Inizia oggi all’Ente Risi il confronto tra i sindacati e l’Airi sul protocollo per la tracciabilità parietale del riso che potrà fregiarsi del termine classico, previsto dalla nuova legge sul mercato interno. Il provvedimento è frutto dell’accordo tra le componenti della filiera e disciplina gli adempimenti che sono tenuti a compiere i produttori che vogliono – si legge nella bozza che oggi sarà discussa – «coltivare e produrre in Italia risone delle varietà Arborio, Baldo, Carnaroli, Roma, S. Andrea, Vialone Nano e Ribe; acquistare risone delle varietà sopra elencate; trasformare e confezionare riso ottenuto dalla lavorazione del risone delle varietà sopra elencate, da commercializzare con l’indicazione del termine “classico” nella denominazione di vendita».
L’obiettivo è garantire al consumatore la tracciabilità varietale – incrementando il valore aggiunto del prodotto – e sarà perseguito limitando le carte, cioè utilizzando la documentazione (moduli, registri, certificati, ecc.) già in uso «con l’aggiunta di apposite annotazioni che facciano chiaro riferimento alla specifica tipologia produttiva (riso che può fregiarsi del termine “classico”)». Sarà preclusa tuttavia la possibilità di fregiarsi del termine “classico” «al prodotto che non sia stato identificato e tracciato secondo quanto previsto nel protocollo e l’identificazione di una partita di risone o di riso come prodotto destinato all’ottenimento di riso “classico”, non precluderà la sua eventuale immissione in commercio come prodotto “convenzionale”». A controllare saranno l’Ente Nazionale Risi e la repressione frodi. I controlli, com’è ovvio, saranno documentali e a campione su ciascun attore della filiera coinvolto nel processo (risicoltore, trasformatore e/o confezionatore, commerciante di risone).
In questi mesi, le organizzazioni di categoria hanno avuto modo di discutere i contenuti del provvedimento con i loro iscritti e oggi le presenteranno al tavolo di lavoro. Difficilmente, il confronto si chiuderà oggi pomeriggio. Per quanto si tratti di una bozza, quindi modificabile, ci pare tuttavia interessante segnalare alcuni aspetti. Ad esempio, si legge che «la semina delle varietà di risone da destinare alla produzione di riso “classico” deve avvenire con seme certificato ufficialmente secondo le norme vigenti. Deve essere conservati in azienda il documento di trasporto per l’acquisto seme». Un passaggio inevitabile, perché non c’è altro modo, a quanto pare, per garantire la tracciabilità, ma che farà discutere la base agricola.
Inoltre, «la produzione aziendale della/e varietà di risone scelta/e da destinare alla produzione di riso “classico”, deve essere conforme al presente protocollo per l’intero quantitativo». Dopo il raccolto, «ogni varietà da destinare alla produzione di riso “classico” deve essere posta in magazzino o contenitore separato». Idem, una volta acquistato dall’industria, la quale è tenuta alla stessa segregazione. L’indicazione che si tratta di prodotto destinato alla produzione di “classico” deve apparire in tutta la documentazione che accompagna il riso dalla semina (anche le superfici destinate al “classico” saranno censite) al confezionamento. Inizia dunque un confronto interessante da cui si capirà quanto i sindacati degli agricoltori e l’industria vogliano realmente innovare e quanto siano disposti a rischiare per la valorizzazione del prodotto: non è noto quanto “valga” il risone “classico” rispetto a quello convenzionale, ma la tracciabilità è una delle richieste più forti del mercato e il provvedimento in gestazione risponde a quest’esigenza. Continueremo dunque a seguire la discussione, dando spazio a tutte le opinioni, come sempre.