E’ uno dei broker di riso più importanti nel mercato globale. Cezary Zimniewski, classe 1961, socio della Schepens & Co, che ha sedi in Belgio, Polonia e Hong Kong, è l’uomo che ha rotto il monopolio statale dell’import in Polonia nel 1990. Lavora con Schepens & Co, leader mondiale, dal 1994 e ha aperto mercati come la Federazione Russa, la Bielorussia, l’Ucraina e il Kazahstan al riso americano e asiatico. Dal 2004 – malgrado la crescente concorrenza asiatica – si specializza nella vendita di riso italiano e greco nell’Est Europa. Tratta anche riso della Cambogia e di Myanmar, dal 2006. Ha rilasciato quest’intervista esclusiva a RisoItaliano, nella quale esprime le valutazioni degli importatori.
Qual è il peso della produzione italiana sul mercato del riso?
Le ultime stime parlano di una produzione europea di 1,6 milioni di tonnellate di prodotto finito e rotture e l’Italia ne produce 0,8 mentre l’import dovrebbe aggirarsi intorno a 1,4 milioni, di cui 0,2 sono rotture. Stando a questi numeri, il riso lavorato italiano venduto in Europa vale il 57% dell’import ma se guardiamo al mercato globale questo peso si azzera di fronte a un commercio di 40 milioni di tonnellate nel 2019. Solo per capirci, la produzione di risone cinese è di 180 milioni di tonnellate e quella indiana di 100 milioni; cioè 160 milioni di riso lavorato contro gli 0,8 italiani.
Quali sono le varietà più richieste?
Dipende dai mercati ma direi che attualmente la domanda si concentra su Arborio, Carnaroli, alcuni medi e tondi come Selenio e Cammeo. Alcuni risi sono venduti esclusivamente in Europa: il lungo B parboiled italiano ad esempio non esce dall’Ue, mentre la tipologia japonica viene anche esportata.
Qual è il punto di forza del riso italiano?
Ciò che determina la possibilità di collocare questo prodotto sui mercati europei sono il prezzo e la logistica ma spesso anche le caratteristiche uniche di alcune varietà che non possono essere sostituite da prodotti asiatici. Appunto, quelle da risotto ma anche varietà idonee a produrre torte di riso o piatti pronti, realizzati con prodotto parboiled. In sintesi, l’export di riso italiano è possibile solo per le varietà che non competono con le produzioni asiatiche o sudamericane e pertanto il volume è legato essenzialmente al riso japonica.
Come si sta muovendo il mercato del riso in questo momento in Europa e nel mondo?
Stanno avvenendo due cambiamenti. Il primo è la Brexit. Il secondo sono le barriere imposte dalla lobby europea per fermare l’import dai PMA. Questi cambiamenti, combinati con le nuove restrizioni in materia di pesticidi, porteranno a una riduzione della produzione europea di riso Indica.
In che modo?
Le nuove regole sui pesticidi cambiano l’approvvigionamento di riso Basmati da India e Pakistan; le restrizioni ai Paesi che godono della direttiva Era modificano la fornitura di riso cambogiano fragrant e jasmine e, in parallelo, rilanciano i volumi di import dalla Thailandia e dal Vietnam.
La clausola di salvaguardia non gioverà al prodotto europeo?
No e lo dimostra il fatto che quest’operazione, condotta in modo sbagliato e non professionale dalla lobby anti-Eba, sta già portando a maggiori importazioni da Myanmar di riso parboiled e di lavorato per varietà che non sono toccate dalla clausola (riso japonica; ndr) e per le quali non è ancora dovuto il dazio. Inoltre, l’Europa continua a importare massicciamente rotture (soprattutto da Myanmar) perché non ne ha abbastanza.
Ma il riso japonica non è insostituibile?
A causa dei prezzi troppo alti del riso europeo l’industria risiera europea sta cercando di sostituire le varietà italiane con il riso d’importazione: tengono il prodotto italiano per le forniture premium e usano le varietà simili d’importazione per fare budget.
Secondo Lei, dunque, la clausola di salvaguardia non aiuta la competitività del riso europeo?
Il riso europeo è competitivo solo sulle varietà japonica e ci sono due livelli di competitività, quella sul mercato interno e quella sui mercati terzi. Se parliamo del primo, combattere il riso asiatico è completamente fuori dall’interesse europeo perchè, anche pagando il dazio, il riso indica extra-Ue è più economico di quello europeo e la conseguenza di questa politica è che il prodotto finito costerà di più ai consumatori. Inoltre, come dimostrano gli errori della lobby europea, anche per difendere il riso japonica questa politica non è efficace. Gli interessi degli agricoltori si possono difendere in un altro modo.
Torniamo sull’import dalla Thailandia: sarà il vero concorrente degli europei?
I prezzi del Jasmine thailandese sono inferiori al più economico Jasmine cambogiano e anche nel segmento parboiled il riso di Bangkok è più conveniente. Dal momento che l’Europa ha necessità di 1,1/1,2 milioni di tonnellate all’anno, l’import proseguirà dai Pma come da Thailandia, Pakistan, Uruguay e Argentina. Senza dimenticare che altri Paesi che rientrano nella direttiva Eba stanno avvicinandosi all’Ue: Laos, Bangladesh, Etiopia…
Cosa comporteranno questi flussi nel medio periodo?
La direttiva Eba, rendendo accessibile il mercato europeo, ha fatto in modo che i consumatori europei modificassero i loro modelli di consumo e che l’industria cambiasse fornitori. Non è facile interrompere questo processo.
Qual è la qualità del riso importato in termini di residui chimici?
Se mi sta parlando di triciclazolo allora si registra una sicurezza completa del prodotto birmano. India e Vietnam hanno dovuto affrontare diversi problemi con i residui e talvolta anche la Cina, ma certamente il fatto saliente è la scomparsa dell’export indiano da quando sono stati annunciati nuovi livelli di triciclazolo e lambda: quindi addio al basmati indiano e benvenuto il basmati pakistano. Al momento, la Cambogia sta osservando i limiti e non si sono ripetuti gli allerta di due anni fa, quando il Regno Unito ha rispedito indietro il parboiled cambogiano per lo sforamento dei livelli di triciclazolo.
Quali garanzie e controlli vengono applicati per la protezione dei consumatori?
C’è stato uno sviluppo serio dei laboratori Eurofins in Asia e ogni importatore può controllare la qualità del riso che ordina, in base a test sul modello tedesco. Molti li stanno usando con soddisfazione. Molti importatori hanno certificazioni Iso, brc, ecc. non diversamente da quanto avviene in Italia.
State importando molto riso bio?
La domanda cresce e cresce l’import di riso bio, non solo Basmati e Jasmine, ma anche rotture e parboiled. Lo si deve ai prezzi competitivi e al fatto che in Asia – compresi Cambogia e Vietnam – si sono insediati certificatori accreditati. Questo processo sta prendendo piede anche in Africa.
In quali settori il riso italiano può essere davvero competitivo?
Nel consumo al dettaglio e nell’horeca le varietà da risotto, sostenute da una buona promozione, sono ancora competitive, come pure quelle per il sushi, che hanno prezzi ragionevoli rispetto alle varietà giapponesi ed anche rispetto agli Usa. Il riso parboiled italiano – indica e lungo A – è competitivo se i prezzi non si alzano e lo stesso dicasi per Selenio e Sole nell’industria dolciaria. Inoltre, le varietà utilizzate per i piatti pronti e per i noodles hanno delle ottime prospettive di espansione sul mercato europeo.
Come cambierà il mercato globale nel 2020?
La Cina dovrebbe diventare il primo importatore di riso al mondo. Un’opportunità d’oro per alcune varietà di riso che infatti stanno aumentando l’export sotto la pressione della domanda cinese. Aumentano però i Paesi che impongono prezzi minimi d’acquisto per sostenere il reddito agricolo: ho paura che su questa strada alcuni “big” come Thailandia e India entrino in crisi, con scorte di milioni di dollari. Del resto, la Thailandia non sarà più il maggiore esportatore di riso, rimpiazzato dall’India, e Myanmar crescerà come esportatore di riso lavorato e rotture: non ricordo un altro Paese che sia cresciuto a ritmi del 50% all’anno nelle sue esportazioni… Da pochi anni la Cina esporta lavorato di tipo japonica e può verosimilmente inondare i mercati, grazie al basso costo del suo riso tondo. Tuttavia, i cinesi sono molto selettivi nella scelta dei mercati e stanno usando l’export come arma politica. da due anni le vendite di tondo cinese stanno crescendo molto anche in Europa. Autore: Paolo Viana