Torniamo a parlare di epiresistenze, ossia dell’insorgenza di fenomeni di resistenza nei giavoni che non sono indotti da modificazioni del patrimonio genetico, ma a meccanismi epigenetici, che agiscono inibendo o attivando l’espressione di un gene in risposta a fattori di stress. All’argomento è stato dedicato il 26 gennaio un webinar di presentazione del progetto Epiresistenze, intitolato “Le resistenze agli erbicidi nelle risaie”, che vede coinvolti l’Università di Pavia come capofila, Agricola 2000, Società agraria di Lombardia, l’Accademia dei Georgofili e il Distretto agricolo delle risaie lomelline come partner e Corteva Agriscience come co-finanziatore esterno.
L’attività di ricerca svolta finora nell’ambito di Epiresistenze è stata raccontata da Carlo Maria Cusaro, dell’Università di Pavia: «Si occupa del monitoraggio e dello studio dei fenomeni di resistenza nei giavoni in risaia – ha spiegato -, considerando sia l’aspetto genetico che l’interazione con i fattori ambientali dell’ecosistema. L’attività di ricerca finora svolta si è così articolata: ricerca bibliografica; sottomissione di un questionario ai risicoltori; realizzazione dello schema di campionamento; riconoscimento e georeferenziazione delle popolazioni di Echinochloa resistenti; prelievo di campioni (piante, semi e suolo); realizzazione di rilievi fitosociologici; raccolta di dati meteorologici (capannine ARPA); determinazione dei campioni raccolti e studio morfometrico; studio floristico e analisi della biodiversità specifica delle comunità vegetali di risaia; analisi della variabilità intraspecifica in Echinochloa (PCR marcatori SSR); analisi delle comunità fungine e batteriche dei suoli; analisi della biodiversità specifica delle comunità fungine e analisi del eDNA (DNA suolo di risaia); analisi dei dati – mediante software R 3.6.3. I risultati finora ottenuti evidenziano la criticità del fenomeno della resistenza agli erbicidi, assai distribuito sul territorio lombardo e noto ai risicoltori. Le specie interessate sono tutte caratterizzate da un’elevata variabilità e resilienza».
Aumento esponenziale delle epiresistenze
Marco Baino ha successivamente preso la parola, in rappresentanza del co-finanziatore Corteva Agriscience, affermando che «negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento esponenziale di infestanti resistenti e di difficile controllo in risaia. Corteva, da sempre, collabora attivamente con i principali Enti Pubblici per lo studio delle resistenze. L’impegno e gli investimenti di Corteva hanno permesso di ottenere l’utilizzo di emergenza e la registrazione definitiva nel 2020 di Loyant 25 Neo EC, a base di Rinskor Active, nuovo prodotto per il controllo di un ampio spettro di infestanti del riso.
Loyant 25 Neo EC è un valido strumento a disposizione del risicoltore italiano, ha come caratteristica principale la capacità di controllare infestanti resistenti a molti altri principi attivi oltre ad avere un meccanismo d’azione alternativo a quelli già presenti sul mercato. L’attività di Corteva a supporto della filiera non si conclude con la registrazione ma continua con lo sviluppo di linee tecniche specifiche. Queste si adattano a tutte le condizioni di coltivazione del riso oltre a migliorare le tecniche per l’applicazione dei prodotti e alla corretta gestione agronomica della risaia, per un efficace controllo di tutte le infestanti presenti, con l’obiettivo di tutelare la sostenibilità dell’azienda agricola».
Ricadute sulla produttività
“Ricadute del progetto Epiresistenze sulla sostenibilità e la produttività della filiera risicola” era invece il titolo dell’intervento di Daniele Rattini, di Studio Agri.Bio, secondo il quale «i benefici promossi dai risultati ottenibili da questo progetto sono direttamente collegati alla possibilità di contribuire al miglioramento della sostenibilità economica ed ambientale dell’agroecosistema produttivo risicolo. L’approfondita conoscenza della flora infestante e delle resistenze agli erbicidi fornirà importanti informazioni utili per l’adozione di strategie di controllo delle infestanti mirate, meno impattanti, più razionali ed efficienti, perseguendo gli obiettivi previsti dalla Direttiva UE 2009/128/CE sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi.
Le ricadute del progetto a livello di filiera risicola sono pertanto da individuarsi nella: riduzione dell’impiego di prodotti fitosanitari; riduzione dei costi di produzione; riduzione dell’impatto ambientale; maggior salubrità del prodotto; preservazione della biodiversità con conseguente incremento del livello di sostenibilità della produzione risicola. L’importanza della sostenibilità della produzione agricola ha assunto un ruolo centrale in considerazione della comunicazione della Commissione Europea del 11 dicembre 2019 con la quale è stato introdotto il cosiddetto GREEN DEAL, la comunicazione infatti al punto 2.1.6, “Dal produttore al consumatore: progettare un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente”, prevede espressamente di sostenere gli agricoltori nella diffusione e adozione di pratiche sostenibili, concetto ripreso e approfondito con la comunicazione del 20 maggio 2020 nota come FARM TO FORK, nella quale viene espressamente proposta l’introduzione di azioni volte alla riduzione dell’uso dei pesticidi e del rischio derivante dal loro impiego pari al 50%».
L’ultimo intervento è stato dedicato a temi strettamente pratici nella gestione delle infestanti, attraverso le parole di Riccardo Braggio e Alberto Allevi, del Distretto Agricolo delle Risaie Lomelline, che hanno detto: «Il Distretto, costituito nel 2014, ricopre una superficie di circa 5.000 ettari ed è composto principalmente da imprenditori agricoli. La problematica delle resistenze riguarda ormai diverse specie tra cui alisma, ciperacee, riso crodo e soprattutto il giavone. A fronte di una sempre più limitata disponibilità di erbicidi aventi diverso meccanismo d’azione, negli ultimi anni sono arrivate in aiuto agli agricoltori la tecnologia Provisia e Loyant, che stanno permettendo di convivere con queste problematiche. Tuttavia, la carenza di molecole, in particolare per le varietà di riso convenzionali, si ripercuoterà inevitabilmente sulla gestione del quadro malerbologico, riducendo la redditività della coltura e minando la possibilità di continuare a coltivare il riso in monosuccessione. In attesa che la ricerca offra nuove soluzioni, alle aziende agricole non resta che prestare la massima attenzione avvalendosi del supporto di una buona assistenza tecnica e ottimizzando dove possibile i mezzi tecnici di difesa». Autore: Ezio Bosso