Nell’azienda agricola Una Garlanda, gestita dalla famiglia Stocchi presso Rovasenda (VC), si sta lavorando al progetto “Riso Resiliente 2019”, promosso da Rete Semi Rurali (www.semirurali.net) con il sostegno della Fondazione Cariplo. Nel corso della stagione 2019 nell’azienda è stata allestito un esperimento su 17 varietà di riso, descritto e conservato in Italia, e un campo catalogo dove sono stati messi a dimora i semi di 224 varietà di riso, di origine italiana ma conservate presso l’istituto internazionale di ricerca sul Riso nelle Filippine, “International Rice Research Institute”(IRRI) , uno degli 11 centri di ricerca della rete CGIAR. Il progetto vuole contribuire ad innovare il sistema risicolo, facilitando l’accesso alla semente adattata in contesti locali, sviluppata nelle condizioni pedo climatiche di ogni territorio e gestite autonomamente dai risicoltori.
La pacciamatura verde
La famiglia Stocchi è un’autorità nella risicoltura biologica. Ecco come Manuele Mussa, contitolare dell’azienda presenta questo lavoro di decenni: «È dalla fine degli anni novanta che la nostra azienda inizia l’approccio al biologico, in seguito ad una scelta di mio suocero, Fulvio Stocchi. All’epoca trovammo difficoltà a commercializzare nel modo adatto il prodotto, non essendoci un vero mercato per i prodotti biologici, che sapesse dare il giusto valore al lavoro svolto. Successivamente trovammo un’azienda distributrice che analizzava seriamente le coltivazioni, riconoscendo un vero prodotto biologico e assicurando un guadagno giusto attraverso contratti di filiera. Con questa certezza riuscimmo a convertire, in 7 anni circa, completamente l’azienda, con mille difficoltà essendo pionieri in questo campo. Il problema maggiore erano le infestanti, che in assenza di diserbi erano quasi impossibili da contrastare, nonostante l’attuazione della rotazione, che rimane il primo e miglior metodo di contenimento. Casualmente nel 2003, mio suocero scoprì la tecnica che oggi viene chiamata “pacciamatura verde” (che abbiamo presentato in passato su Riso italiano, ndr ), tecnica ben validata dopo anni di sperimentazioni in azienda ed in seguito insegnata a molti risicoltori interessati, che in questi anni, chi per curiosità chi non avendo alternative al fallimento, hanno visitato la nostra azienda. Eticamente, abbiamo sempre seguito ed aiutato gratuitamente tutti, condividendo esperienze e tecniche per cercare di “invertire la rotta” a favore dell’ambiente e della biodiversità. Questa tecnica rappresentò una svolta nella lotta alle infestanti, che imparammo a considerare complementari alla coltivazione. Negli anni successivi si cercò di completare questa rivoluzionaria tecnica di coltivazione con le indicazioni della Policoltura MaPi di Mario Pianesi, inventore di “Un Punto Macrobiotico”. Nei campi sono stati piantati alberi e arbusti di varie specie autoctone, sia da produzione che ad alto fusto, dividendo i nostri terreni in filari».
L’economia circolare
Ciò forma la biodiversità di un ambiente naturale, spiega ancora Mussa, ricercando un equilibrio ecologico che si basa sulla presenza di predatori e prede senza che nessuno prevalga. «In rotazione, inoltre, produciamo segale, miglio, mais da polenta, fagioli dall’occhio e grano. Il nostro ciclo produttivo – prosegue – è basato su quella che oggi viene chiamata “ economia circolare”, non prevedendo l’utilizzo di nessun tipo di prodotto, neanche quelli concessi in agricoltura biologica, e avendo tutti i macchinari necessari in cascina, a partire dalla selezione della semente fino a giungere alla pulizia e al confezionamento del prodotto. In pratica dipendiamo solo dall’imprescindibile gasolio e facciamo tutto ciò per evitare qualsiasi tipo di contaminazione. Crediamo molto nelle varietà storiche, anche per una maggior adattabilità all’assenza di prodotti chimici. Produciamo solo varietà di questo tipo e siamo la prima ditta sementiera di riso biologico registrata ufficialmente, con tutte varietà auto riprodotte. L’interesse per la produzione di semente biologica ci ha spinto a collaborare con Rete Semi Rurali, che ha predisposto nei nostri terreni la riproduzione di queste 224 varietà al fine di studiare il loro comportamento e di preservare la biodiversità di queste specie, argomento a noi caro sotto ogni punto di vista e su cui conduciamo, dal 2009, molteplici studi in totale autonomia, che finalmente oggi possiamo condividere».
Lo studio
Lo studio ci viene illustrato, in maniera dettagliata, da Daniela Ponzini e Giuseppe De Santis, agronomi di Rete Semi Rurali. Quest’ultimo, in particolare, spiega: «L’esperienza della RSR è maturata negli anni, attraverso il lavoro con centinaia di agricoltori su molte specie coltivate e recentemente sul riso. La Rete è un’associazione di secondo livello, che comprende una cinquantina di soggetti: prevalentemente associazioni contadine ma anche ambientaliste e enti locali, coinvolti nella salvaguardia della biodiversità agricola, primariamente in campo. Questa ricerca ha come obbiettivo quella di identificare quale siano le varietà di riso più adatte alla coltivazione biologica e biodinamica, contesto-specifiche. Per farlo siamo partiti dalla diversità, chiedendo al CREA di Vercelli di fornirci le varietà selezionate fino al 1957, anno discrezionale che abbiamo individuato come limite della rivoluzione chimica. Le abbiamo rimesse in campo, in quattro aziende agricole biologiche (Una Garlanda a Rovasenda, Cascine Orsine a Bereguardo, Terre di Lomellina a Candia Lomellina e Azienda Agricola Marco Cugni Cuneo ad Abbiategrasso). La sperimentazione, giunta al suo secondo ciclo, è concepita secondo un modello a “blocchi randomizzati”; accanto ai dati quantitativi (precocità, resa, resistenza al brusone) abbiamo chiesto a gruppi di agricoltori, tecnici e commercianti (circa 40 classificati anche per genere) di valutare le parcelle secondo un criterio “istintivo”, basato sull’esperienza e di individuare quelle varietà (senza conoscerne il nome) che rispondevano meglio alle proprie caratteristiche specifiche (gestione di campo, mercato di riferimento, etc…). Si procederà poi all’analisi statistica dei dati. Purtroppo mancheranno dati sulle qualità organolettiche, per cui necessiteremo di ulteriori studi».
L’analisi dei dati
Daniela Ponzini, anch’ella agronoma della Rete, aggiunge queste osservazioni: «Le valutazioni con gli agricoltori le abbiamo fatte a settembre e verranno codificate da un software specifico di Salvatore Ceccarelli, referente scientifico della Rete. In futuro lavoreremo sul materiale che ha ottenuto una valutazione migliore, cercando di ottenerne di adatto alla produzione biologica, senza un obbiettivo economico che non è nel nostro interesse. Noi cerchiamo di dare accesso ad una biodiversità che l’agricoltore possa utilizzare. Accanto alla spermentazione a blocchi randomizzati, nella azienda Una Garlanda è stato anche allestito un campo catalogo con il materiale inviatoci dalle Filippine. Questo non era in condizioni perfette, presentando anche qualche genotipo forse non originario dei nostri areali, infatti da alcuni semi sono scaturite piante che non hanno raggiunto la formazione della pannocchia. Tuttavia era prevedibile trattandosi di una banca semi che gestisce ingenti quantità di materiale e che riproduce la semente secondo criteri di rotazione quinquennale. Abbiamo disposto le varietà in modo da ovviare anche a possibili errori di trascrizione fatta nelle Filippine, mettendo vicino cultivar dal nome simile, e abbiamo disposto il tutto in ordine di registrazione anagrafico, partendo dai Risi più antichi, risalenti ai primi del ‘900, fino ai più moderni selezionati. Il campo è stato seminato a mano in file e quando si presentavano dei fuori tipo, piante diverse dai loro simili, venivano eliminati. Il materiale raccolto verrà conservato presso la “casa delle sementi” di Scandicci gestita dalla RSR e messo a disposizione ad agricoltori e tecnici per successivi sviluppi di campo. al meglio». Autore: Ezio Bosso