La nuova Pac partirà il 1° gennaio 2023, se tutto andrà bene. Novità dense di rischi e opportunità attendono i nostri risicoltori: ecco i punti salienti di quello che ad oggi viene loro prospettato.
Il quadro finanziario
La Commissione Europea, in riferimento alla proposta legislativa del maggio 2018 per il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021-2027, che delinea il bilancio e gli orientamenti per la PAC, ha formulato un “pacchettino”: il budget finanziario previsto è pari a 365 miliardi di euro a prezzi correnti (408,3 miliardi di euro per il 2014-2020) corrispondenti al 29% del futuro bilancio complessivo dell’UE (39% per il periodo trascorso). L’Italia disporrebbe di 36.3 miliardi di euro a prezzi correnti (40 miliardi per la PAC 2014-2020) e risulterebbe il quarto Paese beneficiario dei fondi nuova PAC. Rispetto all’attuale quadro finanziario, per l’Italia, a prezzi correnti gli aiuti diretti (il cosiddetto primo pilastro) subiranno un taglio del -7,6%, mentre le risorse finanziarie per lo Sviluppo rurale si ridurranno del -15%, per una riduzione complessiva del 9,5% (a prezzi correnti) che diventa il 20% in termini reali (prezzi costanti). Ci si pone una domanda: il quadro finanziario in discussione sarà ancora realistico ed attuabile alla luce dell’emergenza Covid-19? Ci avvisano di uno slittamento dei pagamenti Pac 2020, che risentiranno dell’attuale “lockdown” (leggi l’articolo). A tal proposito è in corso una riflessione nazionale sulla tempistica di pagamento e sull’anno di riferimento. Il 29 aprile, infatti, la Commissione Europea si riunirà per adottare una proposta di revisione del bilancio pluriannuale (2021-2027), sulla base delle decisioni che saranno prese nel Vertice Europeo (in programma per il 23 aprile) per l’istituzione di un “recovery fund” per far fronte all’emergenza Covid-19 in atto. Dovremmo quindi ipotizzare un prelievo sul prossimo quadro finanziario: tutto andrà ridiscusso, compreso il Green deal e il pagamento greening. Insomma, cari risicoltori, si va per le lunghe: difficile un accordo entro fine anno, i finanziamenti avverranno sulla base dell’anno precedente, pertanto per il 2021 si applicherà il riporto delle cifre di bilancio del 2020 e la nuova Pac scatterà a gennaio 2023 (come già previsto). (Campagna diserbo 2020)
Spartiacque Brexit
Tuttavia, qui si aprono due scenari, spartiacque sarà la Brexit: qualora non verrà trovato un accordo entro fine anno e se il Regno unito non chiederà una proroga del periodo transitorio, si dovrà tenere conto del minor riflusso finanziario proveniente da Londra (12 miliardi). Margini di manovra? Pochi. Ridiscutere il quadro finanziario oppure mettere mano ai fondi dello sviluppo rurale? Ad oggi, come Paese Italia abbiamo 6 miliardi già impegnati ma non spesi: potrebbero essere utilizzati per Covid-19, anche se, attualmente nulla fa protendere per questa opzione. È bene fare anche un’altra considerazione: quando la vicenda sarà conclusa (probabilmente in tempi non rapidissimi), ci troveremo a rivivere uno scenario simile a quello dell’Europa post seconda guerra mondiale? Ed è lecito pensare se sia il caso di tornare all’Europa dei produttori e delle libertà, anche alla luce dell’evidente fallimento dell’Europa dei burocrati, dei vincoli e dei divieti? Insomma una politica agraria fondata sulla sicurezza dell’approvvigionamento alimentare che, come dimostrano le vicende odierne, è un bisogno primario ed irrinunciabile. La produzione di cibo potrebbe essere riconsiderata quale priorità dell’agenda politica ed economica dell’UE Chiusa parentesi, per ora non avremo risposte.
La transizione
Durante queste due campagne che nel frattempo ci aspettano, evidenziate come “periodo di transizione”, forse (e lo scrivo per motivare) nei nostri territori risicoli, questo crescente definanziamento, non verrà percepito in egual maniera di quello che invece, purtroppo, attende altre economie agricole..saranno comunque mantenuti i pagamenti accoppiati e i titoli (ipoteticamente soggetti a ricalcolo), mentre proseguirà la convergenza interna (tendenza dei pagamenti ad uniformarsi su tutto il territorio nazionale), che continuerà ad influenzare negativamente il contributo ai risicoltori, mentre la convergenza esterna per il 2014-2020 è già conclusa. E dal 2023? Diventeranno “facoltativi”, cioè a discrezione dello Stato Membro, il pagamento per giovani agricoltori, i pagamenti accoppiati e i pagamenti per piccoli agricoltori. Infine, sarà soppresso il pagamento greening ma incorporato della cosiddetta “super condizionalità” norme obbligatorie per ottenere il pagamento di base. Mentre è confermata la proposta per il capping o plafonamento, che rimarrà del 100% per importi superiori a 100 mila euro, ma solo sull’importo del pagamento disaccoppiato di base: in breve, si avrà il taglio dei pagamenti diretti oltre la cifra sovra indicata alle imprese agricole di maggiore dimensione previa decurtazione degli oneri sul lavoro impiegato. La questione capping è una sofisma: più di 100mila euro al netto degli oneri di manodopera non li prenderà nessuno.
I titoli (meglio “con”)
Il pagamento di base potrà seguire due modalità differenti e l’Italia non si è ancora espressa sulla scelta che farà a proposito dei titoli: nel caso “nuova Pac senza titoli” si tratta di un pagamento di base uniforme per tutti gli agricoltori e, il valore si attesta su 247 euro/ha circa. (tale valore solo per aiuto di base, la media nazionale 2021-2027 dovrebbe attestarsi a 308 euro /ha); nel caso “nuova Pac con i titoli”, il valore dei nuovi titoli verrà ricalcolato nel 2023 facendo riferimento all’anno 2021, aggiungendo il pagamento greening. Verrà applicata una convergenza per avvicinare il valore dei titoli al valore medio nazionale, cioè 247 euro/ha nel 2026. Poi a partire dal 2023, se l’Italia decide di andare avanti con i titoli, il pagamento di base diminuisce gradualmente con la convergenza interna, il greening sparisce, rimane il pagamento accoppiato (se l’Italia lo confermerà) e si aggiunge il nuovo pagamento “regimi ecologici”. Ma se l’Italia a partire dal 2023 decide di abolire i titoli, immediatamente l’azienda passa a un totale Pac diminuito già dall’anno stesso, che manterrà sino al 2026; quindi la situazione si prospetta molto differente. Dunque per gli agricoltori che hanno un valore dei titoli superiore a 247 euro/ha l’opzione più favorevole è quella della “nuova Pac con titoli”.
Psr orfani delle Regioni
Bruxelles richiede che tutti i pagamenti siano inclusi in un unico Piano Strategico Nazionale, con tutti i programmi di sviluppo rurale regionali, coerente e rivolto all’ottenimento di risultati, potendo assumere nuovi impegni agroambientali solo per 1-3 anni. Si avrà una riduzione significativa dei fondi per lo sviluppo rurale e del tasso di cofinanziamento dell’UE che dovrebbe essere compensato da un maggior cofinanziamento nazionale (o regionale). (Campagna diserbo 2020) Inoltre verrà escluso il sostegno per le zone soggette a vincoli naturali dallo stanziamento del 30% dei fondi destinato agli interventi mirati a obiettivi specifici legati al clima e all’ambiente. In Italia sarà difficile definire chi gestisce questo piano ma ci auguriamo che si crei un processo semplice e trasparente.
Eco-Schemi
È obbligatorio per gli Stati membri progettare e offrire uno o più eco-schemi. Le adesioni da parte degli agricoltori tuttavia sono su base volontaria e, in particolare, sulla base dell’incentivo stabilito per aderire a tale programma. Gli eco-programmi prevedono un impegno annuale di “un anno alla volta” che li rende flessibili e interessanti per gli agricoltori affinché continuino nei programmi che funzionano meglio per loro e abbandonino quelli che non vanno (anche in termini di convenienza economica). Presentano un’opportunità unica per gli stati membri di investire, incentivare e premiare i propri agricoltori per andare oltre i requisiti obbligatori e di base della condizionalità e migliorare le prestazioni ambientali e climatiche in base alle esigenze e alle condizioni locali. Poiché gli ecosistemi sono finanziati dal bilancio nazionale per i pagamenti diretti, gli Stati membri possono garantire che gli schemi corrispondano esattamente alle esigenze specifiche del loro ambiente locale e degli agricoltori. I pagamenti si basano su un pagamento annuale per ettaro ammissibile e potrebbero essere offerti come “top-up” ai pagamenti diretti degli agricoltori o come regimi autonomi con pagamenti basati su perdite di reddito e costi aggiuntivi sostenuti dagli agricoltori e incentivi ad aderire. I regimi potrebbero anche includere regimi di “livello base”, che potrebbero essere ampliati e rafforzati attraverso misure ambiziose di sviluppo rurale. Tuttavia molto dipenderà da come verranno definiti gli eco-schemi: se troppo restrittivi non vi aderirà nessuno, se troppo elastici rischiano di non servire a nulla. Però, se tali pagamenti avranno una giusta correlazione al ruolo ambientale della risicoltura, potrebbero rivelarsi interessanti….
Pan&Pac
La scelta di legare strettamente le politiche, auspicata dalla stessa Commissione europea, è conseguente alla necessità di allocare le risorse finanziarie in maniera oculata per garantire il raggiungimento dei risultati di sostenibilità ambientali previsti dalla futura PAC post 2020. Sorge in primis il problema delle autorizzazioni dei principi attivi, sempre più i vietati, sostenendo che si tratta di una problematica che colpisce molti agricoltori, compresi i risicoltori, che vedono prodotti utili al loro lavoro banditi per motivazioni che si discostano da quelle scientifiche. Preoccupazione che potrebbe svanire per la riconsiderazione degli elementi del Green deal in relazione alla necessità di garantire una certa produzione di cibo. (Campagna diserbo 2020) Sull’integrazione tra PAC e PAN ci sono seri dubbi di sostenibilità giuridica: la Pac è un complesso di atti legislativi che si concretizza in regolamenti della commissione Ue emanati dopo confronto con consiglio dei ministri e parlamento europeo (il cosiddetto trilogo), mentre il Pan è un atto regolamentare derivante da un decreto ministeriale. Una speranza: L’uniformità interna all’Ue sui controlli avrà un ruolo vantaggioso (se non chiave) per le nostre produzioni, che da sempre rispettano standard qualitativi e norme di produzione che li contraddistinguono dal punto di vista sostenibile verso cui siamo indirizzati.
Semplificare!
La CE propone di mantenere l’attuale struttura della PAC a due pilastri, finanziati attraverso i fondi FEAGA e FEASR, gestiti in regime di gestione concorrente tra Stati Membri e Unione Europea. Tuttavia, la PAC per il periodo 2021-2027 mira ad una semplificazione degli organismi di governance con una riduzione del numero degli organismi pagatori e un rafforzamento dell’organismo di coordinamento. Servirà tutto questo a continuare a garantire ai risicoltori la tempestività necessaria nei pagamenti (per alcune Regioni) e ad alleggerire le lacune di altre situazioni? Ce lo auguriamo!
Un OCM riso?
Sono passati più di 15 anni da quando l’Ente Risi forniva aiuti compensativi al mercato risicolo in considerazione della diminuzione del prezzo di intervento da 351 €/t a 150 €/t, poi la palla è passata alle Regioni. Il prezzo di intervento o di riferimento attuale è ad un livello bassissimo, considerato l’aumento dei costi di produzione delle aziende, sicuramente questa soglia ad oggi non garantisce nulla. Con un prezzo congruo al di sotto del quale non si può scendere, ci potrebbe essere un ottimo giro di vite per ristabilire qualche certezza al mercato risicolo. Una nota positiva dell’attuale situazione di crisi pandemica, le diminuzioni delle importazioni di riso dai Paesi terzi: alcuni di questi hanno già imposto il divieto ad esportare il riso, considerato elemento basilare a garanzia della propria autosufficienza alimentare.
La conclusione
Comunque vadano le cose, il sostegno della Pac verrà mantenuto ma, l’agricoltore dovrà considerarlo solo “un di più” e non un cardine della redditività, che andrà ricercata attraverso un nuovo approccio al mercato e all’innovazione genetica e tecnologica. Ulteriori elementi a sostegno dell’agricoltore potrebbero derivare dalle nuove decisioni che saranno prese in relazione all’attuale crisi da coronavirus: la produzione agricola e alimentare potrebbe ritornare ad essere considerata la prima priorità politica dell’Unione europea. Autore: Martina Fasani