno sta già facendo, ad esempio a Isola della Scala. Credo nella valorizzazione delle varietà da risotto e del territorio lomellino e per questo ritengo che la legge sul mercato interno – che tende all’omologazione – vada in un’altra direzione. Certo, da piccolo produttore che non vende all’industria e produce solo Carnaroli classico posso anche fare spallucce, ma quella tendenza mi pare in contraddizione con l’affermazione di valorizzare la filiera del riso italiano.
La vendita diretta paga?
Se hai un agriturismo, una fattoria didattica, un museo di attrezzature con cui ogni anno facciamo la battitura storica del riso in piazza, a Cilavegna, se hai tutto questo e hai anche un punto vendita allora sì. A parer mio, nei prossimi anni i costi di produzione cresceranno e viste le difficoltà del settore, molti faranno questa scelta.
Parlerà di queste cose alle donne che si candideranno a sposarLa?
Non subito, diciamo che sarebbe poco romantico… Tuttavia partecipo al reality con il bagagli di esperienze di vita di un risicoltore lomellino e tutto questo emergerà: l’amore per la mia terra, l’amore per le capre e gli alberi, una visione dell’agricoltura naturale…
Biologica?
Non faccio prodotti biologici, ma concimo con il letame delle mie stalle e il terreno ringrazia.
Prego?
Nel senso che la prima concimazione fa la differenza, la produzione ne trae un vantaggio.
Non teme che il reality comprometta l’impegno agricolo?
No, c’è un contratto che definisce bene gli impegni e comunque le riprese, che per la prima puntata sono durate due giorni, hanno dimostrato che la tv non fa altro che riprendermi mentre lavoro. E’ solo più divertente che guidare il trattore in mezzo a un campo, tutti soli.
Si aspetta di diventare un attore, di sfondare nel mondo dello spettacolo?
Oh, ma non avete mica capito. Sono qui per esplorare una via – magari inconsueta – di trovare una moglie. Dopo di che io sono e sarò un contadino, con un grande futuro davanti a me.
Meglio la zappa del jet set?
Guardi, non credo che sarei mai un grande attore ma so che nei prossimi trent’anni si dovranno sfamare dieci miliardi di persone. C’è più mercato che a recitare, se sai usare bene la zappa. (15.04.15)